Cimitero di Armo a Reggio, Teresa: «Non si dimenticano gli occhi dei migranti che “trovano” i loro familiari. Siamo parte di una stessa storia»
La dimensione di questo spazio è ormai anche internazionale. La ragazza dei fiori: «Resta comunque un luogo di comunità e meriterebbe attenzione sempre, non solo in vista del 3 giugno»
![Cimitero di Armo a Reggio, Teresa: «Non si dimenticano gli occhi dei migranti che “trovano” i loro familiari. Siamo parte di una stessa storia»](https://www.ilreggino.it/wp-content/uploads/2024/06/Teresa-la-ragazza-dei-Fiori-Cimitero-migranti-di-Armo-IlReggino.jpg)
Pura, candida e semplice. Con il centro giallo e i petali bianchi intorno, con la sua bellezza pulita, la margherita è il fiore per dire addio al proprio congiunto ritrovato in un luogo lontano da casa, dove è stato accolto tratto dalle tristi acque del Mediterraneo. In quel mare che separava dal futuro, tutto è divenuto inesorabilmente passato. La margherita diventa il fiore nel quale si può riconoscere, evidentemente, l’universalità di un linguaggio che esprime il legame che unisce nell’amore anche oltre la vita. Ciò a prescindere da quale sia il culto dei defunti segnato dalla tradizione.
Un’identità restituita
«Scelgono soprattutto le margherite», racconta Teresa “la ragazza dei fiori” che in questi ultimi anni si è ritrovata ad accogliere nel suo chiosco, fuori dal cimitero di Armo, anche persone venute da lontano alla ricerca di un familiare di cui, grazie al Comune di Reggio e alla Caritas, le spoglie hanno avuto qui degna sepoltura. La maggior parte delle spoglie di migranti lì sepolte non ha un’identità. Qualcuno riesce, però, faticosamente ad essere raggiunto.
«Il cimitero di Armo è diventato ormai internazionale, meta di pellegrinaggio di persone tenaci che non si sono arrese e che hanno affrontato anche inenarrabili lungaggini burocratiche per arrivare fino a qui, scoprendo la più tragica delle verità sui loro cari. Arrivano e sono spaesati. Scelgono soprattutto il fiore della margherita. Non credo ci sia un motivo particolare. Ma credo che il candore di questo fiore incarni la semplicità che è profondità di un legame che un destino avverso è riuscito a cambiare ma non a spegnere». Così racconta Teresa, nelle cui giornate capita che ci siano incontri fino a qualche tempo fa inaspettati e che rivelano anche la storia di chi nel cimitero di Armo è sepolto.
Le storie e quel dolore che è lo stesso
«Un giovane avrebbe voluto prendere i voti e diventare sacerdote. Un papà cercava di raggiungere i figli già in Italia. Negli occhi dei bambini, che questo dramma ha reso orfani, abbiamo letto questo dolore grande inconsolabile. Chi arriva qui, trova questo luogo dopo avere cercato un familiare molto a lungo», racconta ancora Teresa.
«Viene a trovare i migranti anche Martin Kolek, l’attivista tedesco in mare arrivato in Calabria e qui ad Armo cercando il luogo in cui fossero stati accolti due neonati tratti esanimi che lui stesso aveva estratto dalle acque. Lui e la signora Bruna sono stati e sono dei riferimenti per tutti noi in questa esperienza che ci arricchisce e ci proietta in una dimensione diversa in cui tuttavia riconosciamo lo stesso dolore del distacco che la morte arreca. Non si dimenticano gli occhi dei migranti che qui “trovano” i loro familiari. In qualche modo siamo parte di una stessa storia».
Il cibo in onore dell’anima
Le loro usanze per commemorare i defunti sono diverse dalle nostre. «Abbiamo notato che è loro tradizione consumare cibo accanto alla tomba. Un modo per omaggiare l’anima, tributargli amore e rispetto».
«Non potrò mai dimenticare le urla di un uomo. Lo vidi seduto a terra davanti al cancello del cimitero. Quel giorno era chiuso. Era lì, disperato ma bisognoso di condividere il suo stato d’animo. Invitava chiunque passasse a cibarsi con lui, ad attingere dal grande piatto che aveva davanti a sé. “Venite a mangiare per l’anima di mio fratello”, diceva battendosi le mani sul petto. Ricordo, anche, le lacrime che non smettevano di scendere dagli occhi di una ragazza. Sappiamo che si tratta di un cimitero e che il dolore è lo stesso ma le storie e le emozioni, in qualche modo, sono sempre a loro modo speciali», racconta una signora di Armo.
Non solo il 3 giugno
«Il 3 giugno è una giornata speciale. È importante – conclude Teresa – che ci sia una giornata dedicata in cui la comunità ricordi tutte le vittime delle migrazioni. Questo luogo ha ormai una identità intimamente segnata da quelle salme che anni fa furono sepolte.
Una giornata in vista della quale il Comune si preoccupa giustamente di pulire affinchè le celebrazioni si svolgano al meglio. Lo capiamo ma crediamo, e lo scorso 3 giugno lo abbiamo anche detto al sindaco Falcomatà approfittando della sua presenza qui ad Armo, che la dignità dei migranti qui sepolti e quella di tutte le altre persone che qui riposano, meritino un ambiente pulito sempre, non solo in vista del 3 giugno.
Ci rendiamo conto che, avendo il sindaco sottolineato che i cimiteri nel comprensorio reggino sono 26, non sia facile gestirli ma credo sia stato giusto segnalare cosa possa essere migliorato. In questo cimitero c’è carenza di loculi con la conseguente permanenza prolungata delle salme in cappella, e la manutenzione dovrebbe essere più frequente». Così Teresa, che tutti ad Armo conoscono come “la ragazza dei fiori”, continuerà a condividere il desiderio di restare legati ai propri cari di tutte le persone che frequentano questo cimitero. Con il suo sorriso gentile continuerà ad accogliere anche coloro che qui arrivano anche da lontano, per custodire una speranza, nutrendo la quale i loro congiunti oggi non ci sono più.