giovedì,Aprile 18 2024

«Era un uomo mite». I volontari e gli amici ricordano Silviù l’ultimo senzatetto morto

La situazione degli homeless preoccupa volontari e le associazioni che si prendono cura dei poveri. In attesa che nasca un rifugio comunale

«Era un uomo mite». I volontari e gli amici ricordano Silviù l’ultimo senzatetto morto

«Silviù era una persona mite». Dopo la morte del senzatetto, avvenuta qualche giorno fa, siamo stati all’Help center Casa di Lena, ala stazione di Reggio, per farci raccontare qualcosa dagli altri amici che frequentano il centro e dai volontari che lo hanno conosciuto.

Si ricordano di lui Marcus, Nicolina e Giovanna, altri poveri che sabato, come gli altri giorni, si avvicinano per una parola di conforto, un sorriso, un caffè, un consiglio. La prima a ricordarlo è Bruna Mangiola: «Silviù è un nostro amico che è rimasto e rimarrà nel cuore, come molti altri che sono andati via in modo molto prematuro. Era una persona molto mite. Aveva un passato difficile, un trascorso difficilissimo con la sua famiglia. Un passato di alcolismo certo, ma riconosceva questo problema. Non andava mai in escandescenza».

La volontaria poi ricorda che Silviù era stato suo malgrado uno dei senzatetto fermati e multati al Girasole, per alloggio abusivo; multato perché senza mascherina, multato perchè senza biglietto sull’autobus. «La nostra amarezza è che quello che ci sforziamo di fare con gli strumenti che abbiamo è molto poco. Per loro non esiste un alloggio sicuro e fisso, non esiste per loro una situazione istituzionalizzata dal Comune. I nostri piccoli alloggi non sono sufficienti. Preghiamo per lui e siamo contenti perchè ad accoglierlo ci sarà una volontaria dell’Help center, Velia che lo avrà accolto come lo accoglieva qua».

Lo ricorda anche un’altra volontaria, Antonella Musella «Ho conosciuto Silviù, una persona mite, anche colta, educata, un gentiluomo che è anche difficile trovare in questi ambienti emarginati che sfogano la loro rabbia negli additivi, nell’alcol, nella rabbia contro il prossimo. Mai da Silviù abbiamo avuto un eccesso, uno sgarbo, una risposta cattiva. Non averlo qui con noi è una cosa che mi commuove».

In conclusione Maria Rosa Abenavoli, altra volontaria chiarisce: «Ci vorrebbe più attenzione per i fragili da parte delle istituzioni. Forse noi non siamo sufficienti, il poco che facciamo non basta. È un invito che le persone fragili hanno bisogno di un supporto, di essere guardate con occhi più attenti. Che non siano visti solo dietro una condizione fisica di apparenza. Io ho scoperto in questi anni di volontariato che c’è un mondo, una  tristezza, una incapacità, una voglia di fuggire, quindi in questa fuga si ritrovano in situazioni di emergenza, a  vivere situazioni di precarietà che non sono adatte per parlare di dignità umana. spero che questo messaggio sia un segnale importante e gli si dia una mano non solo noi come volontari ma che le istituzioni prendano atto di questo sguardo ai più deboli».

Quando vi abbiamo raccontato la storia della morte di Silviù, trovato nel suo rifugio del Girasole, ci hanno contattato i lavoratori dell’Unità di Strada. Ed hanno spiegato che Silviù non era solo, che avevano cercato con il loro servizio (sono vincitori di un bando comunale) di aiutarlo in tutti i modi. Il punto è che, nonostante gli sforzi del volontariato da un lato e dell’Unità di strada dall’altro, quello che si riesce a fare per i poveri è sempre molto poco. E questo è brutalmente pacifico.

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