mercoledì,Aprile 23 2025

Reggio, Alberto Angela: «Il Mediterraneo, uno straordinario catalizzatore dello sviluppo umano in Europa» – VIDEO

Il paleontologo e divulgatore scientifico, oggi insignito della laurea honoris causa in Scienze Forestali e Ambientali, ha dedicato al "Mare Nostrum" la sua lectio Magistralis invocando «un percorso di responsabilità comune per proteggerlo»

Reggio, Alberto Angela: «Il Mediterraneo, uno straordinario catalizzatore dello sviluppo umano in Europa» – VIDEO

«Il Mediterraneo è un libro immenso di cui abbiamo iniziato a leggere solo le prime righe. È come un cortile abbastanza grande per permettere a popoli civiltà di fiorire in modo indipendente ma anche abbastanza piccolo per riuscire a farli dialogare con il commercio, lo scambio, l’incontro delle menti e quindi la creazione della conoscenza, a volte anche con le guerre. È un grande teatro, una grande piazza. Tutte le città hanno una grande piazza in cui le persone si incontrano. Il Mediterraneo è stato e deve rimanere un luogo incontro. Credo che i Bronzi di Riace, che vivono non a caso qui a Reggio dove insiste uno dei più importanti musei archeologici del mondo, siano ambasciatori di questa antica e comune origine culturale».

“Mare nostrum” è stato il tema che il paleontologo e divulgatore scientifico, figlio d’arte, Alberto Angela, ha scelto per la lectio magistralis tenuta questa mattina nella gremita aula magna Antonio Quistelli dell’università Mediterranea di Reggio Calabria. Ha dunque disquisito sulla millenaria storia del Mediterraneo e sulla ricchezza da fin dall’antichità permea la nostra identità prima di essere insignito dal rettore Giuseppe Zimbalatti della laurea honoris causa in Scienze forestali e ambientali, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2024/2025.

Il fascino della storia antica che continua a parlarci ha trasudato dalle parole di Alberto Angela che anche in questa occasione è riuscito a condurre la platea in un viaggio emozionante nel passato. Una storia che continua a interrogarci e alla quale, per poter rispondere e così vivere con responsabilità il presente e guardare con speranza al futuro, occorre innanzitutto la conoscenza. Essa è la porta di accesso a ogni possibilità di cambiamento, che allo stato attuale delle cose, risulta essere urgente.

La storia mediterranea del nostro alfabeto

«Degli scambi e dei commerci troviamo tracce nei reperti archeologici ma, a me piace, ricordare anche le origini del nostro alfabeto. Ogni lettera ha una storia mediterranea straordinaria che abbraccia i fenici, gli egizi, i greci. I Fenici chiamavano la Testa di un bue Alef che poi è diventato Alfa per i greci fino ad arrivare alla nostra A. In ogni singola lettera c’è una migrazione culturale incredibile che in realtà si mostra anche ogni volta che si digita sul telefonino. Questo testimonia quanto questo passamano, questa staffetta culturale, avvenuti perché c’era questa piazza del Mediterraneo, abbia lasciato segni ancora oggi nella nostra vita quotidiana, nella nostra identità più profonda».

Mediterraneo da fucina di civiltà a cimitero

Di questa identità occorre recuperare essenza e responsabilità. In un frangente preoccupante in cui nel cuore dell’Europa e in Medioriente soffiano violente, forti e insistenti venti di guerra, la narrazione del Mediterraneo come luogo di incontro e di scambi, come fucina culturale capace di plasmare civiltà, seppure in passato anche teatro di guerre, suggerisce prospettive ancora possibili.

Suggerisce, altresì, riflessioni profonde e nuovi interrogativi su come quello stesso luogo possa oggi essere anche scenario del dramma della migrazione, un cimitero di sempre più drammatiche proporzioni, possa essere non più luogo di libera circolazione ma area soggetta a confini anche invalicabili. Suggerisce, anzi forse impone, la necessità che tra i popoli vi siano scambi e unioni di menti, non prevaricazioni e sopraffazione capaci solo di impoverire e indurre chi abita intere aree che a esso afferiscono a migrare altrove in cerca di dignità e di una possibilità di libertà. L‘intensa testimonianza del giovane Winner Ozekhome si è posta nel solco di questa necessaria consapevolezza.

Il Mediterraneo è stato ed è un centro al quale, oggi occorre guardare con gli occhi di un passato che potrebbe liberarci da un presente in cui abbiamo dimenticato da dove veniamo per proiettarci in un futuro di benessere possibile, solo se condiviso ed equamente distribuito.

Il grande mare per i Greci e il centro di tutto per i Romani

«Il Mediterraneo è stato sempre uno straordinario catalizzatore dello sviluppo umano in Europa. Il grande mare per i Greci, le acque interne rispetto a quelle esterne dell’oceano per Erodoto, il punto attorno al quale ruota tutto per i Romani per i quali, non a caso, centrali erano le città portuali dove il mercato non era solo uno scambio di merci ma una unione di menti, una fusione del meglio. Perchè è unendo le menti che nasce la conoscenza. Menti che vengono da luoghi diversi possono affrontare e superare problemi comuni. Questo vale sempre. Dunque nella collaborazione, nel contatto e nella rete con altre realtà, si affronta il presente con i suoi problemi locali ma senza dimenticata le questioni più grandi. Così ci si preparava e occorre in ogni epoca prepararsi al futuro.

Noi abbiamo questo passato, noi siamo questo e occorre conoscerlo e riconoscerlo. Gli altri paesi non hanno tutto questo. Noi abbiamo 3000 anni di civiltà che ci bisbigliano all’orecchio, ci consigliano nella vita quotidiana. Basti pensare ai proverbi, alle abitudini alimentari. Quella saggezza è la nostra identità culturale che è fatta di mille nazioni, la nostra vera forza che viene dal passato per proiettarci verso il futuro che non sarà facile».

Il Mediterraneo e l’Europa di ieri e di oggi

Una sfida difficile che abbraccia tutta l’Europa che, però, oggi ha portato più a nord del Mediterraneo quel centro, quel cuore pulsante. Forse anche l’Europa, che oggi evidentemente fa fatica a comprendere e a difendere adeguatamente il Mediterraneo, dovesse riscoprirne il ruolo e imparare dalla sua storia, non attraverso sterili proclami ma con azioni e politiche in grado di incidere.

Per i Romani, questo “mare nostrum” è stato leva sulla quale erigere e alimentare un impero. Quello stesso mare, prima ancora, per i Greci, popolo antico ma capace però di plasmare capolavori come i Bronzi, fu attraversato per creare le colonie della Grande Grecia e, così, nell’incontro, “inventare” la democrazia e infiniti campi del sapere.

Eppure era un popolo antico, certamente non con i mezzi tecnologici di cui disponiamo oggi, nel quale dobbiamo riconoscere le nostre radici e dal quale dobbiamo riconoscere la necessità di imparare. Senza se e senza ma. E quindi in qualche misura siamo tutte e tutti Ulisse, in viaggio verso l’ignoto che è il futuro, con la sola certezza di ciò che siamo, con i soli mezzi della nostra conoscenza.

Il viaggio moderno di Ulisse

«È il passato che aiuta a capire il presente e dà gli strumenti per affrontare il futuro perché le dinamiche umane sono sempre state le stesse, sono cambiate le tecnologie ma alla fine l’uomo rimane uomo e la donna rimane donna nel corso dei secoli. Per questo conoscere il passato, e conoscere in generale, nutrire una mente aperta come fanno la scuola e l’università danno gli strumenti migliori per affrontare un futuro che è ignoto. Ulisse con l’ingegno è riuscito a superare l’ignoto. Anche noi abbiamo cominciato il viaggio di Ulisse, sperando che il nostro sia più breve. Questo ci metterà di fronte a tanti problemi ma sicuramente solo con l’ingegno, la conoscenza e, anche a volte, l’improvvisazione ma sempre basata sull’esperienza riusciremo ad affrontare crisi climatiche problemi demografici. L’Italia al centro del Mediterraneo soprattutto dovrà per forza giocare un ruolo importante ma lo dovrà fare con la saggezza del passato e il buon senso del presente».

Una ritrovata appartenenza al Mediterraneo

«Un viaggio al quale occorre prepararsi al meglio ma insieme perchè questo nostro Mediterraneo va gestito in modo legale, va difeso. Un grande museo subacqueo, come il ritrovamento dei Bronzi ha dimostrato, ma anche uno scrigno prezioso di biodiversità. Un ecosistema unico che ha prodotto anche la Dieta Mediterranea, favorendo la salute, e che noi abbiamo in casa da millenni. Una fortuna, una eredità preziosa che va protetta.

A minacciare questo inestimabile patrimonio anche il cambiamento climatico, l’inquinamento che possono compromettere i respiri spontanei della natura come la pesca eccessiva causa la scomparsa di specie marine. Occorre dunque riappropriarsi del Mediterraneo, non come oggetto di possesso ma coltivando l’appartenenza che genera responsabilità, mettendo al servizio della sua salvaguardia quell’unione di menti che genera conoscenza e di cui lo stesso Mediterraneo è stato linfa vitale. Un percorso comune dunque – ha concluso Alberto Angela – che sia condivisione della responsabilità per la sua protezione».

E allora come si protegge questo nostro Mediterraneo?

Il Mar Mediterraneo lambisce tre continenti, Europa, Nordafrica e Asia occidentale, anche se è una mare interno dell’Oceano Atlantico. La sua ricca geografia è certamente all’altezza della sua storia millenaria dove Mediterraneo è stato uno dei nomi con cui è stato appellato, non l’unico ma quello arrivato fino ai giorni nostri. La sua etimologia è stata richiamata, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico da Isabella Scardino, presidente del Consiglio degli Studenti come «derivante dalla parola latina mediterraneus, che significa ‘in mezzo alle terre’».

Un mare in mezzo alle terre la cui dimensione ha oggi inevitabilmente assunto le dimensioni globali ma di cui è nostro compito reclamare la sua identità antica. E se Europa siamo oggi, questa identità, per addizione e mai per sottrazione, concorra a proteggere questo Mediterraneo da chi ancora tira il freno di una economia che valorizzi i prodotti dell’area, da chi traffica esseri umani- e non da chi lo attraversa per sopravvivere– da chi lo depreda e lo viola mettendo a repentaglio l’ambiente e l’ecosistema dal quale dipende integralmente e radicalmente il nostro futuro.



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