CA…LCI NOSTRI | Le battaglie non sono finite, ed ognuno… che tifi il cucuzzolo che vuole
Dopo le fatiche di Locri, e le feste pasquali, bisogna non perdere la concentrazione e rimboccarsi nuovamente le maniche per lo sprint finale

di Barney p – Mamma mia che fatica. La nostra sugli spalti e quella dei ragazzi in amaranto sul terreno di gioco. Dopo l’ennesima battaglia vinta sul filo dei nervi ne mancano ancora due al traguardo e, per quanto difficile, niente è ancora compromesso.
Certo se al Siracusa smettessero di dare rigori a centrocampo e di annullare gol regolari alle sue avversarie, la salita potrebbe essere meno ripida. In attesa che anche a noi concedano un rigore (l’ultimo in nostro favore risale al tardo medio evo credo) non ci resta che tornare ad abbassare la testa e rimettersi a spingere senza perderla, la testa. La mancata reazione di Capomaggio allo sputo di Aquino (che tristezza) è un buon segnale, soprattutto ora che le energie sono arrivate al limite della riserva.
Diciamoci la verità: con questa storia del Locri e dei suoi pochi tifosi (che chiamarli ultras è una forzatura) innamorati della squadra sul cozzo ventoso, ci siamo fatti prendere un po’ la mano. In queste giornate infarcite di mangiate al limite della resistenza umana, quel lenzuolo che inneggiava al Catanzaro ha bloccato più di una digestione, provocando in città reazioni andate dalla “lesa maestà” alle accuse di tradimento territoriale. Anche meno, grazie. Per come la vedo io la passione per una squadra di calcio prescinde dalle coordinate geografiche e se a Locri c’è qualcuno che ha sposato la causa di quelli là, saranno problemi suoi.
D’altronde se ci siamo abituati ai calabresi che tafazzianamente votano Salvini, perché scandalizzarsi per una decina di locresi che, praticando l’autolesionismo pallonaro, si schierano per i giallorossi di montagna. A me più che altro ha fatto ridere il coro “Locri e provincia”, quello si, veramente esilarante. Provate a dirlo a un sidernese, o a un cauloniese o a un africoto: sai le risate.