25 aprile, la Resistenza nell’Appennino ligure-piemontese del partigiano reggino Ruggero Condò
I familiari hanno di recente ritrovato l'ultimo biglietto che era riuscito a scrivere alla famiglia. Il documento è in mostra a Villa nell'ambito dell'iniziativa “La Resistenza della Memoria: i Partigiani Calabresi" promossa dall’Associazione socio culturale Ponti Pialesi
Ruggero Condò, Reggio Calabria classe 1924, partigino nella 1^ Brigata Autonoma Giancarlo Odino dal 25 febbraio 1944 col nome di battaglia “Bik”. «Dopo i bandi fascisti di presentarsi alle armi, tra il febbraio ed il marzo del 1944, raggiunse altri che come lui si erano rifiutati. Stavano per formare un reparto partigiano nella zona di Parodi Ligure, in provincia di Alessandria, contrada Cadepiaggio. Viveva con gli altri nelle grotte di monte Tobio, uscendo nelle ore più adatte per le necessità della lotta.
Uno spione di Gavi Ligure, un mostriciattolo che commerciava stoffe, mise sulle tracce dei partigiani i nazifascisti ivi dislocati. Ci fu una strage, alla quale il giovane Condò riuscì a sottrarsi, con altri tre partigiani. Ripararono discendendo la valle, nella casa di un contadino, nei pressi di un ruscello.
Seduti appena a consumare il cibo loro offerto, furono circondati improvvisamente dai nazisti e avviati al campo di concentramento Villa Rosa di Novi Ligure. Vi rimase con gli altri dal 10 al 13 aprile. Da qui scrisse un biglietto alla famiglia, nel quale, in poche parole, rivela il suo maturo coraggio di combattente: “Io sto bene. Sono nel Campo di concentramento di Novi. Non so quanto vi rimango. Baci cari. Ruggero”. Fu deportato su carri bestiame e internato nel campo di Gusen (non meno terribile di quello di Mathausen). Fu arso nelle camere, a gas».
Così Enzo Misefari, politico, sindacalista e storico, di cui lo scorso 7 aprile ricorrevano i 125 anni dalla nascita a Palizzi, nel reggino, consegna alla memoria collettiva la storia di uno dei partigiani calabresi che contribuì alla Resistenza, combattendo lungo l’Appennino ligure-piemontese. Lo fece dalle pagine “Partigiani di Calabria” (1988, Pellegrini edizioni).
In fondo a un cassetto
Quel biglietto scritto alla famiglia è stato recentemente ritrovato da Edvige, figlia di Maria una delle sorelle di Ruggero, nella casa della madre, in fondo ad un cassetto, per custodirlo al meglio.
«In passato lo avevamo tanto cercato. Adesso che lo abbiamo trovato, insieme ai libri, “Partigiani di Calabria” di Enzo Misefari e Tu passerai per il camino” di Vincenzo Pappalettera, e ad altre cartoline, siamo contenti di concederli per una mostra dedicata alla Resistenza. La memoria deve restare viva», racconta la nipote Edvige. Nei due libri ritrovati veniva raccontata la storia dello zio Ruggero. La madre, sua sorella, li aveva conservati.
Il biglietto originale è adesso esposto a Villa San Giovanni nell’ambito dell’iniziativa “La Resistenza della Memoria: i Partigiani Calabresi. Essa è promossa dall’associazione socio-culturale Ponti Pialesi, presso il MuMe, museo della Memoria – presidio di legalità Antonino Scopelliti. Tra le pagine dei libri, la nipote Edvige ha trovato anche alcune cartoline inviate dallo zio per dare notizie di sé alla famiglia sfollata a Parodi Ligure, sempre in provincia di Alessandria. Le aveva inviate nel 1944, dopo la sua scelta di militanza partigiana e la sua partenza.
Il ricordo della sorella Anna, staffetta partigiana
«Sento ancora, come se fosse adesso, coagularsi anche in me quello stesso desiderio di libertà e giustizia che quella sera spingeva mio fratello Ruggero a scegliere la guerra partigiana. Lo sentivo al punto che gli avevo detto di volere andare con lui. Lui mi aveva tirato le trecce, invitandomi al riserbo assoluto e, aprendomi un mondo. Mi disse che avrei potuto dare il mio contributo anche restando a casa. Così fu. Io frequentavo una sarta, per imparare a cucire, e una compagna di scuola per studiare. Questo scandiva le mie giornate di ragazzina e quelle erano anche occasioni per spostarmi e portare messaggi di cui non conoscevo il contenuto». Questo raccontava l’altra sorella Anna Condò, staffetta partigiana che oggi ha 94 anni. Fino a quando la salute lo ha reso possibile, è stata una fervente testimone e custode di memoria che tanto ha creduto nelle giovani generazioni quali depositarie di quel sogno di libertà.
«Ho ancora nelle orecchie quel rumore dei passi sui sassi dei militari e ricordo, da quella sera, la nostra vita sospesa in un silenzio fatto di attesa, poi terminata nel peggiore dei modi. Mio fratello Ruggero, scampato alla strage della Benedicta, sull’Appennino Ligure nell’aprile del 1944, era stato catturato, torturato e deportato poco dopo in un campo di concentramento nazista in Austria. Campo dal quale non fece più ritorno. Solo qualche tempo dopo un ex deportato di nazionalità francese, che lo aveva conosciuto al campo, ci rintracciò per dirci quale era stato il destino di mio fratello Ruggero. Questa è la nostra Storia ma il punto è proprio questo: questa storia non è solo la nostra». Così raccontava qualche anno fa Anna Condò.
Sopravvissuto, catturato e deportato
Tra i partigiani ancora viventi, che l‘Anpi di Reggio Calabria (una sezione reggina è intitolata proprio alla memoria di Ruggero Condò) in questi anni ha rintracciato, rendendo collettiva la loro testimonianza, c’è anche la reggina Anna Condò. Staffetta partigiana tra il Piemonte e la Liguria nella 3^ Brigata Garibaldi alla quale aveva deciso di aderire il fratello Ruggero. Era stata costretta a emigrare con la famiglia al Nord, in Piemonte a Parodi Ligure, dopo i bombardamenti degli Alleati e la sospensione dal lavoro dei genitori, non allineatisi alla Repubblica Sociale Italiana. Anche lei come il fratello si sentì chiamare dalla Resistenza. Lei staffetta partigiana e suo fratello Ruggero partigiano, sopravvissuto alla strage della Benedicta, sull’Appennino Ligure nell’aprile del 1944. Poi catturato, torturato e infine deportato in un campo di concentramento vicino a quello di Mathausen in Austria. Non fece più ritorno.
“Tu passerai per il camino”
Morì nel campo di concentramento di Guser, il 20 febbraio 1945. Ne dà notizia il partigiano e storico Vincenzo Pappalettera, scomparso nel 1998, nel volume dal titolo “Tu passerai per il camino”, premio Bancarella 1966. Aveva venticinque anni quando fu deportato. Vent’anni dopo la liberazione raccontò l’orrore di quei giorni. «Oltre settemila furono i deportati italiani che trovarono la morte a Mauthausen e nei kommandos vicini. Di quanti di essi è stato possibile, come delle poche centinaia di sopravvissuti, abbiamo raccolto i nomi». Tra questi anche quello di Ruggero Condò.
Dalla Resistenza alla Costituzione
Non i luoghi ma le persone calabresi fecero la Resistenza e contribuirono grandemente alla causa di Liberazione dell’Italia dalla Repubblica Sociale. La villa comunale Umberto I di Reggio Calabria ne custodisce il segno. La stele del partigiano è impreziosita da una targa che propone il pensiero del giurista Piero Calamandrei. È costui ad invitare le nuove generazioni a visitare i luoghi della Resistenza per scoprire dove sia nata la Costituzione, dove sia partito il cammino di riscatto dalle guerre e di ricostruzione di un Paese ispirato agli ideali di Libertà e Democrazia. Un messaggio di Unità che in questi quasi ottant’anni (1945/2022) non smette di essere necessario.
Dopo mesi di terrore e distruzione, scanditi dal fragore delle bombe e dalla devastazione conseguente, che chi c’era ha ancora nelle orecchie e davanti agli occhi, il 3 settembre 1943 a Reggio Calabria fu tra i giorni in cui sperare di intravedere la fine della guerra e un nuovo inizio. Il 10 luglio 1943, mezzo milione di uomini, scortati da cannoni navali e una flotta aerea, era già sbarcata in Europa raggiungendo la Sicilia (operazione Husky). Dopo due mesi di pianificazione ecco lo sbarco in Calabria a Reggio per risalire la Penisola. Ma il tempo della pace era ancora lontano.
La storia
Proprio il 3 settembre 1943 fu firmato l’armistizio di Cassibile, atto della seconda guerra mondiale che prevedeva la resa incondizionata del Regno d’Italia agli Alleati. L’annuncio dell’Armistizio ebbe per conseguenza l’invasione dei territori italiani da parte delle forze armate tedesche e l’inizio della Resistenza e della guerra di liberazione italiana dal nazifascismo. Una Resistenza che nel Mezzogiorno, e in particolare nella Piana nel reggino, era già iniziata prima dell’arrivo degli Inglesi e dei Canadesi.
Vittorio Emanuele III era, infatti, fuggito subito dopo il proclama dell’Armistizio, lasciando il Paese in balia delle truppe di occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana guidata da Mussolini. Destituito dal ruolo di Duce, il 25 luglio di quell’anno, l’avrebbe fondata il 23 settembre successivo.
Il 25 aprile 1945
Fu dunque la Resistenza, con il supporto degli Alleati, dopo oltre un anno e mezzo di durissima opposizione e lotta, a liberare l’Italia dalla Dittatura e dall’Occupazione e dal Nazifascismo per consegnarla al suo futuro Repubblicano e alla Costituzione. Il 25 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (Clnai) con sede a Milano, proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive di imporre la resa ai presìdi fascisti e tedeschi.
Anche i partigiani del Sud nella Resistenza combattuta al Nord
Furono tante le storie scritte da partigiani originari delle terre di Calabria per combattere contro i nazifascisti. Nomi e storie che oggi sono patrimonio imprescindibile della grande Storia che custodiva in sé i semi del futuro e il senso di un’identità nazionale comune e forte. Alcuni sopravvissero alle rappresaglie, alle deportazioni nei campi di concentramento, alle incarcerazioni e alle torture e contribuirono poi alla costruzione di una Democrazia che resta da difendere ogni giorno, altri non ce la fecero e persero la vita combattendo nelle file della Resistenza in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e nella Capitale.
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