mercoledì,Maggio 14 2025

Serie D, una categoria che non regge più il peso delle grandi piazze

Il viaggio nel dilettantismo è una storia di orgoglio e resistenza, ma il calcio italiano non può continuare a ignorare le sue città simbolo

Serie D, una categoria che non regge più il peso delle grandi piazze

Il cammino della Reggina in Serie D è lo specchio di una categoria che necessita urgentemente di una riforma profonda. Trasferte infinite, impianti inadeguati, strutture che allontanano la gente dal calcio. Non è più solo una questione sportiva: è un’emergenza culturale e sociale.

La Serie D, oggi, è una categoria che deve essere completamente riconsiderata. Lo dicono i fatti, lo gridano i numeri e le storie delle società che, negli ultimi anni anzi, ormai decenni, sono state costrette a ripartire da qui, dal calcio “dei dilettanti”. È successo al Bari, a Palermo, a Catania, alla Salernitana. È successo, oggi, alla Reggina.

Ma il problema non è solo la discesa sportiva, è ciò che si incontra strada facendo. Perché questa non è una categoria pronta ad accogliere piazze con storia, tifoserie calde e strutture mediatiche consolidate. La Serie D, soprattutto nei gironi del Sud, va rifondata. Infrastrutture precarie, stadi fatiscenti, sale stampa impietose, ambienti spesso ostili: tutto questo rende il viaggio di chi prova a risalire un incubo ad occhi aperti.

Il percorso della Reggina in questo campionato ne è l’esempio più lampante. Oltre ai tanti chilometri percorsi, la squadra ha portato con sé l’identità di una città e di una tifoseria che rappresenta un’intera provincia. Ma è stata costretta a confrontarsi con contesti indegni del proprio nome: da strutture inadeguate a realtà in cui anche solo raccontare una partita diventa difficile, se non impossibile.

E non è solo questione di professionismo. È questione di dignità sportiva. Di rispetto verso un popolo e una storia. Il calcio deve avvicinarsi alle persone, non allontanarle. Eppure, andare allo stadio in queste condizioni per una famiglia, per un bambino è diventato proibitivo. Come si può crescere una nuova generazione di tifosi, se il calcio viene confinato in ambienti disagevoli, lontani, talvolta ostili?

La Reggina deve vincere e lasciare questa categoria, su questo non ci sono dubbi. Ma la questione va oltre: la Serie D, così com’è, non è più sostenibile. Va riformata, riorganizzata, ridisegnata su basi più solide e umane. Perché il calcio è della gente. E non può continuare a vivere lontano da essa.

Non è più tempo di adattarsi. È tempo di cambiare. Il calcio italiano non può permettersi di perdere le sue piazze storiche tra le crepe di una categoria che non funziona. La Serie D va rifondata, per il bene del calcio e per il rispetto di chi lo vive ogni giorno, sui campi e sugli spalti. Reggio Calabria e città come la sua, non meritano più questo silenzioso abbandono.

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