giovedì,Marzo 28 2024

Violenza di genere, un problema culturale. I numeri del centro antiviolenza della Piccola Opera Papa Giovanni

Occorre strutturare percorsi formativi per contrastare il rischio e quindi ridurre il danno, promuovere protocolli educativi integrati, finalizzati a rendere visibile l’invisibile e favorire consapevolezza, rimodulare il linguaggio comune e quello dei media, eliminare gli stereotipi, innescare processi di cambiamento

Violenza di genere, un problema culturale. I numeri del centro antiviolenza della Piccola Opera Papa Giovanni

Può essere difficile trovare le parole per descrivere un inferno privato come quello che vivono migliaia di donne vittime di violenza nel mondo, in Italia, nel territorio reggino, come quello delle donne che sono accolte, accompagnate e sostenute dall’Associazione Piccola Opera Papa Giovanni onlus di Reggio Calabria, attraverso il suo Centro Antiviolenza “Angela Morabito”.  Queste donne sembrano rinchiuse in “paradisi crudeli”: la loro casa, il luogo dell’amore e dei sentimenti, può trasformarsi in una prigione senza vie di fuga, talvolta perfino scena del crimine di una morte violenta. Questo flagello si chiama violenza domestica. Spesso se ne parla, soprattutto nella cronaca nera, senza un’adeguata conoscenza. Va detto che la violenza ha radici culturali e sociali lontane, che ne permettono la perpetuazione.

La violenza è frutto di regole invisibili, introiettate. Per combatterle non serve creare altre regole, ma occorre far venire fuori quanto si è cristallizzato e destrutturarlo.

In occasione della Giornata contro la violenza di genere, il Presidente della Piccola Opera Papa Giovanni, Pietro Siclari, facendo un punto sul tema, ha detto: «Abbiamo avuto 200 contatti nel biennio, di cui 124 prese in carico come Cav. Sebbene l’emancipazione femminile abbia fatto passi avanti, portando le donne a prendere coscienza dei propri diritti e delle proprie potenzialità, il fenomeno resta ancora molto radicato nella cultura maschile. Occorre infatti leggerlo nella sua complessità sociale, storica e geografica. E’ un fenomeno culturale, di un’ampia frangia di società, che tuttavia deve essere contrastato attraverso percorsi mirati di formazione, atti a invertire la rotta e costruire nuovi modelli di pensiero, stili di vita, abitudini, regole informali¼».

Occorre strutturare percorsi formativi per contrastare il rischio e quindi ridurre il danno, promuovere protocolli educativi integrati, finalizzati a rendere visibile l’invisibile e favorire consapevolezza, rimodulare il linguaggio comune e quello dei media, eliminare gli stereotipi, innescare processi di cambiamento che creino consapevolezza nelle generazioni in erba e permettano alle donne vittime di violenza l’autonomia psicologica ed economica, tale da permettere di affrancarsi dagli uomini violenti. Da gennaio 2019 a ottobre 2020 il Centro Antiviolenza “Angela Morabito” ha svolto la sua attività, registrando: 200 contatti, 124 donne prese in carico, 96 minori coinvolti direttamente o indirettamente in progetti individualizzati, 53 persone, di cui donne e bambini, coinvolti in progetti di sostegno alla genitorialità, 974 consulenze specialistiche di cui 352 psicologiche, 151 legali, 248 sociali, 217 di orientamento al lavoro, 6 borse lavoro/tirocini attivati.

Da marzo a maggio 2020, durante la fase del primo lockdown, il CAV ha visto inoltre l’attivazione di un’equipe da remoto ed in presenza, nel rispetto della normativa vigente, che ha risposto ai bisogni di alcuni nuclei familiari, attivando procedure innovative. Tali interventi sono stati attuati anche grazie la forte sinergia esistente con Enti Istituzionali e del Terzo Settore e tra questi si citano azioni di:

  • SOSTEGNO A DOMICILIO: 11 NUCLEI MADRE BAMBINI
  • SOSTEGNO NELLA REDAZIONE DI PRATICHE A SOSTEGNO DEI NUCLEO E LEGALI: 6 NUCLEI
  • SOSTEGNO ALLA DIDATTICA A DISTANZA 3 MINORI
  • SUPPORTO TELEFONICO:
  • SOCIALE: 67
  • LEGALE: 33
  • PSICOLOGICO: 48
  • BABYSITTING PER  5 MINORI

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