giovedì,Luglio 17 2025

Una libellula per ricordare i giovani internati che rifiutarono il fascismo

A Bova Marina la memoria prende forma: presentato il progetto firmato Calliurghia della scultura in ricordo dei deportati nei lager nazisti

Una libellula per ricordare i giovani internati che rifiutarono il fascismo

«Non c’è nulla di retorico nel gesto di chi vuole ricordare. Solo la consapevolezza, silenziosa e solenne, che esistono storie che non possono essere lasciate svanire. Storie che, a distanza di ottant’anni, ancora interpellano, ancora parlano». Così, ieri sera, nella biblioteca comunale di Bova Marina, è stato presentato il progetto della scultura “La Libellula”, promosso dall’associazione culturale Calliurghia. Un momento che ha unito cittadinanza, istituzioni e mondo dell’associazionismo, nel nome di una memoria da condividere, custodire, rilanciare. All’incontro è stato presente anche il sindaco Andrea Zirilli, che ha dichiarato di voler sposare l’iniziativa e supportarla con l’Amministrazione Comunale.


Un simbolo leggero e preciso come una scelta. “La Libellula” vuole raccontare chi ha avuto il coraggio di dire no. No alla guerra, no al fascismo, no alla Repubblica Sociale Italiana. Vuole dare un volto, un nome e un respiro a quei giovani uomini partiti da questo lembo di Calabria e mai tornati. Ventenni, deportati, uccisi nei campi di concentramento per non aver piegato la schiena. Le loro storie, per anni rimaste confinate in ricordi privati o in silenzi familiari, tornano ora alla luce attraverso un’opera che ambisce a essere duratura e visibile.


«Abbiamo voluto dare questo appellativo di libellula a un’opera che ricordi i deportati nei campi di concentramento, perché la libellula riesce a sorvolare sulle paludi, senza mai toccare le acque umide che quelle paludi rappresentano» ha spiegato Domenico Candela, direttore artistico di Calliurghia. «Abbiamo pensato che fosse un’immagine potente, pulita, capace di evocare la possibilità di restare liberi anche sopra il fango. Quei giovani deportati si rifiutarono di aderire alla richiesta del fascismo di combattere nella Repubblica Sociale. Lo pagarono con la vita».


La scultura raffigurerà un deportato. Non un volto anonimo, ma un’immagine reale, riconoscibile. «Daremo sembianze precise, possibilmente ispirate a una figura concreta che ha vissuto l’orrore dei lager – ha aggiunto il Maestro Candela -. Rappresenterà quest’uomo nel momento in cui libera la libellula, simbolo di libertà riconosciuta in tutto il mondo. È quel gesto che vogliamo fissare: un gesto di coraggio, che restituisce dignità e senso alle scelte di allora».


L’opera sarà collocata nella villetta Gramsci, antistante le scuole elementari. Uno spazio urbano che può trasformarsi in custode di memoria. «È importante che i luoghi parlino, che raccontino la storia. I paesi che dimenticano la storia sono destinati a cadere nell’oblio – ha ribadito il direttore artistico di Calliurghia -. Vogliamo che quel posto, che oggi è solo un passaggio, diventi uno spazio vivo di riflessione. Che parli di resistenza, che parli di scelte. Che racconti il coraggio di quei ragazzi di Bova Marina, ventenni come tanti, che si rifiutarono di combattere una guerra in cui non credevano».
Ogni gesto, ogni parola, ogni contributo può diventare parte di un cammino condiviso. Questo progetto attraversa l’arte, ma vive grazie al senso di appartenenza di chi abita questi luoghi, di chi riconosce in essi una storia che merita di essere tramandata.

L’opera nasce da un’idea, ma si realizzerà attraverso la generosità, l’adesione spontanea, la partecipazione concreta. «Contribuire a quest’opera – ha detto Egidio Musitano, presidente di Calliurghia – significa riconoscersi in una comunità che non ha mai smesso di attraversare la storia. Dal Mediterraneo classico fino alla Seconda guerra mondiale, la nostra è una popolazione che ha vissuto, ha resistito, ha contribuito. Questa è un’opera per loro, ma anche per chi oggi subisce la stessa violenza, lo stesso sradicamento. È un segno, ma anche una richiesta. È un monito, ma anche un invito. Questa comunità ha bisogno di una voce che sia duratura e di altissima qualità. Parlare delle guerre, purtroppo, è sempre attuale, e noi abbiamo il dovere di legare il nostro passato alla sofferenza di chi oggi vive la stessa tragedia».


C’è una coerenza profonda tra la forma leggera della libellula e il peso di ciò che essa è chiamata a custodire. Perché nei numeri, la tragedia è spaventosa: centinaia di migliaia tra civili e militari internati che scelsero di non aderire alla Repubblica Sociale. Una scelta che, per molti, significò la fame, la tortura, la morte. Una scelta che oggi, finalmente, si vuole scolpire nella pietra e nella coscienza. E ricordare vuol dire anche assumersi la responsabilità di difendere quei valori, di non lasciare che l’indifferenza e l’oblio prevalgano. Ogni nome inciso, ogni figura scolpita, rappresenta un gesto di opposizione alla cancellazione, al vuoto, alla disumanità.


Ma Calliurghia guarda oltre. L’idea, infatti, è quella di dare inizio a un percorso artistico più ampio: un racconto per immagini, opere e installazioni che restituiscano dignità ai diversi periodi storici vissuti dalla comunità. Una narrazione pubblica, visibile, permanente. Una memoria che si fa paesaggio. L’arte, in questo contesto, assume il ruolo di ponte tra epoche, tra persone, tra esperienze. È linguaggio accessibile, strumento potente, veicolo di riflessione. È il modo più diretto per ricordare senza parole, per insegnare senza lezioni, per lasciare un segno che resista al tempo.

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