Rigassificatore Gioia Tauro, Legambiente: «Abbandonare la strada delle fonti energetiche inquinanti»
Per l'associazione si deve «lavorare per diventare un hub energetico europeo strategico delle energie rinnovabili»
Sul tema dell’energia il presidente della Regione Roberto Occhiuto ha idee antiquate e inadatte a rispondere alle sfide ambientali, climatiche e sociali che stiamo attraversando. Il presidente Occhiuto continua a parlare del rigassificatore di Gioia Tauro come di un’opera “importante e strategica per il Mezzogiorno” al punto da richiedere un intervento diretto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
L’impianto di Gioia Tauro avrebbe, come gli altri impianti di questo tipo, negli intenti, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico del Paese dopo le sanzioni alla Russia conseguenti alla guerra in Ucraina. Una motivazione già questa errata perché è illogico realizzare rigassificatori per liberare l’Italia dal ricatto del gas russo comprando il gas da Paesi spesso politicamente instabili come Egitto, Algeria, Libia, Congo, Angola oppure dagli USA che estraggono il gas con il processo di fracking, la fratturazione idraulica delle rocce che può potenzialmente contaminare le falde acquifere ed aumentare le emissioni in atmosfera perché rilascia metano ed agenti tossici.
Nello specifico, l’impianto di Gioia Tauro, che è, allo stato attuale, bloccato da un decennio, costerebbe oltre un miliardo di euro e richiederebbe svariati anni per la sua costruzione che avverrebbe, tra l’altro, in una zona indicata ad alta pericolosità sismica. Si tratterebbe di un impianto particolarmente impattante sotto il profilo ambientale trattandosi di un impianto on shore che ricoprirebbe un’area di circa 47 ettari ricadente nei comuni di Gioia Tauro, San Ferdinando e Rosarno e dovrebbe riportare allo stato gassoso 12 miliardi di metri cubi all’anno di combustibile, reso liquido per il trasporto in navi cisterna per il cui attracco sarà realizzata un’apposita piattaforma di scarico a 500 metri circa dalla costa.
Il rigassificatore di Gioia Tauro, a differenza delle due navi Fsru comprate dalla Snam per fare fronte alla crisi del gas russo, è una struttura fissa che dovrà durare almeno 25 anni, quindi, calcolando i tempi di costruzione che saranno di qualche anno almeno, dovrà durare oltre il 2050, anno nel quale, in base alla normativa europea sul clima, l’Italia e l’Europa dovrebbero portare a zero le loro emissioni di gas climalteranti. Emissioni che già al 2030, quando il rigassificatore sarebbe presumibilmente in funzione, dovranno già essere state ridotte del 55% (rispetto al 1990). Questo impianto si troverebbe quindi a competere in un mercato nel quale i consumi di gas sono previsti in costante discesa in base alle previsioni del Piano Nazionale Energia e Clima.
«Il presidente della Regione Calabria – afferma Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – ha una strana idea di sviluppo per il Sud. Legambiente è nettamente contraria alla realizzazione del rigassificatore di Gioia Tauro, un impianto che si pone in netta contraddizione con gli obiettivi di decarbonizzazione ed è ambientalmente ed economicamente insostenibile. Il futuro della Calabria passa dalla realizzazione di impianti di energia a fonti rinnovabili come impianti fotovoltaici, agrivoltaici, eolici a terra ed eolici offshore, in grado di combattere le crisi climatica ed energetica supportando, nel contempo, uno sviluppo sostenibile incentivando l’occupazione e l’economia della nostra regione. La Calabria non può più permettersi visioni miopi perché ogni progetto errato allontana la nostra Regione dalle opportunità di innovazione, miglioramento della qualità di vita e creazione di posti di lavoro».
La strada verso la decarbonizzazione è ancora molto lunga: lo scorso anno le fonti fossili hanno coperto il 75% della domanda di energia elettrica della Calabria, con un radicamento legato non solo alla produzione energetica, ma anche al trasporto di gas e all’estrazione di idrocarburi. Ad oggi, con i suoi gasdotti, la Calabria è territorio di transito di tutto il gas importato dal Nord Africa che approda prima in Sicilia per essere poi spinto verso nord passando per la Centrale di Compressione di Tarsia, in provincia di Cosenza. A questa situazione si aggiunge il rischio dato dai rigassificatori: non solo Gioia Tauro ma anche Crotone, con un rigassificatore in attesa di autorizzazione da 0,8 miliardi di smc che prevede un deposito costiero con capacità di 20.000 smc di gas.
Non bisogna dimenticare, inoltre, le attività di ricerca e produzione di idrocarburi. Nel 2022, attraverso le 4 concessioni di coltivazione presenti nella Regione e localizzate nei pressi di Crotone tra terra e mare, sono stati prodotti 5.119.484 smc di gas su terraferma e 282.046.919 smc nelle concessioni direttamente di fronte alle coste crotonesi, una quantità pari a circa l’8% della produzione nazionale di gas fossile. A queste si aggiungono ulteriori 3 permessi di ricerca per una superficie di oltre 2.000 kmq destinati ad attività connesse alla produzione di idrocarburi.
In Calabria tre quarti dell’elettricità è ancora prodotta da fonti fossili. Dovrebbe apparire chiaro che occorre abbandonare la strada delle fonti energetiche inquinanti e dei rigassificatori e lavorare concretamente per far diventare la regione diventare un hub energetico europeo strategico delle energie rinnovabili.
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