CA…LCI NOSTRI | Poker, crisi Akragas e quelli che «la Reggina deve vincere il campionato altrimenti la stagione è un fallimento»
Si sprecano i ragionamenti filosofici attorno alla cronaca sportiva. Ma l’obiettivo non doveva essere lasciare questa categoria?

C’era bisogno di una scossa, e quattro gol fuori casa sono un buon segnale. Serviva una dimostrazione di compattezza, e vedere la squadra stringersi dopo ogni gol lascia pochi dubbi. E poi era necessario fare capire al Siracusa (e al resto del campionato) che, per usare le parole del capitano, “qui non si molla proprio niente”. Il segnale è arrivato, ora continuiamo a vincere.
Le speranze di promozione sono diminuite sensibilmente dopo domenica scorsa, ma i punti in gioco sono ancora tanti e gli scontri diretti, in caso di arrivo alla pari, valgono come i vecchi punti della Mira Lanza. Di punti (veri) invece ne serviranno tanti, perché la media di quelli raccolti a fine campionato potrà servire in caso di ripescaggio. E chissenè di quelli che storcono il naso, che la Reggina deve vincere il campionato altrimenti la stagione sarebbe un fallimento: fate pace col cervello, che qui la priorità è una sola, lasciare questo campionato il più in fretta possibile.
Ad Agrigento, pare, stia per saltare il banco. Sportivamente mi dispiace, ma la cosa potrebbe tornarci pure utile e poi siamo in debito dall’anno scorso per quanto successo dopo il ritiro del Lamezia a campionato in corso (altra memorabile medaglia che l’innominabile sempre abbronzato, che neanche Carlo Conti, potrebbe appizzarsi sul petto): non so voi, ma dopo due fallimenti in 10 anni, io sono diventato molto più cinico e se una squadra si ritira e posso guadagnare due punti sulla mia rivale per abbandonare questo inferno, mi rifugio nella saggezza popolare: chi muore giace, chi vive si dà pace.
A proposito di fallimenti e innominabili. L’Asp di Reggio ha chiuso i bilanci che mancavano con una “magaria” contabile che ha consentito all’azienda di prendere per buona anche la “contabilità orale”, quella cioè che non ha uno straccio di pezza d’appoggio scritta. E chi se ne frega dei miliardi buttati nel tempo. A saperlo prima potevamo chiedere il commissariamento del lametino sorridente e alla Covisoc avremmo potuto presentare un foglio bianco con la scritta “è pavatu”. (Barney p)