Ponte sullo Stretto, saranno milioni i metri cubi di terra da smaltire
Il progetto definitivo allegato al piano per la costruzione dell’opera individua due siti di stoccaggio anche a Seminara
di Vincenzo Imperitura – Limbadi, Terranova Sappo Minulio e Seminara: sarà in questo triangolo di terra tra la provincia di Vibo e quella di Reggio, già fortemente segnata dagli sfasci ambientali legati ai maxi cantieri pubblici (e dagli interessi della ‘ndrangheta sui medesimi), che finiranno gli scarti derivanti dai lavori per il ponte sullo Stretto: più o meno 2,5 milioni di metri cubi di «materiale inerte» e «speciale non pericoloso».
Una montagna di terra, pietre e altro materiale classificato come speciale che dovrà essere caricato su migliaia di camion (oltre 70mila, secondo una stima approssimativa, considerando una media di 35 metri cubi per camion) che faranno la spola (sulle efficientissime strade del Reggino) tra i cantieri calabresi dalla maxi opera e quattro differenti discariche (temporanee e definitive) tutte poste piuttosto lontano dai cantieri stessi. Quattro siti sedi in passato di cave estrattive e in cui dovrebbe essere dirottato il materiale classificato come «terre e rocce da scavo proveniente dalle lavorazioni relative alla costruzione dell’opera ponte sullo Stretto di Messina». Una montagna di materiale di risulta che andrà ad appesantire, modificandoli in modo sostanziale, territori già provati in passato dall’intervento dell’uomo e che ingrigisce la narrazione governativa sull’opera «più green della storia».