giovedì,Marzo 28 2024

«Siamo testimoni di un nuovo olocausto. Migranti come rifiuti»

Mimmo Lucano a "Che tempo che fa": «L'indagine mi ha sconvolto, è un fatto politico. Ho combattuto lo spopolamento». E parla dei centri di accoglienza come «nuovi lager»

«Siamo testimoni di un nuovo olocausto. Migranti come rifiuti»

«Quelli che chiamano centri d’accoglienza sono dei lager. Siamo stati testimoni di un nuovo olocausto. Se ho sbagliato qualcosa? Credo di sì, ma tantissime cose le rifarei». È un Mimmo Lucano dai toni un po’ dimessi quello che si presenta all’appuntamento con Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. L’ex sindaco di Riace viene chiamato a rispondere ad alcune domande circe le cose accadute negli ultimi mesi, dopo l’inchiesta “Xenia” che lo ha tenuto lontano dalla cittadina della jonica per lungo tempo. 

L’indagine

«Prima la rivista Fortune la dipingeva come un santo. Poi quell’inchiesta, come un criminale. Come si è sentito», chiede Fazio. «È stato sconvolgente», ribatte Lucano che aggiunge: «Io stesso non riuscivo a capire dov’era il mio posizionamento. Sono motivazioni di carattere politico, sta emergendo questo». Sulla fattoria didattica su cui pende l’ordine di demolizione, l’ex sindaco è chiaro «Mancavano delle autorizzazioni a costruire. Era una fattoria che abbiamo fatto anche grazie alle borse lavoro con i rifugiati, quindi cercando un’integrazione. Il turismo solidale è fondamentale per quel che è successo a Riace».

Il valore dell’accoglienza

Ma perché arrivavano tutti a Riace, chiede il conduttore di RaiDue. Lucano non ha dubbi: «Un piccolo paese della Calabria jonica ha potuto dare delle risposte positive all’accoglienza dei popoli che sono sbarcati lungo le nostre coste. Questo è stato in controtendenza con quel che è accaduto in Italia e nell’Europa quando qualcuno ha pensato di alzare barriere». Lucano racconta di aver visto nell’accoglienza anche un metodo per combattere la crisi demografica e lo spopolamento. «Ma non l’ho fatto per una mia volontà personale. Il Ministero dell’interno, nel 2008 – svela – mi chiamò e mi disse “non possiamo fare in modo che queste persone vengano collocate nel Nord Italia perché il ministro non vuole”. Ho pensato li trattassero come rifiuti tossici. In quella circostanza coinvolsi i Comuni vicini per fare quell’accoglienza». 

La candidatura mancata e le elezioni comunali

Quanto alla mancata candidatura alle Europee, Lucano spiega di non averlo fatto per tante ragioni: «C’è stata confusione: avere una mission politica è sentire qualcosa che viene da dentro, di molto forte. È un’idea che ti prende, una cosa diversa è fare carriera, dando adito a chi un giorno mi avrebbe detto che tutto era finalizzato ad una opportunità. E poi anche perché ero convinto che tutto ha un senso quando parte dal basso, dalla democrazia diretta. Fare il sindaco ha significato mettere in pratica quello che era stata la mia vita dai curdi in poi. Ho rivisto il senso della mia militanza politica, una ridefinizione dell’impegno con il senso della società multietnica, del municipalismo molto libertario».

A Riace è cambiato il colore politico della maggioranza. Perché? «Io non ero a Riace durante la campagna elettorale. C’era questa indagine in corso, con il processo; i progetti di accoglienza bloccati; i fondi destinati mai arrivati. C’è stato uno sconvolgimento. E poi io ero stato eletto per tre volte consecutive, quindi una voglia fisiologica di cambiare. E poi l’effetto scia di questo nuovo partito che si impone anche al Sud. Questa la mia chiave di lettura». Per l’ex sindaco non è possibile conciliare l’accoglienza con la protezione dei confini dello Stato. E cita padre Alex Zanotelli: «Mi disse “non chiedete mai alle persone quando arrivano, da dove arrivano. Pensate che le ha portate il vento». Secondo Lucano, quella avuta dal Comune jonico è stata una grande opportunità: «Lavoravano tantissime persone. Deve pensare che le nostre realtà sono segnate da storie di emigrazione, silenzio, spopolamento, l’arrivo delle persone ha rigenerato quei luoghi. Ha portato a cose che non si potevano immaginare».

I nuovi lager

Poi, il riferimento conclusivo a quanto avvenuto dal 2018: «Con il ministro dell’Interno comincia l’oppressione e la chiusura dei porti. È stato sconvolgente vedere che, anche mediaticamente, si inferiva contro le persone più deboli al mondo. Quelli che chiamano centri d’accoglienza sono lager. Siamo stati testimoni di un nuovo olocausto». La domanda conclusiva di Fazio è eloquente: «Pensa di aver sbagliato qualcosa?». «Quando si fa – ribatte Lucano – è inevitabile sbagliare. Ma rifarei tantissime cose». 

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