Dai derby dello Stretto in Serie A al labirinto del marchio: Messina cerca la sua identità
Un tempo accendevano il Sud con sfide da brividi contro la Reggina. Oggi il Messina lotta per sopravvivere tra debiti, marchi contesi e nuove società

Erano i tempi delle sfide epiche tra Reggina e Messina, due città separate dallo Stretto ma unite da una rivalità feroce che in Serie A si consumava sotto i riflettori di tutta Italia. Oggi, mentre la Reggina prova a ricostruirsi, il Messina è al centro di un complicato percorso societario, tra il rischio che il titolo sportivo svanisca e nuove manovre per preservarne nome e tradizione. Un caso emblematico delle difficoltà enormi che oggi vive chi vuole fare calcio al Sud.
Reggina‑Messina era un confronto viscerale, una sfida tra due comunità fiere e appassionate. Ogni derby illuminava voci, pelle e orgoglio di un intero Sud. Oggi quei momenti sono ricordi dolorosi, perché mentre la Reggina cerca una nuova partenza, il Messina rischia di non assicurarsi nemmeno un posto in Serie D, riflesso di una fragilità strutturale che attanaglia molte piazze meridionali.
Il nodo della vicenda oggi non è solo societario, ma profondamente simbolico. AAD Invest Group detiene circa l’80 % delle quote dell’Acr e può vantare lo storico “scudetto” dell’era Sciotto. Tuttavia non possiede il marchio integrale “Associazioni Calcio Riunite Messina”.
In questi giorni, la neocostituita Società Cooperativa Calcio Messina ha registrato ufficialmente presso l’Ufficio Brevetti il marchio, denominativo e figurativo, «Associazioni Calcio Riunite Messina». L’obiettivo dichiarato: proteggere la storia, l’identità e la passione autentica della città, e offrire un brand credibile a chi intende rilanciare il Messina con serietà, trasparenza e sostenibilità. Una mossa che sposta in avanti la posta in gioco: ora il brand, nome e logo, è nelle mani della Cooperativa e non dell’attuale proprietà, pronta ad accoglierlo chi presenterà un progetto serio.
Da parte sua, l’Acr Messina è stretta dalla crisi finanziaria: penalizzazione di 14 punti e scadenze federali (iscrizione entro il 10 luglio). Al momento mancano investitori credibili, e resta l’incognita che il titolo sportivo possa svanire, se non arriveranno soluzioni rapide e credibili.
Mentre l’Acr arranca, prende slancio il progetto del Città di Sant’Agata: retrocesso in Eccellenza, il club ha avviato nelle scorse settimane le pratiche notarili per trasferire a Messina il proprio titolo sportivo con nomi ipotizzati come “Messina 1947” o “AC Messina” con la speranza di poter ripartire in qualche modo dalla Serie D.
Il presidente Maximiliano Sosa ha guidato questo percorso grazie all’intesa con il notaio Magno, mentre il sindaco di Sant’Agata esprime preoccupazione per come l’operazione si sia concretizzata e per il futuro della propria comunità. La Cooperativa metterebbe a disposizione il marchio per il progetto. Ma restano molte incognite: ci sarà accoglienza tra i tifosi? Si riuscirà a ottenere un ripescaggio in D? Si riusciranno a evitare divisioni tra due squadre?
Il caso Messina è la fotografia di quanto sia oggi difficile avviare un progetto calcistico sostenibile al Sud: burocrazia, fidejussioni, debiti incalcolabili, strutture fragili e investitori spesso assenti. Tuttavia, la nascita della Cooperativa e il trasferimento del titolo del Sant’Agata dimostrano che c’è chi ancora vuole crederci, provando a gettare solide basi per un futuro duraturo.
Messina vive un bivio storico: da una parte la società storica ACR, appesantita dai debiti e indietro nei tempi per l’iscrizione; dall’altra, un progetto alternativo, nuovo ma portatore di energia e di un marchio protetto. Tra loghi, penalizzazioni, trasferimenti e speranze, resta una domanda: quale progetto avrà la capacità, le risorse e il sostegno della città per far rivivere davvero il calcio sui palcoscenici che contano? Un rebus tutto peloritano.
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