sabato,Aprile 20 2024

Festival di Sanremo, Avvenire: «Si ascoltino voci di pace russe e ucraine»

Nella rubrica delle risposte ai lettori: «Certo, Sanremo non è Oslo ma alla sua speciale maniera (in italiano e in musica) parla al mondo intero»

Festival di Sanremo, Avvenire: «Si ascoltino voci di pace russe e ucraine»

«Anch’io preferirei che i Capi di Stato e di Governo si adoperassero, coi loro diplomatici, per porre fine alla guerra. E dal sanremese palco dell’Ariston anch’io vorrei poter ascoltare quest’anno voci di pace. Di quelli e quelle che hanno l’ardire di obiettare alla disumanità dello scontro bellico. Meglio se ucraini e russi insieme, come nel terzetto del premio Nobel 2022». Lo scrive oggi su Avvenire il direttore Marco Tarquinio, nella rubrica delle risposte ai lettori.

«Certo, Sanremo non è Oslo – prosegue – ma alla sua speciale maniera (in italiano e in musica) parla al mondo intero, e non sarebbe affatto male ricordare anche dalla Città dei Fiori e del Festival che è lungo la via dove s’intrecciano volontà e voci di ‘nemici’ che finirà il massacro e si uscirà dall’incubo».

Le ballate di Bulat Okudzava e Juri Shevchuk

«E comunque, sì – spiega Tarquinio – mi piacerebbe molto ascoltare almeno una delle (troppo poche) ballate tradotte in italiano del grande Bulat Okudzava, premio Tenco 1985. Magari insieme a una delle canzoni dell’altrettanto grande e coraggioso Juri Shevchuk, che nell’ottobre scorso avrebbe dovuto essere nella città ligure per ritirare a sua volta (assieme al gruppo rock Ddt) il riconoscimento dedicato a Tenco, e non ha potuto a causa della guerra. Ma ha ugualmente e pubblicamente espresso dolore e solidarietà per tutte le vittime, ucraine e russe, denunciando senza paura la censura e le persecuzioni a cui viene sottoposto chi parla di pace e osa schierarsi nel suo Paese (e non solo lì) contro la guerra».

Secondo il direttore di Avvenire, «sarebbe un segno di speranza e di contraddizione nel pieno dell’evento che monopolizzerà ascolti televisivi, radiofonici e digitali italiani e s’irradierà in un bel pezzo di mondo. Perché farebbe risuonare parole, idee, sentimenti e gesti di umanità pensati, cantati e incisi nella lingua ‘occupata’ dal presidente russo Putin, colui che porta la responsabilità più tremenda nella tragedia che si consuma sulla pelle di centinaia di migliaia di soldati sbattuti al fronte, delle loro famiglie e di tanti e tanti civili inermi».

Non solo Zelensky

«E per favore – aggiunge -, nessuno si sogni di dirci che dovremo ascoltare pure al Festival solo e soltanto il presidente ucraino Zelensky e non anche quei disarmati cantori russi della pace e della giustizia ‘perché Sanremo è Sanremo‘».

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