Centro per disabili rischia chiusura. L’urlo dei familiari
VIDEO | La struttura potrebbe chiudere costringendo i tanti adulti disabili che la frequentano a vivere isolati tra le mura domestiche. Proprio così perché a Reggio «non esistono alternative. Siamo all’anno zero e, invece di tutelare quel poco che c’è lo si trascura»
È proprio vero che “dal letame può nascere un fiore”. È proprio questa sensazione che si ha andando a visitare il centro diurno per disabili di Catona. Nella periferia Nord di Reggio Calabria tra cumuli di spazzatura abbandonata e micro discariche, sorge una struttura che potrebbe essere classificata un vero e proprio fiore all’occhiello, in una città che sembra aver dimenticato i suoi figli più deboli. Ma la strana realtà regina, andando totalmente in controtendenza, invece di investire, curare e manutenere le poche, per non dire unica, strutture presenti sul territorio, le abbandona esponendole al rischio chiusura.
Rischia di chiudere il centro diurno “Laboratori sociali” di Catona che accoglie disabili adulti, gestito dalla “Piccola Opera”, con diversi percorsi di formazione. Il motivo sta in una diatriba di competenze, fra Regione Calabria e Comune, su chi debba effettuare dei lavori urgenti di manutenzione straordinaria, senza i quali la struttura non potrà rimanere aperta a lungo. E le famiglie degli ospiti del centro sono già sul piede di guerra.
È come un triste remake, una storia già vista e raccontata ma che, a quanto pare, non ha insegnato nulla. La struttura potrebbe chiudere costringendo i tanti adulti disabili che la frequentano a vivere isolati tra le mura domestiche. Proprio così perché a Reggio «non esistono alternative. Siamo all’anno zero e, invece di tutelare quel poco che c’è lo si trascura».
È questo il grido delle mamme, sorelle, donne che hanno dedicato la loro intera vita al familiare disabile e che solo grazie alle cure esperte fornite di questo centro, riescono finalmente ad avere una vita e regalare momenti di fondamentale socialità ai ragazzi disabili.
«Sono anni che il Comune non effettua alcuna opera di manutenzione – tuona Sabina Berretta mamma di Sashah – è normale che le strutture mostrino segni di cedimento ma noi non possiamo permettere che questo centro chiuda. I nostri ragazzi non hanno nessun altra alternativa, questa società non pensa ai loro bisogni, li isola. In quest’ottica è chiaro che centri di aggregazione come questo diventano di vitale importanza. La loro qualità della vita è strettamente legata alle attività che svolgo in questo centro».
C’è amarezza e disperazione negli occhi prima ancora che nelle parole. Ma nulla è ancora perduto. Dopo tante lotte, queste donne dall’animo reso caparbio dall’amore che solo chi vive e conosce da vicino la disabilità ha il privilegio di comprendere, sono riuscite ad ottenere un incontro con l’amministrazione comunale e con gli uffici competenti affinchè venga definitivamente scongiurata la chiusura.
«Possono dire e promettere qualsiasi cosa ma negli anni abbiamo imparato a non credere più alle parole – ci spiega Lucia Speranza sorella di Massimo – la verità è che chi amministra deve sapere che se questo centro chiude per i nostri ragazzi non c’è altro. Lasciarli a casa, chiusi tra le mura domestiche, devono sapere che hanno la responsabilità di costringerli a questa ulteriore sofferenza. A Reggio siano all’anno zero, oltre questa struttura non c’è altro».
Lucia ci spiega che adiacente al centro attuale, insite una struttura e li dovrebbe nascere un centro “Dopo di noi”.
«Sono anni che mi sento raccontare questa favola ma ancora siamo in attesa del bando ma noi e i nostri ragazzi siamo qui adesso. Dobbiamo pensare che i ragazzi disabili che seguiamo stanno crescendo e noi ci avviciniamo all’anzianità e non abbiamo più la forza e la capacità di stare dietro alle loro esigenze. Chi rappresenta lo Stato deve farsi carico del futuro di questi ragazzi non abbandonarli a se stessi. Bastano piccole opere di manutenzione, possiamo mai accettare la chiusura per questa noncuranza?».
Alle parole cariche di rabbia di Lucia fa eco la testimonianza Patrizia Pietramale, mamma di Alessandro che ricorda a chi ha nelle mani la responsabilità di dare risposte che «a chi vive la disabilità vengono precluse molte possibilità. Questo centro per noi è un’isola felice dove i nostri ragazzi svolgono ogni tipo di attività, dal teatro al giardinaggio senza trascurare l’aspetto cognitivo che per loro, anche se adulti, è fondamentale e indispensabile. Non possiamo permetterci il lusso di vedere chiudere questo centro senza fare nulla».
La palla passa adesso all’amministrazione comunale che, come da impegni presi, dovrà ricevere una delegazione e trovare una soluzione. La nostra speranza, invece, è quella che chi Governa una città tanto bella quanto complessa come Reggio Calabria possa avere ben presente le necessità dei disabili. E, invece di scongiurare chiusure, si lavori alla programmazione per la creazione di nuovi centri sempre più specializzati perché le file di attesa sono interminabili per accedere nelle rare strutture presenti e per un ragazzo disabile il tempo è un lusso che non può sprecare dietro vane promesse.