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A Reggio “Le tre vite di Lisa”, i genitori: «Nostra figlia morta dopo un trapianto di midollo osseo» – VIDEO

Aveva 17 anni quando è deceduta nel 2020 al Bambino Gesù di Roma. Maurizio Federico e Margherita Eichberg, che torna in riva allo Stretto fu sovrintendente ai Beni Archeologici e paesaggistici, raccontano la storia della figlia. Invocano giustizia, battendosi una sanità pubblica di qualità per gli adolescenti

A Reggio “Le tre vite di Lisa”, i genitori: «Nostra figlia morta dopo un trapianto di midollo osseo» – VIDEO

«Lisa resta e resterà sempre nella nostra vita, come resta nel ricordo della comunità di Reggio dove veniva con la madre Margherita che qui ha lavorato. Anche qui è rimasta nel cuore di tutti. Per quanto mi riguarda non è descrivibile quello che può lasciare una figlia in un padre».

Un legame profondo e indescrivibile unirà per sempre papà Maurizio e mamma Margherita alla figlia Lisa andata via davvero troppo presto. Una morte prematura e tragica quando aveva solo 17 anni, nel 2020, ed era ricoverata all’ospedale Bambino Gesù di Roma. Una morte e rispetto alla quale i genitori, dopo avere scoperto una verità grave e dolorosa e averla denunciata alle autorità, stanno chiedendo giustizia.

Mentre attendono, raccontano la storia di Lisa, nata in Ucraina, adottata quando di anni ne aveva 5, e vissuta a Roma. Maurizio Federico e Margherita Eichberg, già sovrintendente dei Beni Architettonici e Paesaggistici di Reggio e Vibo, lo fanno attraverso il libro che hanno scritto: “Le tre vite di Lisa. Liberata dall’inferno in Ucraina, inghiottita nelle fauci dell’eccellenza sanitaria italiana”.

Il volume è stato presentato anche Reggio nella sala conferenze del Museo archeologico nazionale. Tre, dunque, le vite di Lisa: la prima in Ucraina che lasciato da bambina per arrivare in Italia ed essere adottata, dopo un procedimento complesso e non senza ostacoli;  la seconda a Roma e la terza quella alimentata dai genitori, ostinati e caparbi battaglieri che del suo ricordo hanno fatto un impegno per la verità e la giustizia. E anche un impegno per scardinare, evidentemente, un potere che minaccia la vita, la salute e il diritto alle cure, restituire valore alla sanità pediatrica pubblica, vera garanzia per tutti.

L’incontro, moderato dal giornalista Giorgio Neri, nato dalla collaborazione tra l’Associazione AgediAccademia Calabra, e l’Associazione Lisa (Lottiamo insieme per la sanità degli adolescenti) si è pregiato anche degli interventi di Fabrizio Sudano, direttore del Museo archeologico nazionale, Adriana Comi, dell’associazione Agedi, di Giacomo Saccomanno, avvocato che ha raccontato la storia analoga del nipotino, suo omonimo, morto nel 2019 dopo un calvario sanitario.

«In attesa di giustizia, diffondiamo il ricordo di Lisa»

«Ogni cittadino deve credere nella giustizia – sottolinea il padre Maurizio Federico – ma noi non so se l’avremo. Abbiamo sporto denuncia e le indagini si sono concluse. Dei cinque punti critici (preparazione al trapianto troppo aggressiva, donazione quantitativamente insufficiente, nessuna considerazione per il fratello Bogdan potenziale donatore di riserva, assenza di una donazione di riserva, globuli rossi di gruppo sanguigno incompatibile) del trattamento sanitario somministrato a Lisa all’ospedale Bambino Gesù di Roma indicati da un perito coraggioso e indipendente, oggi ne sono rimasti due. Siamo in attesa che il gup decida se rinviare o meno due medici a giudizio. Intanto continua la nostra attività di testimonianza che tiene viva per noi e per chi vuole accoglierci e accompagnarci, nostra figlia Lisa».

Il calvario di Lisa, il dolore e la morte

Maurizio e Margherita invocano ascolto per la verità che hanno scoperto e giustizia per la figlia che avrebbe potuto salvarsi. Invocano anche trasparenza e una sanità che, non dimenticando di curare le persone, non sia assorbita da altri obiettivi, Quanto successo a Lisa, e non solo a lei, non deve più ripetersi. «Lisa soffriva di una malattia autoimmune che si è deciso di curare con un trapianto di midollo osseo.

Arrivato da una donatrice tedesca, è stata praticata l‘infusione di tutta la sacca nonostante fosse piena di globuli rossi incompatibili (come il sangue della donatrice) con il sangue di Lisa. Al Bambino Gesù – racconta ancora papà Maurizio – hanno deciso comunque di infonderla tutta. Lisa è andata in emolisi acuta grave e ha sviluppato contestualmente una polmonite che non è stata diagnosticata come tale. È morta – racconta papà Maurizio – dopo 16 giorni di agonia e dolori fortissimi».

Il trapianto senza precauzioni

Il racconto del calvario della giovane è essenziale per comprendere la battaglia dei genitori e i significati di cui si è riempita. «Di una sanità privata ed extra territoriale è stata vittima nostra figlia. Al Bambino Gesù – spiega mamma Margherita – non si paga ma pagano le nostre Regioni e senza poter controllare le prestazioni che vengono erogate, le terapie che vengono scelte dai medici. Più sono rischiose, più sono remunerative magari adottate perché previsto in qualche pratica sperimentale.

La sanità pubblica, invece, è quella che non persegue il profitto e garantisce cautela e prudenza nella scelta della terapia. I nostri figli hanno diritto a essere trattati con accortezza, con cautela, con prudenza e con rispetto. Mia figlia è deceduta quattro mesi e mezzo dopo la comparsa del primo sintomo, un grosso livido rimediato dopo essere caduta dal monopattino. In quell’occasione è stata scoperta la malattia ematologica.

Ricoverata per accertamenti, è rimasta lì per 52 giorni, nonostante non fosse malata oncologica nè affetta da leucemia. Noi abitiamo ad 1,3 km dal Bambino in Gesù. Non c’era motivo, dunque, per cui mia figlia non fosse seguita in day-hospital. Invece è stata trattenuta – spiega ancora mamma Margherita – in maniera strategica per poterci indirizzare, dopo averci terrorizzato, verso la scelta maggiormente rischiosa per lei ma maggiormente redditizia per l’ospedale, ovvero il trapianto di midollo osseo. Questo è stato praticato, infatti, senza le minime cautele e senza un piano B. Un piano di riserva che non avevano voluto predisporlo perché per loro, purtroppo abbiamo scoperto, i nostri figli sono numeri, sono casi, sono soldi e sperimentazione».

Per Lisa e per la rinascita della sanità pedriatrica pubblica

Un dolore che non passa e che i genitori di Lisa sono riusciti a trasformare anche in impegno.

«Dobbiamo scardinare questo potere, questo monopolio e creare l’alternativa pubblica per far in modo che tutti possano scegliere dove curarsi. La qualità del servizio pubblico deve tornare ad essere alta. Deve rinascere la pediatria pubblica. Pensate che a Roma non esistevano alternative, in campo ematologico e oncoematologico e addirittura oncologico, alla sanità cattolica pediatrica. C’erano solo il bambino Gesù e di Gemelli, che per altro sono legati da un patto di non belligeranza e il Bambino Gesù si è appropriato di diverse patologie.

Per fortuna da qualche mese ha riaperto il reparto, che era stato chiuso a marzo del 2020, di ematologia pediatrica all’Umberto I e stanno già predisponendo, con una bella donazione della fondazione Roma, perché riapra tra un anno circa il day-hospital. L’ospedale Umberto I – spiega ancora mamma Margherita – ha anche un’ottima chirurgia pediatrica, con sale operatorie nuovissime, inaugurate lo scorso 4 luglio. Ha anche una serie di altre specialità, cura per esempio come la sindrome viene definita dei bambini dalle Ossa di cristallo che soltanto lì viene curata. Eppure sono informazioni che non si conoscono perchè anche la narrazione dei media è rivolta soltanto all’ospedale del Gianicolo, al Bambino Gesù. A Roma, poi, c’è anche il San Camillo».

La borsa di studio per l’Umberto I

«Noi adesso siamo impegnati nella raccolta fondi per una borsa di studio in aiuto dell’Umberto I per consentire un uso continuativo dell’elettroencefalografico portatile. La coperta è sempre troppo corta così ci è stato suggerito di finanziare una borsa di studio per consentire al radiologo di potersi alternare con un giovane borsista». Così conclude mamma Margherita.

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