Lazzaro, Ancadic denuncia mancato smaltimento dopo demolizione imbarcazione

«All’inizio della strada in terra battuta denominata via Vecchia provinciale di Lazzaro, che si diparte alla foce del torrente Saitta in sinistra orografica e conduce al torrente San Vincenzo, in una zona dove insistono delle abitazioni  e a  pochi  metri da  un chiosco  prefabbricato, è stata ricoverata una barca a vela individuata dalle Forze dell’Ordine alla deriva lo scorso mese di settembre, dopo essere stata utilizzata per il trasporto di cittadini stranieri», spiega Vincenzo Crea, referente unico Ancadic e responsabile comitato spontaneo Torrente Oliveto, facendosi portavoce di queste segnalazioni di alcuni cittadini.

«Pochi giorni dopo il ricovero, per quanto si è saputo col passaparola l’Amministrazione comunale di Motta San Giovanni con provvedimento, delibera o determina, avrebbe dato incarico ad una ditta locale di eseguire la demolizione del natante, sembrerebbe per la spesa di circa 8mila euro per tale attività. L’Ancadic non è in possesso di tale provvedimento ne è a conoscenza delle motivazioni che avrebbero spinto l’Amministrazione comunale a procedere soltanto alla demolizione del natante senza provvedere al trasporto e al conferimento dei rifiuti prodotti da tale attività presso un impianto autorizzato», spiega ancora Vincenzo Crea, referente unico Ancadic.  

«Si ha però la certezza che a seguito di tale incompleto intervento si è determinato un grave inconveniente igienico-sanitario atteso che l’area oggetto di ricovero è stata trasformata in deposito incontrollato di rifiuti di diversa tipologia, visto tra l’altro che dei cittadini vi conferiscono dei rifiuti e il carattere di definitività di questi rifiuti potrebbe dar luogo a una discarica abusiva. Avvicinandosi al sito si percepiscono esalazioni maleodoranti soprattutto in queste giornate di caldo. Invero, per quanto possibile osservare tra i rifiuti legnosi ancora con elementi metallici (chiodi e bulloni) emergono notevoli quantitativi di sabbia e delle porzioni di cemento e  si riscontra la presenza di sacchi neri e altri sacchetti per alimenti contenenti rifiuti anche organici alcuni riportanti l’intestazione aziendale che cani e gatti hanno rotto in cerca di cibo. Il sito è diventato  l’habitat ideale per la proliferazione di ratti, veicolo di diffusione di malattie infettive, e di altri animali», denuncia Vincenzo Crea, referente unico Ancadic.  

«Vi è di più, non è stato tenuto conto della presenza di fattori predisponenti innesco incendio che qualora si concretizzasse tale evento il materiale oggetto di combustione tra cui vernici, oli, materiale plastico, farebbe ritenere il rilascio di sostanze tali da comportare potenziali rischi ambientali e la propagazione del fuoco che favorita dalla ventosità potrebbe raggiungere altri siti e beni mobili e immobili e alberature. Sarebbe necessario a nostro avviso accertare se sia stata osservata la procedura prevista dalle norme  di  legge  per  la  distruzione di imbarcazioni utilizzate per reati  d’ immigrazione clandestina e se il tutto sia stato gestito in modo da non provocare pericoli per la salute e per l’ambiente. Il sito  in questione ricade in una area soggetta a vincolo paesaggistico/ambientale, in particolare dichiarata  con decreto Ministeriale 10 febbraio 1974 di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939 n.1497, quindi sottoposta a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa. In merito l’Ancadic ha interessato il ministero dell’Interno e il Ministero della Transizione ecologica Direzione Generale Uso Sostenibile del Suolo e delle Risorse Idriche»,, conclude Vincenzo Crea, referente unico Ancadic e responsabile comitato spontaneo Torrente Oliveto. 

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