Il racconto calcistico di Toti Porcino è una dichiarazione d’amore: «Questa sarà l’ultima maglia della mia carriera»
Dalle lacrime per il gol al Messina all’amore tramandato dal nonno, Porcino racconta una regginità che va oltre il calcio

Toti Porcino non è solo un calciatore della Reggina. È un figlio di Reggio, un uomo che incarna pienamente il significato di regginità. La sua recente intervista sui canali ufficiali del club, intitolata «Reggina o niente», è molto più di un racconto calcistico: è una dichiarazione d’amore, un inno all’identità amaranto. Un sentimento profondo che lega il numero 7 al popolo della Sud come un filo invisibile, ma indissolubile.
«Il Sant’Agata è casa mia. Ci ho passato 20 anni. È casa». Bastano queste parole per comprendere che Toti Porcino non vive semplicemente la Reggina: la sente scorrere nel sangue, la respira ogni giorno. La sua storia personale si fonde con quella del club, in un intreccio di emozioni, ricordi e promesse mantenute.
Il momento più iconico? Quel gol contro il Messina nella stagione 2016-2017. Un’esplosione di emozioni che ancora oggi porta tatuata sulla pelle, insieme al volto del nonno Giovanni, figura chiave nella sua vita e nella sua passione per la Reggina. «Sembrava tutto scritto, bellissimo. Sono scoppiato a piangere per quel gol sotto la curva». È lì che il calcio si fa poesia, ed è lì che la curva ha visto, ancora una volta, un uomo giocare per amore.
Porcino non parla da calciatore di passaggio. Parla da reggino vero, da figlio di una terra che ama e che non vuole lasciare. «Da Reggio non voglio più andare via, questa sarà l’ultima maglia della mia carriera».
Un’affermazione che vibra di orgoglio e che rappresenta uno dei rari esempi di fedeltà autentica nel calcio moderno.
L’intervista a Porcino non è solo il ritratto di un calciatore, ma l’immagine viva di ciò che oggi rappresenta la Reggina. Un club che, dopo tante vicissitudini, sta ritrovando nella passione dei suoi uomini e nell’amore della curva una nuova identità.
Toti Porcino è il simbolo di questa rinascita. Un tutt’uno con la maglia, con il Sant’Agata, con il Granillo e con chi, ogni domenica, canta «È amaranto il sangue che c’è in me».
La Reggina oggi ha un volto e quel volto è profondamente, visceralmente, reggino.