venerdì,Marzo 29 2024

A Molochio si educa alla legalità per produrre bellezza: vescovo e forze dell’ordine a confronto

L’evento, organizzato dall’associazione Nuova Aurea, ha portato esempi concreti di lotta alla criminalità con ospiti di grande spessore

A Molochio si educa alla legalità per produrre bellezza: vescovo e forze dell’ordine a confronto

Una grande foto con i volti dei giudici Falcone e Borsellino e una sedia rossa, con su scritto “Il posto di chi manca”, hanno fatto da cornice al convegno “Legalità: modus operandi per produrre bellezza. Territorio – Stato – Chiesa e Società civile”, organizzato dall’associazione culturale “Nuova Aurea”, che si è tenuto ieri sera nel salone della Casa del pellegrino di Molochio. Un appuntamento importante per la comunità, che ha partecipato numerosa, ma soprattutto per le istituzioni – civili, militari e religiose – che non hanno mancato di portare il loro contributo a un evento di forte caratura sociale, che ha visto sedersi allo stesso tavolo, rappresentanti dello Stato e della Chiesa, simbolo della lotta alla criminalità ed esempio concreto di legalità.

All’incontro, moderato dal direttore del Corriere della Piana Filomena Scarpati, hanno relazionato: il vescovo della diocesi di Oppido Mamertina – Palmi Francesco Milito su “Legalità e Chiesa”; il tenente colonnello Rocco Lupini, comandante del Reparto Nipaf (Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale) di Reggio Calabria su “Tutela e ambiente”, il viceprefetto vicario della Procura di Reggio Calabria Maria Stefania Caracciolo e il capitano Cosimo Sframeli, ufficiale dell’Arma dei carabinieri in pensione.

Dopo la lettura di una riflessione sul senso della legalità e l’importanza di perseguirla da parte dello studente Alessio Iacopino, i lavori si sono aperti con l’intervento della presidente dell’associazione Nuova Aurea Annunziata Macrì, la quale dopo aver posto l’accento sull’importanza dell’incontro, ha lasciato la parola al sindaco di Molochio Marco Caruso, che recitando l’iscrizione che Dante Alighieri nella sua Divina Commedia trovò all’entrata della porta dell’Inferno, ha ribadito la necessità di «rispettare le leggi e tutto ciò che non va a ledere i diritti degli altri. Dobbiamo cercare ogni giorno di fare piccoli passi per non rompere quel patto di comunità e società che ci fa vivere bene».

Legalità e chiesa

Entrando nel vivo dell’incontro, la parola è passata al vescovo Milito, che congratulandosi con l’associazione per la bontà dell’iniziativa, ha sottolineato l’importanza di «riflettere su quello che è il fondamento della legalità, ovvero la giustizia, perché ciò che è giusto è sempre legale, ma ciò che è legale non sempre è giusto. Quante leggi hanno un fondamento ma non il rispetto della persona? Il senso della giustizia l’uomo se lo porta dentro da sempre, perché c’è la coscienza. Ma da sola non basta, deve esserci qualcuno a dirci, fin da piccoli, ciò che si deve fare e ciò che invece non bisogna fare.

Nelle nostre zone – ha continuato il vescovo – spesso si è portati a prevaricare sugli altri, perché ai bambini si insegna come farsi rispettare, l’onore, il cognome che si porta. A volte ho l’impressione che nelle nostre famiglie e nelle scuole, la giustizia non esista. Ai figli non si può permettere tutto, dire anche no, aiuta a crescere. Purtroppo molto spesso c’è una mancanza di educazione alla giustizia e alla legalità. I genitori devono invece ricordare che al loro impegno non si può mai abdicare. È loro responsabilità educare i figli. Tra genitori e docenti deve esserci collaborazione. Inoltre, se usassimo le leggi che il Signore ci ha dato, facendoci tutti uguali, vivremmo davvero bene. Ricordate che ciò che la famiglia fonde, la scuola protegge e la chiesa educa. Le generazioni future crescono secondo ciò che vedono e se assistono alla corruzione permanente in tutti i campi, senza una guida, non potranno discostarsi. Per cui, è bene insegnare il rispetto per gli altri».

Caracciolo: «Legalità è anche denunciare»

Il viceprefetto vicario Caracciolo, portando i saluti del prefetto, assente per motivi istituzionali, ha detto di aver accettato l’invito «con gioia, perché parlare di legalità fa sempre bene. La legalità riguarda tutti noi, il nostro comportamento, e pertanto bisogna mettersi in gioco e fare introspezione. Dobbiamo sempre chiederci: siamo d’aiuto alla comunità con i nostri comportamenti? Rispettare le regole e gli altri sta alla base del principio di legalità. Ma legalità è anche denunciare. Spesso preferiamo guardare e farci i fatti nostri, ma piuttosto dovremmo farci tutti un esame di coscienza e lavorare insieme per il bene comune. Il nostro territorio ha tutto, ma purtroppo è stato fortemente deturpato. Per questo è necessario lavorare insieme, affinché la nostra terra abbia finalmente ciò che si merita. Cittadini, Stato, chiesa e associazioni – che sono il sale delle comunità – devono fare fronte comune e solo così ce la faremo».

Rocco Lupini per la prima volta nel suo paese natio

Vero protagonista dell’incontro è stato il tenente colonnello Lupini, figlio di Molochio, così come lui stesso si è definito. Per la prima volta, il comandante del Nipaf di Reggio Calabria, ha partecipato a un incontro pubblico nel suo paese natio, che come ha raccontato, ha lasciato a 18 anni «con l’intento di non tornarci mai più», e per la prima volta ha ripercorso – durante il successivo intervento del capitano Sframeli – la triste vicenda che ha vissuto da bambino. «Col passare del tempo – ha spiegato Lupini – si prende consapevolezza e quando mi è stata data la possibilità di tornare nella provincia reggina per prestare servizio, ci ho pensato un po’, ma dentro di me la decisone di tornare era già maturata».

Dopo questa premessa, Lupini ha sottolineato che «la legalità è una scatola che va riempita di concetti che devono essere compresi. A Molochio, da bambino, conobbi la parola solidarietà, la pronunciava sempre mia madre, e mi ha aperto un mondo. Ogni volta che torno a casa, appena scorgo dalla strada le nostre montagne, che si aprono come un grande abbraccio, mi torna in mente quella solidarietà che toccai da bambino. Molochio, oggi come nel passato, rappresenta le varie vicende che ho vissuto personalmente, ma è un paese che non si è mai piegato, che non è mai stato omertoso e il bene prevale sempre su quelle sfumature grigie che potrebbero opacizzare il nostro territorio».

Detto questo ha posto l’accento sull’ambiente, «concetto arcaico» e sulla sua tutela, «al centro da tempo dei maggiori tavoli istituzionali, perché bene giuridico, strutturale e strategico». Così, partendo dal termine «ecologia, coniato per la prima volta dal filosofo tedesco Ernst Heinrich Haeckel», ha compiuto un excursus sull’importanza di tutelare l’ambiente, «la cui integrità è sinonimo di una società sana», spiegando il concetto di ecomafia e ponendo l’accento su quello che oggi è il trend della criminalità organizzata in tema di ambiente, ossia il traffico di rifiuti speciali e la corsa agli appalti per il loro smaltimento. «La legalità è un concetto importante per l’ambiente e il rispetto delle norme è un qualcosa con cui dobbiamo convivere e dal quale non possiamo esimerci. Le leggi vanno seguite, ma purtroppo in questa regione non sono mai mancati gli scontri sulla tutela ambientale, come il fenomeno noto delle cosiddette “vacche sacre”».

Il sequestro di Rocco Lupini

A chiudere il convegno, il capitano Sframeli, il quale ha sostenuto che «la legalità deve partire dalla testa dell’uomo, è la coscienza che va formata e custodita» e soffermandosi sul fatto che spesso legalità e giustizia non vanno di pari passo, ha raccontato la storia del brigrante Musolino, che fu il primo episodio di ingiustizia, ritrovandosi accusato di un delitto che non aveva commesso, che lo portò poi a diventare un vero criminale. «I territori oggi sono affidati ai sindaci, che sono in prima fila per edificare bene la comunità – ha spiegato Sframeli -. Ma purtroppo la ‘ndrangheta ha in molti casi soffocato e impedito la politica, condizionandola per i propri interessi», e così, partendo dal fatto che la stessa non rispetta le sue stesse regole d’onore, ha posto l’accento su una delle pagine più brutte della storia criminale, quella dei sequestri di persona.

Da qui, ha ripercorso la storia che vide protagonista proprio il tenente colonnello Lupini, che il capitano ha raccontato nel suo libro “‘Ndrangheta addosso”. All’età di 9 anni infatti, Lupini venne sequestrato insieme alla madre Fausta Rigoli e tenuto in prigionia per diversi mesi, due in più rispetto alla mamma, che venne liberata prima. «In quell’anno io prestavo servizio a Locri – ha spiegato Sframeli – e ricordo come tutto il paese si strinse intorno a questa famiglia, avviando una raccolta fondi per poter pagare il riscatto e la festa grande che ci fu, quando la notte di Capodanno Rocco venne liberato. Tutte le campane suonarono a festa. In quel periodo, in contemporanea ci furono altri 6 o 7 sequestri, alcuni finiti male, e molte stragi di mafia, che videro morire diversi carabinieri, come nel caso della strage di Razzà».

Sframeli ha poi sottolineato che per «noi militari, servire la Patria in armi è un privilegio e siamo disposti a donare la vita per essa senza chiedere nulla in cambio, se non il sorrido di Dio. Oggi la ‘ndrangheta è un fenomeno molto forte e radicato, basti pensare che già negli anni ’80 investiva in borsa, mentre oggi si dedica al narcotraffico. Per sfuggire da questa morsa, l’antimafia va concretizzata, prendendo in carico i figli dei mafiosi arrestati per poi educarli. Ci sono tre tipi di ‘ndranghetisti: quelli che lo sono per eredità, perché nascono figli di capimafia e dalla cui condizione è difficile uscire, anche se non impossibile; quelli che si arruolano perché non hanno un lavoro o la possibilità economica per fare altro; e quelli che sono i più pericolosi, ossia gli stupidi che magari sono bisognosi o perché orfani o che hanno avuto problemi da piccoli e sono stati isolati dalla società. In tutti e tre i casi però, è possibile uscirne».

I presenti

All’incontro hanno preso parte anche il maresciallo ordinario Salvatore Benedetto Carrabotta, comandante della Stazione dei Carabinieri di Molochio, l’ispettore del Commissariato di Polizia di Cittanova Luigi Borrelli, il comandante della Compagnia della Guardia di finanza di Palmi capitano Daniele Meschini e il luogotenente in pensione Gaetano Vaccari. Assente per motivi di salute il tenente Federico Di Giovanleonardo, comandante interinale della Compagnia dei Carabinieri di Taurianova e il commissario capo Benito Bisagni, dirigente del Commissariato della Polizia di Stato di Cittanova.

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