martedì,Aprile 16 2024

Michele Barillaro, otto anni fa in Namibia la strana morte del magistrato reggino

Qualche settimana fa è morto anche il papà l'avvocato Raffaele Barillaro, profondamente segnato dall'ingiustizia di quella scomparsa catalogata come un incidente, quando invece, c'erano tutte le premesse per comprendere che di ben altro di più macchinoso si era trattato

Michele Barillaro, otto anni fa in Namibia la strana morte del magistrato reggino

“Mi troveranno con le mani nel fango e divorato/ d’insetti stanco e forse stremato ma/ finalmente tuo signora Africa”. Un triste presagio dei versi in cui forse per qualche istante il magistrato reggino Michele Barillaro aveva visto la sua morte quello contenuto nelle ultime righe della poesia “Africa”. Un pensiero di sicuro subito accantonato per tornare ai doveri quotidiani.

Una strana morte

E invece proprio l’Africa, amata terra lontana, lo ha inghiottito nel luglio del 2012, all’età di 44 anni, nei pressi di Otjiwarongo, in Namibia, in incidente stradale. Dal 9 luglio dello stesso anno non aveva più la scorta. Il 17 luglio, poco prima dell’incidente, aveva ricevuto delle minacce di morte inviate alle redazioni fiorentine de La Nazione e La Repubblica, nelle quali veniva esaltato il fatto che fosse stato tolto il dispositivo di protezione che gli era stato assegnato.

Michele Barillaro

Oggi sono 8 anni dalla scomparsa di Michele. A seguirlo, qualche settimana fa, il papà l’avvocato Raffaele Barillaro, profondamente segnato dall’ingiustizia di quella morte che, ad ogni costo, era stata fatta passare per un incidente, quando invece, c’erano tutte le premesse per comprendere che di ben altro di più macchinoso si era trattato. Stamattina, nella via in zona Cedir, intitolata al magistrato reggino, alle 10.30 ci sarà una commemorazione voluta dall’associazione Biesse.

«Un esempio alle future generazioni di come dovrebbe essere vissuta la vita, col suo senso della morale del dovere e della giustizia» diceva di lui il padre. Non si era mai sopita la sua pena senza fine, quella della premorienza di un figlio ai genitori. Brillante magistrato, dal 1996 al 2006, Michele Barillaro è stato giudice del tribunale di Nicosia in provincia di Enna e consigliere applicato alla Corte d’assise d’appello a Caltanissetta.

Michele e Raffaele Barillaro

La carriera di magistrato e le indagini svolte

Tra il 1998 e il 2005 si è occupato di importanti casi, tra cui il “Borsellino ter” sulla strage di via d’Amelio, sull’attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone, sulla “Strage di Gela”, “Omicidio Ciancio”, “Piazza Pulita”. È stato consigliere applicato alla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta dove ha redatto la sentenza nel processo Borsellino ter sulla strage di via D’Amelio e la sentenza nel processo a Totò Riina e altri per l’attentato all’Addaura contro Giovanni Falcone. Per la sua attività gli fu assegnato il premio internazionale “Rosario Livatino”.

Nominato gip a Firenze, si è occupato dell’area anarco-insurrezionalista, ma soprattutto delle infiltrazioni mafiose e delle loro relazioni con l’enorme riciclaggio verso la Cina, che denunciò pubblicamente. Il magistrato, quando ancora non erano state emanate normative anticorruzione ad hoc, si era occupato della truffa aggravata al Servizio Sanitario Nazionale e dell’evasione fiscale a carico dei vertici dell’azienda farmaceutica Menarini.

Michele Barillaro, la poetica

Un poeta Barillaro, un magistrato che ha mostrato “passione e curiosità per la vita, mai vissuta con spavalderia e piena di senso di equilibrio”. Un “cercatore del senso” che, forse si è spinto troppo lontano. Michele, da giovane, era stato allievo di Gilda Trisolini, illustre poetessa reggina e, da qui, forse l’amore per le liriche, i versi che inizia a scrivere ai tempi del liceo e che prosegue all’università. “Tra cielo e terra” è la raccolta delle sue poesie.

«In Michele traspare il dilemma etico della dimensione civile la sua è un’esemplarità che merita di essere proseguita sulle gambe di altri testimoni – diceva di lui il padre – Ho cercato di mantenere viva la memoria finche lui possa vivere per tramandare un esempio alle future generazioni di come dovrebbe essere vissuto il senso della morale, del dovere, della giustizia».

La terra, caro Michele, non sarà fredda e non sarà mai nera, per le anime dei giusti.

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