Bloccata demolizione ex Cinema Orchidea, Vitale: «Immobile sottoposto a tutela?»
Il presidente della Fondazione Mediterranea: «A noi reggini non resta che tenerci per molto tempo ancora questo scempio edilizio in pieno centro, senza che nessuno paghi per un’insensata e demenziale gestione del bene pubblico»

« L’apparenza è quella di un frame di video horror, un isolato torreggiante rudere che, incutendo timore e soggezione, rimanda ad ambienti e circostanze degradate e tragiche. È quel che resta del Cinema Orchidea dopo la sua demolizione, un rudere lasciato a deturpante ricordo di un’operazione che, con un minimo di senso civico e di amore par la città, si sarebbe dovuta limitare al restauro conservativo. La cui sala, peraltro, godeva di un’acustica perfetta e difficilmente eguagliabile, cosa che sarebbe stata utilissima se, come affermato dai demolitori, il locale sarà destinato a divenire una casa della cultura e dello spettacolo». E’ quanto scrive in una nota Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea.
«Posto affianco allo storico Hotel Belfanti Centralino, pregevole espressione dell’art nouveau della ricostruzione che trovasi dall’altra parte di via Palamolla, la storia dell’immobile non è edificante. L’originario palazzotto, proprietà di Giacomo Biacca, fu una della prime costruzioni ad abbellire il lungomare reggino dopo la devastante tragedia del 1908. Al piano terra presentava depositi di mercanzie provenienti dal porto dove il proprietario svolgeva la sua attività commerciale. Venne colpito dai bombardamenti alleati nel 1943 durante il secondo conflitto mondiale e subì un incendio, che fornì la scusa per una sua vendita.
Ed ecco arrivare una prima, dolorosa, demolizione: la nuova proprietà erige un edificio secondo lo stile razionalista-funzionalista del tempo e, pur contrastando col il liberty della ricostruzione, con un risultato estetico tutto sommato più che accettabile. È così che nel 1951 si inaugura la sala cinematografica con annesso bar che, dopo circa venti anni di attività, a seguito di traversie economiche e giudiziarie, venne chiusa negli anni Settanta.
La struttura – continua Vitale – che indubbiamente aveva una sua cifra stilistica ben netta e rappresentava uno dei centri della vita serale della Reggio Bella e Gentile, venne attenzionata da Italia Nostra, che la inserì nella sua Lista Rossa tra i beni architettonici culturali da tutelare. Nonostante che l’edificio in questione rappresentasse, quindi, un importante esempio architettonico di stampo razionalista e, per come certificato da Italia Nostra, suscettibile a pieno titolo di un completo recupero che lo riportasse in uno stato strutturale ottimale per tornare a essere centro di vita sociale cittadina con finalità cinematografica ed espositiva, il Comune decide per un suo completo rifacimento demolitivo.
Questa demolizione poi improvvisamente si blocca. Probabilmente è intervenuta la Soprintendenza, che ha ritenuto la costruzione, ben più anziana delle gabine del Lido sottoposte a tutela oltreché portatrice di storia e stile, degna di essere tutelata. Non sembra possibile un’altra ipotesi per spiegare questa interruzione dei lavori di demolizione. Sorge spontanea una domanda: la Soprintendenza non si poteva muovere prima? O non si è voluta muovere, muovendosi solo dopo che le è stato fatto notare l’importanza storica e identitaria dell’immobile che il comune stava demolendo? Comunque sia un’altra figuraccia, un altro esempio di poca affidabilità di questa articolazione periferica della Stato.
A noi reggini non resta che tenerci per molto tempo ancora questo scempio edilizio in pieno centro, senza che nessuno paghi per un’insensata e demenziale gestione del bene pubblico».
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