sabato,Aprile 20 2024

Legge Zan, Cusumano: «Crea conflitto tra vecchi e nuovi diritti»

Secondo la già presidente commissione regionale p.o.: «C’è la pretesa di introdurre in maniera autoreferenziale nel diritto penale la categoria dell’“identità di genere”»

Legge Zan, Cusumano: «Crea conflitto tra vecchi e nuovi diritti»

Riceviamo e pubblichiamo:

Una lettura superficiale e di parte del DDL Zan porta alla conclusione (errata) che con esso si vogliano rivendicare nuovi diritti, scaturenti dalla necessità di una interpretazione attualizzata dei diritti civili già consolidati nel nostro ordinamento giuridico.

A ben guardare, invece, il suddetto DDL, nella sua odierna formulazione, genera soltanto confusione e finisce col creare una sorta di conflittualità tra “vecchi” e “nuovi” diritti, spingendosi fino al concreto rischio di svuotare la forza della libertà fondamentale di “manifestare il proprio pensiero”, garantita dall’art. 21 della Costituzione.

È innegabile, infatti, che l’art. 4 del DDL Zan, laddove introduce una clausola di salvaguardia del seguente tenore:  “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni”, sembra che in realtà voglia limitare proprio tale libertà (di dissentire, evidentemente), in spregio alla garanzia del pluralismo culturale, ideologico e religioso su cui, in una democrazia moderna, si fonda il concetto di libertà. Va da sé, infatti, che la libertà di manifestare il proprio pensiero non riguarda solo le opinioni accolte da tutti con favore, ma interessa – anzitutto e soprattutto –   quelle che contrastano con l’altrui pensiero. Inoltre, il ricorso all’utilizzo di formule ambigue come quella contenuta nel secondo periodo del citato art.4, laddove si richiama il concetto di “idoneità della opinione o della condotta ad essere giudicata discriminatoria o violenta”, rappresenta un vulnus dei principi fondanti del diritto penale, quali la certezza del diritto e la tassatività delle condotte di reato. Con la pericolosa conseguenza di attribuire ai giudici un arbitrio eccessivo,a fronte delle gravi conseguenze legate alla modifica prevista agli articoli 604-bis e 640-ter del codice penale (reclusione fino a 6 anni!).

A ciò si aggiunga che il DDL Zan fonda la sua ratio su un presunto vuoto normativo, cui il Legislatore dovrebbe porre rimedio con una ulteriore espansione delle responsabilità, quando invece oggi alle vittime di reati di matrice omotransfobica è già garantita una tutela penalistica, posto che è consolidato l’orientamento giurisprudenziale di applicare la circostanza aggravante dei “motivi abietti e futili”. Quanto alla possibilità di introdurre una specifica aggravante di omotransfobia, è doveroso chiarire che essa non deve diventare uno strumento finalizzato a reprimere il libero pensiero di chi ha come modello culturale quello della eterosessualità affettiva, bensì uno strumento (condivisibile) per reprimere specifiche condotte antigiuridiche.

Del pari, è del tutto infondata – come dimostrato dai dati Oscad della Polizia di Stato –   l’esistenza di una situazione di emergenza sociale, dettata dall’aumento dei casi di violenza e di discriminazione ai danni della comunità LGBT+, che possa giustificare l’approvazione di un testo di legge ondivago, che palesa criticità su valori fondanti quali la libertà di manifestazione del pensiero e l’ancoraggio della certezza del diritto penale al testo formale della legge, valori questi ultimi che riguardano l’intera comunità.

Se ci soffermiamo a pensare alle emergenze legate alle gravissime difficoltà e criticità che l’Italia si trova a fronteggiare in questo preciso momento storico, possiamo facilmente comprendere come il vero fine del DDL Zan sembra essere quello squisitamente ideologico di fare esorbitare nel campo penale anche ciò che appartiene all’ambito esclusivamente etico, morale, culturale e religioso.

Non solo: la pretesa di introdurre in maniera autoreferenziale nel diritto penale la categoria dell’“identità di genere”, per definire la quale si renderà necessario il ricorso costante all’interpretazione giurisprudenziale, rappresenta ancora una volta una delega in bianco del potere legislativo al potere giudiziario, il quale, colmando l’indeterminatezza delle definizioni contenute nella norma, dovrà tracciare un netto confine tra il lecito e l’illecito.

In conclusione, il testo del DDL Zan, anziché riconoscere nuovi diritti alla comunità omotransfobica, si presenta come un’arma ideologizzata e finalizzata a contrastare la pur deprecabile discriminazione con l’intolleranza del pensiero contrario, che adesso si vorrebbe sanzionare penalmente. Come a dire che sull’altare della libertà omotransfobica si è disposti a sacrificare la libertà tout court!

Avv. Giovanna Cusumano

Già presidente commissione regionale p.o.

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