giovedì,Marzo 28 2024

Manifesti aborto, Nudm: «A fianco del sindaco dentro e fuori alle aule di tribunale»

Il movimento di donne era intervenuto già su altri manifesti che circolavano nella città dello Stretto, sempre contro l’aborto e sempre dell’associazione ProVita

Manifesti aborto, Nudm: «A fianco del sindaco dentro e fuori alle aule di tribunale»

Sul caso dei manifesti contro l’aborto “oscurati” dal sindaco Giuseppe Falcomatà interviene anche “Non una di meno”. Il movimento, a dire il vero, già nelle settimane passate era intervenuta su altri manifesti che circolavano nella città dello Stretto, sempre contro l’aborto e sempre dell’associazione ProVita.

Già in quell’occasione Nudm aveva chiesto al primo cittadino la rimozione dei manifesti «con l’immagine di una pseudo Biancaneve “stroncata” dalla famosa mela avvelenata, con cui veniva veicolato un messaggio estremamente fuorviante, oltre che lesivo del principio dell’autodeterminazione delle donne».

In quel caso «affermammo senza paura di smentita che quei manifesti veicolavano delle menzogne: la RU486, infatti, ha avuto la piena approvazione dell’AIFA e del Ministero della Salute (giusto per ricordarlo a chi invece aveva scritto del contrario appoggiando il manifesto).  Allora, come sempre in tutta Italia, il movimento delle donne ne chiese la rimozione che puntualmente avvenne in moltissime città».

Ma  #stopaborto sono tornati e il movimento delle donne chiarisce che «il linguaggio usato è criminalizzante ed ha il solo scopo di paragonare l’aborto a un omicidio e quindi le donne a delle assassine colpevoli cioè di un reato, cosa che invece non è».

Ed ancora il manifesto utilizza il «termine umanizzato di bambino, anziché embrione o feto ha il solo scopo di colpevolizzare le donne che hanno scelto di abortire. La corretta terminologia medica è embrione fino alla 10a settimana di gestazione e feto dalla10a settimana in poi; di bambino, cioè di soggetto con capacità giuridica si può parlare solo quando ne avviene la nascita (art. 1 comma1 codice civile)».

Nudm ricorda ancora che «La legge 194 è una legge dello Stato costituzionalmente inattaccabile, passata indenne anche da un referendum abrogativo e che al suo interno contiene uno strumento, quello dell’obiezione, che di per sé già penalizza le donne, visto che all’interno degli ospedali pubblici il numero degli obiettori è altissimo raggiugendo vette dell’80% in numerose Regioni».

A proposito dell’invocazione dell’art. 21 della Costituzione «per attaccare il nostro Sindaco reo di essersi schierato in difesa, non solo di una legge di Stato (L.194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), cosa che nelle sue funzioni  è un dovere fare, ma soprattutto per aver difeso il diritto delle donne di non sentirsi dare delle assassine solo perché decidono di abortire: ogni diritto, anche di rango costituzionale, trova il proprio limite nell’esistenza di altri diritti di pari rango e che nessuno, in nome della libertà di espressione, può permettersi di incitare all’odio, all’intolleranza, alla discriminazione ed alla criminalizzazione di chi rivendica semplicemente di poter liberamente esercitare un proprio diritto».

Il movimento ricorda ancora che «lo Stato Italiano per Costituzione è laico, sarebbe forse meglio che la Chiesa, invece di guardare in casa altrui, si occupasse di quello che succede in casa propria. Ci dimentichiamo, forse quante storie di abusi su bambini e bambine sono venute fuori, anche ultimamente, o di preti che approfittando del sacro vestito indossato, si sono macchiati del reato di pedofilia?

Quello sì un reato, che “uccide” e mortifica corpo ed “anima” di BAMBIN* (non feti o embrioni) che lo subiscono. Né tanto meno ricordiamo un loro intervento di ferma condanna nel caso del consigliere e pastore Massimo Ripepi in occasione del suo presunto “coinvolgimento” in un caso di abuso su una bambina, se non una semplice richiesta, rivolta alla sua comunità, di autosospendersi dal Consiglio delle Chiese reggine (naturalmente se siamo in errore saremo pronte a prenderne atto)».

Ed infine spiega il movimento «Non accetteremo, da chicchessia, lezioni su come gestire il nostro corpo, così come non accetteremo che altri decidano per noi.

Al Sindaco Falcomatà diciamo: “Se, per la tua decisione di rimuovere i manifesti di ProVita  – così che possa cessare definitivamente, nella nostra città, questa serie di campagne denigratorie e di disinformazione, l’uso di linguaggi violenti e misogini contro il nostro diritto all’autodeterminazione e contro il nostro diritto di scelta, continuamente riproposti nelle loro crociate oscurantiste – dovessi ritrovarti citato in giudizio da ProVita & company, ci troverai schierate al tuo fianco dentro e fuori alle aule di tribunale”».

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