Erosione costiera, Putrino: «In Calabria fenomeno molto preoccupante»

È un fenomeno tutto italiano l’erosione costiera. Migliaia di chilometri di coste nel nostre Paese subiscono da anni una serie di attacchi. Perché, se da un lato è vero che dell’erosione esistono cause naturali e climatiche, anche la mano dell’uomo ha una forte  responsabilità. Ma com’è la situazione sulle coste reggine? Lo abbiamo chiesto ad un esperto, Domenico Putrino, vice presidente dell’Ordine dei geologi della Calabria.

Se guardiamo alla provincia reggina, quali sono le zone del litorale più provate?

«L’erosione delle coste italiane negli ultimi decenni ha raggiunto livelli di grave dissesto e, considerata la tendenza dei fenomeni, le prospettive non sono allettanti. Negli ultimi anni il quadro complessivo è peggiorato, come testimoniano anche le più recenti cronache. In Calabria il fenomeno è particolarmente preoccupante; se si escludono alcuni tratti di costa che, per condizioni morfologiche, risultano meno esposti a questi fenomeni (anche se non del tutto esenti), altre aree, come l’alto tirreno cosentino (pensiamo al tratto di costa tra Cetraro e Amantea, a Fuscaldo, così come al tratto di litorale tra Falerna e Nocera), il basso tirreno reggino (da Favazzina fino a Cannitello e Villa San Giovanni) e il basso ionio reggino (da Saline a Melito Porto Salvo) sono interessati, ormai da oltre un trentennio,  da un progressivo ma inesorabile fenomeno di arretramento della linea di costa.

Gli ultimi dati che emergono dal T.NEC 2018 (Tavolo Nazionale Erosione Costiera, protocollo siglato tra Ministero dell’Ambiente e Regioni per la difesa delle coste dall’erosione costiera) danno evidenza di almeno 200 km di coste basse interessate da fenomeni di arretramento della linea di costa negli ultimi 30 anni, con una perdita media di circa 25 metri di spiaggia che ha indirettamente prodotto un incremento delle coste alte e ridotto le aree fruibili dall’uomo».

Il peggioramento degli ultimi anni a quali cause è riconducibile?

Non vi è alcun dubbio che, a scale temporali ampie, la riduzione degli apporti di sedimenti da parte delle fiumare (che rappresentano la fonte prioritaria di ripascimento dei litorali e che, per vari motivi, oggi contribuiscono in modo del tutto irrisorio a “rimpiazzare” i sedimenti che si allontanano irrimediabilmente dalla costa), i fenomeni di subsidenza, l’incremento del livello marino e i cambiamenti climatici (che comportano eventi estremi e particolarmente intensi, con mareggiate che arrivano a superare l’intero ambito di spiaggia, fino ad interessare anche le porzioni più distali), sono corresponsabili dei gravi fenomeni che oggi interessano gran parte del globo – e quindi dei litorali della Calabria, sia ionica che tirrenica.

È bene sottolineare che, quantunque più imponenti e quasi sempre non controllabili dall’uomo, questi eventi sono del tutto minoritari rispetto agli effetti indotti dall’artificializzazione delle coste, con realizzazione di opere portuali, pennelli e massicciate rigide di protezione, barriere soffolte etc., oltre che di strutture e infrastrutture urbane che hanno modificato e artefatto un territorio fortemente dinamico e instabile (ambiente di “transizione”).

Pensiamo al porto di Saline Joniche, nella frazione del Comune di Montebello, classico esempio di opera portuale (mai entrata in funzione), più volte danneggiata dalle mareggiate e oggi completamente insabbiata. Essa è responsabile dei gravissimi fenomeni d’erosione che hanno interessato il tratto di costa sottoflutto, compreso tra Saline e Melito Porto Salvo. Analogo discorso per la spiaggia di Sant’Andrea Apostolo sullo Jonio, per il vicino porto di Badolato: questo ha portato, in pochi anni, a un arretramento della linea di costa di oltre 150 m, azzerando ampie fasce litorali. Ancora, in corrispondenza dei porti di Gioia Tauro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Corigliano e Crotone è tangibile la relazione tra infrastrutture portuali, insabbiamento e fenomeni erosivi nelle zone adiacenti sottoflutto.

A nulla o a poco sono valsi gli interventi “frettolosi” delle autorità competenti. Si assiste, in questi tratti di costa, a importanti fenomeni di erosione, con parziale o completo smantellamento a opera del moto ondoso delle opere realizzate.

Le problematiche di arretramento delle linee di costa dipendono, quindi, da fattori naturali e antropici – come subsidenza, variazioni del livello del mare, cambiamenti climatici, e riduzione di apporti solidi da parte dei corsi d’acqua. Tali effetti sono tuttavia fortemente amplificati dalla sconsiderata antropizzazione delle coste. Gli interventi di protezione/mitigazione del rischio d’erosione costiera (come le opere di protezione trasversali e longitudinali) hanno permesso di ottenere soltanto modesti risultati.

Il più delle volte, si è trattato di interventi di carattere locale, pensati per risolvere problematiche puntuali con carattere d’urgenza, e si sono rivelati insufficienti, inadeguati, o addirittura non idonei perché hanno causato ulteriori criticità nelle zone limitrofe, interferendo con il sistema naturale costiero, che è dinamico e molto sensibile ai cambiamenti. Di conseguenza, si sono osservati mutamenti a carattere stagionale o, più frequentemente, dopo eventi meteomarini anche modesti.

Che cosa è previsto per legge per contenere questo fenomeno e cosa viene realmente fatto?

In Calabria, nel 2016 è stato approvato dall’ex Autorità di Bacino della Calabria – oggi confluita nell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale (AdBDAM) – il Piano Stralcio Erosione Costiera (PSEC) e le relative Norme di Attuazione che disciplinano le aree soggette a pericolo di erosione/arretramento della linea di riva. Questi documenti rappresentano un riferimento normativo imprescindibile. Tra le finalità del PSEC, vi sono quelle di “assicurare la prevenzione dei pericoli di erosione e di inondazione da mareggiata… della pianificazione integrata della zona costiera e del controllo della qualità degli interventi…l’incolumità delle persone e delle attività economiche, l’integrità delle infrastrutture e delle opere pubbliche o di interesse pubblico…favorendo, al contempo, la fruizione pubblica e l’utilizzo turistico e ricreativo della fascia costiera…

È stato redatto il Master Plan degli interventi di mitigazione del rischio di erosione costiera in Calabria, e nel 2016 è stato approvato il PSEC. Questi rappresentano, oggi, lo strumento di riferimento in tema di erosione costiera e di salvaguardia delle coste. Gli interventi previsti dal Master Plan sono solo in minima parte realizzati, e poco altro si è fatto in attesa di questi.

Di recente, la Città Metropolitana di Reggio Calabria, settore Difesa del Suolo e Salvaguardia delle coste e del Mare, ha previsto l’obbligo di riutilizzare i sedimenti provenienti dalla sistemazione degli alvei per il ripascimento delle coste nell’ambito dei progetti di manutenzione delle fiumare – iniziativa questa meritevole di plauso, che potrà sortire un duplice effetto: quello di ridurre i rischi derivanti dalla ostruzione o riduzione delle sezioni degli alvei, con pericolo di alluvionamento delle aree prossime al reticolo idrografico, e contemporaneamente di alimentare i nostri litorali attraverso quegli stessi sedimenti che, in condizioni di deflusso normale e in assenza di opere in alveo, avrebbero raggiunto la costa, alimentando le spiagge.

C’è un’interlocuzione con le istituzioni per far fronte a peggioramenti?

Interlocuzioni dirette con le Istituzioni sono piuttosto limitate. La Regione Calabria non ha un vero e proprio Piano di Gestione Integrata delle Zone Costiere. Pertanto, si opera sulla base del Master Plan degli interventi di mitigazione del rischio di erosione costiera in Calabria, redatto dall’ex Autorità di Bacino Calabria, e del PSEC (Piano Stralcio Erosione Costiera), adottato dall’ABR nel 2016.

Il Master Plan prevedeva interventi importanti a tutela e a protezione delle coste. Esso è rimasto, in gran parte, inattuato e risulta, oggi, superato, non essendo rispondente alle realtà dei litorali. Tra l’altro, è basato esclusivamente sulla realizzazione di opere rigide (che, con il tempo,  si dimostrano spesso inadeguate) e su interventi di ripascimento.

Auspichiamo che l’AdBDAM provveda al più presto ad aggiornare il Master Plan, proponendo soluzioni alternative alla realizzazione di strutture rigide, e che le istituzioni preposte si attivino concretamente, aprendo un tavolo di concertazione sia con gli Ordini Professionali sia con le Istituzioni che operano a tutela e salvaguardia delle coste.

L’Ordine dei Geologi della Calabria e il Consiglio Nazionale dei Geologi, da tempo, hanno fatto presente che solo una programmazione oculata, basata su studi approfonditi a carattere interdisciplinare, può portare a una corretta gestione del territorio. Per comprendere i processi di erosione costiera, sono necessarie conoscenze interdisciplinari, in cui la competenza del geologo/geomorfologo risulta essenziale.

Risulta necessaria anche una corretta gestione della fascia di territorio interessata da questi fenomeni, in cui si generano instabilità diffuse che mettono a rischio l’incolumità delle persone e dei beni. Il punto di partenza non può che essere quello di coinvolgere le più ampie professionalità per individuare azioni comuni da attuare nella fascia costiera, facendo tesoro degli errori commessi e dei risultati ottenuti, nel rispetto e nella valorizzazione anche degli aspetti paesaggistici (si pensi alle fasce “dunali”, ormai completamente obliterate dalla diffusa cementificazione).

Le azioni dovrebbero essere coordinate a scala almeno regionale, senza dimenticare che la Calabria è una regione a forte propensione turistica, per cui la salvaguardia delle coste (e del mare) e la mitigazione dei fenomeni erosivi rappresenta un fondamentale elemento di tutela anche per degli interessi economici della collettività. Un simile approccio consentirebbe di fare programmazione a lungo termine (oggi ciò è improponibile, considerato il mutamento continuo delle zone costiere).

Che tipo di interventi sarebbero necessari?

Occorre riflettere seriamente sugli interventi più opportuni. Bisogna evitare che questi vengano decisi sulla base di esigenze “locali”, non prendendo in considerazione l’intero segmento costiero (unità fisiografica) e senza studiarne peculiarità e fattori causali. Non dobbiamo ridurci ad agire in “urgenza” per sopperire a situazioni di rischio incombente, innescate dai sempre più frequenti e devastanti fenomeni temporaleschi. Questi producono danni tanto più rilevanti quanto maggiore è l’esposizione della costa alle azioni del mare, e quanto più questa è antropizzata. Dovremmo prediligere progetti che mirano a ripristinare la “normale” dinamicità delle coste, che a luoghi sottrae e a luoghi concede, con variazioni anche importanti nel medio-lungo termine.

Si dovrebbero favorire i processi di ripascimento delle spiagge, prediligendo interventi di conservazione dei sedimenti, senza tuttavia precludere il “transito” di materiale movimentato dalle correnti marine, dal moto ondoso, dal vento, dalle maree. Bisognerebbe monitorare la dinamica costiera per analizzare in dettaglio il trasporto litoraneo delle sabbie, e favorire in tal modo anche una difesa naturale. Infine, bisognerebbe monitorare la funzionalità delle azioni messe in campo, per poter migliorare gli interventi attuati o porvi rimedio, qualora i risultati si discostassero da quelli attesi.

Le azioni dovrebbero essere mirate a ripristinare innanzitutto le condizioni naturali delle coste, favorendone la capacità resiliente ed evitando “irrigidimenti” non in linea con la naturale dinamicità. Il monitoraggio e la manutenzione degli interventi realizzati, nel medio-lungo termine, rappresentano la linea principale da seguire per favorire la stabilità di un ambiente di transizione molto dinamico e sensibile, per salvaguardarlo e tutelarlo e, nel contempo, garantire lo sviluppo socio-economico.

Che tipo di fondi sono previsti per sostenere questi interventi?

Nel 2006 e, successivamente, nel 2013 si sono susseguiti alcuni APQ (Accordi di Programma Quadro) per un valore rispettivamente di 45 e 41 milioni di euro. Grazie a essi, sono stati in parte realizzati degli interventi nelle aree a maggior rischio di erosione costiera (alcuni non completati).

Nel 2013, l’ex Autorità di Bacino Regionale (oggi Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale) ha prodotto il “Master Plan degli interventi di mitigazione del rischio di erosione costiera in Calabria”, per un valore complessivo di circa 600 milioni di euro.

Nel 2016, è stato finalmente approvato il “Piano di Bacino Stralcio di Erosione Costiera” (PSEC), che rappresenta lo strumento di riferimento in tema di erosione costiera.

Nel 2017, la Giunta Regionale, con deliberazione n.355 del 31.07.2017, ha approvato il programma di n. 19 interventi di mitigazione del rischio idrogeologico ed erosione costiera, per un valore di 65 milioni di euro, da finanziare nell’ambito di due fonti di finanziamento: FSC 2014/2020, di cui alla Delibera CIPE 26/2012 (Patto per la Calabria); Azione 5.1.1 del POR FESR Calabria 2014/2020.

Gli interventi previsti, da realizzare in 15 delle 21 macro-aree regionali di analisi individuate dalla ABR, sono in fase di affidamento e dovranno portare, sulla base del documento preliminare, del PSEC e del Master Plan, alla stesura della progettazione definitiva ed esecutiva.

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