mercoledì,Maggio 15 2024

Samantha disperata: «Non vedo né sento mia figlia da settembre». E la Giustizia tarda a pronunciarsi

Dalla donna arriva l’urlo disperato di una madre che, dopo le terribili violenze subite, patisce adesso anche la peggiore delle violenze psicologiche, ossia vedersi strappata dalle braccia la propria figlia

Samantha disperata: «Non vedo né sento mia figlia da settembre». E la Giustizia tarda a pronunciarsi

Da quasi due mesi, Samantha è in attesa di una decisione riguardo un’istanza cautelare presentata dal suo legale, l’avvocato Massimo Bambara, al Tribunale dei Minori di Catanzaro, con cui si chiede con urgenza di spostare il collocamento di sua figlia dalla casa dei nonni paterni alla propria, ormai da qualche mese stabilmente nel Nord Italia.

La bambina di Samantha era stata collocata dai nonni paterni a causa della relazione inadeguata che la donna aveva avuto col padre della bambina. Un uomo violento, riconosciuto come tale da un Decreto del Tribunale dei Minori di Bologna, con un carico di precedenti penali lungo due pagine, come afferma la Divisione Anti-Crimine della Questura di Parma.

Samantha in quest’ultimo anno ha avuto il coraggio e la forza di porre fine a questa relazione malata e di denunciare l’uomo che le ha rovinato la vita. Una giustizia sorda le ha finora sottratto la possibilità di stare con la sua bambina, che si trova nella casa dei nonni, dove peraltro vive l’ex compagno violento.

Tutto ciò sta avvenendo nel silenzio del Servizio Sociale di Mileto che si è dimesso nel mese di settembre lamentando di non poter gestire più il caso per mancanza di personale e rimettendo lo stesso all’ASP di Vibo che, a sua volta, non ha accettato le dimissioni contestando la motivazione addotta dal Servizio.

Nonostante le sollecitazioni del legale, il Servizio Sociale non è mai intervenuto concretamente per impedire ai nonni collocatari di sbloccare la madre della bambina sui loro cellulari, rendendole possibile quantomeno di avere notizie sulla piccola.

Samantha non vede e non sente sua figlia da inizio settembre, da quando per lavoro ha dovuto trasferirsi nel Nord Italia. Dal mese di marzo scorso, ha potuto vedere la sua bambina soltanto 9 ore in 9 mesi, sempre dinanzi ad un assistente sociale, nonostante il Decreto del Tribunale non prevedesse per lei incontri protetti.

Dalla donna arriva l’urlo disperato di una madre che, dopo le terribili violenze subite, patisce adesso anche la peggiore delle violenze psicologiche, ossia vedersi strappata dalle braccia la propria figlia.

«La mia unica colpa è quella di aver denunciato con ritardo un uomo violento per paura delle sue minacce di ripercussioni gravi nei confronti miei e dei miei figli. Quest’uomo però continua a vivere con la mia bambina a casa dei suoi genitori che, in maniera arbitraria, sin dal mese di aprile, mi impediscono qualsiasi contatto con mia figlia.

Questa situazione gravissima dovrebbe essere sanata al più presto dal Collegio del Tribunale dei Minori di Catanzaro che, tuttavia, da quasi due mesi non si è ancora pronunciato su un’istanza cautelare che aveva l’obiettivo di accorciare i tempi di una terribile ingiustizia, in cui la vittima principale è la mia bambina che è stata privata del rapporto con sua madre senza un motivo valido.

Non mi dò una spiegazione di questo, visto che non sono una persona con precedenti penali, non ho condanne, non mi sono mai drogata, non ho mai avuto una condotta di vita moralmente discutibile, ho cresciuto i miei figli facendo sforzi importanti ed ora mi sono trasferita al Nord, con grandi sacrifici, per aprire una mia attività e provare a dare ai miei figli un avvenire migliore.

Mi chiedo quindi: perché una donna che ha avuto la sventura di incorrere in una relazione sbagliata, in cui veniva picchiata dal suo uomo, pur avendo avuto il coraggio di denunciare tali abusi e di ricostruirsi una vita non può avere la sua bambina con sé? E soprattutto per quali ragioni mia figlia deve invece vivere nella stessa casa del mio carnefice? Si può considerare giustizia questa?».

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