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“Aramen & Stannum”, viaggio tra i corpi che il mare salva e quelli che dimentica. A teatro, i Bronzi diventano specchio dell’umanità smarrita – VIDEO

Dal Teatro Primo di Villa San Giovanni, uno spettacolo che intreccia mito e tragedia per parlare di identità negate, migranti invisibili e memoria collettiva

“Aramen & Stannum”, viaggio tra i corpi che il mare salva e quelli che dimentica. A teatro, i Bronzi diventano specchio dell’umanità smarrita – VIDEO

Dal fondo del mare emergono statue celebrate, avvolte da riflettori e orgoglio. Linee perfette, muscoli eterni, bronzo che incanta. Ma quello stesso mare, con la stessa indifferenza, restituisce anche corpi che nessuno aspettava, che nessuno cerca. Nessun nome inciso, nessuna sala climatizzata, nessuna memoria da esibire.

È da questo scarto brutale tra la bellezza salvata e l’umanità dimenticata che nasce Aramen & Stannum – O del dì-saggio degli Dei, spettacolo che affonda le mani nella mitologia per sollevare una domanda attuale, scomoda, urgente. Perché se i Bronzi di Riace sono oggi simboli, reliquie quasi divine, chi erano prima di diventare bronzo? Guerrieri? Esuli? Naufraghi di un tempo senza tempo?

Lo sguardo visionario di Domenico Loddo, la regia mobile e pensante di Christian Maria Parisi, due interpreti come Silvana Luppino e Domenico Canale capaci di trasformarsi senza sosta. È questa la forza che ha portato in scena Aramen & Stannum – O del dì-saggio degli Dei, produzione originale di Teatro Primo, presentata domenica 30 marzo come evento fuori cartellone della rassegna di drammaturgia contemporanea al Teatro Primo di Villa San Giovanni.

Un titolo che già nel suono evoca metalli antichi – Aramen, rame, e Stannum, stagno – e che si carica di senso nel momento in cui quelle leghe diventano Bronzo, materia viva, corpo e memoria, simbolo e rovina. Una storia che non resta mai in un solo tempo, ma viaggia: tra i secoli, tra le identità, tra i continenti.

La scrittura scenica procede per quadri, in un’alternanza continua tra linguaggi e registri. Si passa dalla notte tagliente di un ritrovamento in mare – dove quei corpi potrebbero essere i Bronzi o semplicemente altri naufraghi – a un quiz surreale e comico sui Bronzi di Riace, fino a un duello grottesco tra due politici caricaturali, fasciati in giacche luccicanti, emblemi dell’opportunismo linguistico e dell’assenza di etica che attraversa la politica contemporanea. Le divinità stanche e un Apollo cantautore compaiono sul finire, mentre gli interrogativi si stringono attorno a un’unica questione: chi siamo quando perdiamo il nostro nome?

È qui che Aramen & Stannum mostra tutta la sua urgenza. Perché il parallelo con i Bronzi di Riace non è un gioco teatrale, ma una riflessione profonda su ciò che scegliamo di ricordare e ciò che, invece, lasciamo affondare. Se quelle statue, oggi custodite e celebrate, furono un tempo corpi anonimi e dimenticati, allora anche i migranti che giacciono nei fondali hanno, o avrebbero, un volto, una storia, una dignità. Ma non sempre il mare restituisce alla luce con la stessa benevolenza.

Lo spettacolo ha parlato anche ai ragazzi, e forse ha parlato proprio meglio ai ragazzi. Durante le matinée scolastiche, tanti di loro hanno scoperto i Bronzi per la prima volta, non sui libri, ma attraverso la scena, la musica, la carne viva del teatro. Alcuni hanno confessato di non essere mai stati al Museo di Reggio Calabria, altri – uscendo dalla sala – hanno detto con meraviglia: «Devo andarli a vedere. Assolutamente».

L’emozione e lo stupore si sono mescolati al bisogno di capire, di sapere, di connettersi a qualcosa che sembrava distante. E che invece, messo in scena così, parlava direttamente a loro. Come se quei due corpi di bronzo, immobili da secoli, avessero trovato il modo di farsi ascoltare da chi finora non li aveva mai nemmeno incrociati.

«Aramen e Stannum sono stranieri – racconta Silvana Luppino – nessuno conosce la loro origine, né il nome. Hanno attraversato spazio e tempo fino a finire nella dimenticanza. Sono un riflesso dei Bronzi di Riace, certo. Ma anche degli dèi naufraghi. Di chi arriva e non viene riconosciuto».

A tenerli in cammino, spesso, è la musica. Non una colonna sonora decorativa, ma una presenza viva, quasi un personaggio. «È una musica emotiva, anche rabbiosa» – spiega Domenico Canale – «perché ci sono viaggi in cui la rabbia è l’unica cosa che ti resta. La musica ti sostiene quando non hai più niente. È l’unico suono che resta nel silenzio del cammino».

E se i Bronzi celebrati servono a ricordare, allora anche il teatro può essere un luogo dove riattivare la memoria, rimettere insieme i pezzi, smettere di voltarsi dall’altra parte. «Abbiamo solo suggerito un parallelismo – aggiunge Luppino – ma chissà che non possa suggerirne anche altri. Per questo diciamo: andate al museo. Guardateli. Ascoltateli».

Dal mare, a volte, riemerge la bellezza. Altre volte, non riemerge nulla. Aramen & Stannum è il racconto di questa differenza, di quella soglia invisibile che decide chi sarà ricordato e chi resterà per sempre anonimo, nel buio degli abissi.

Ma forse, guardando in silenzio quei due corpi di bronzo, qualcosa può ancora muoversi. Un pensiero, un dubbio, una domanda che non avevamo il coraggio di farci. E allora sì, andate al museo. Ma portateci anche le domande. Quelle che il teatro, per una volta, ha saputo restituire meglio di qualunque spiegazione.

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