Spazzatura ad Arghillà, la Comunità Ace: «Un urlo per richiamare l’attenzione»

Riceviamo e pubblichiamo dalla Comunità Ace medicina solidale

«In queste settimane durante le quali abbiamo avviato i lavori di rigenerazione dei locali de “La Piazzetta” di Arghillà Nord ci siamo anche impegnati ad osservare ed ascoltare. La realtà che si sta svelando è ben più complessa di quanto ci aspettassimo, inafferrabile e imprevedibile, comunque, con un carico talmente enorme di sofferenza da rendere inadeguato qualsiasi tentativo rappresentativo.

Siamo ancora molto lontani dal capire e ancora di più incapaci di narrare, ma siamo lì sul campo, attenti, volenterosi e animati da sinceri propositi.

Per queste nostre inadeguatezze preferiamo astenerci da un giudizio sui fatti, che si sono imposti alla ribalta della cronaca in queste ore, ma intendiamo ribadire la nostra estraneità rispetto a quanti ripropongono modelli di lettura che oscillano tra il volgare e spregevole  pregiudizio, espresso perlopiù sui social,  fondato su una presunta alterità antropologica della comunità di Arghillà Nord – proprio noi che continuiamo a essere vittime di questa visione presentata, addirittura, con i crismi della scientificità –  e l’invocazione a un ritorno alla normalità/legalità da realizzare con gli esclusivi strumenti della sorveglianza repressiva.   

In alternativa a questi stereotipati tentativi di semplificazione, vogliamo proporvi solo alcuni spunti di riflessione. 

Perché usare quintali di spazzatura per ostruire l’ingresso alla struttura quando sarebbero state possibili azioni più semplici ed efficaci ai fini della dissuasione? Vuole, forse, questo gesto proporsi con la carica dell’eloquente e potente segno simbolico che rimanda a una condizione esistenziale – quello del rifiuto realizzato nella segregazione – a cui si è stati costretti? Se così sono le cose, per quanto possa apparire profanatorio e irreverente nei confronti delle nobile intenzioni che animano l’impresa, paradossalmente, deve essere interpretato come un tentativo estremo di richiesta di complice fiducia. In fondo, è un atto facilmente riparabile, sicuramente non irreversibile, che richiede una risposta dalla valenza altrettanto simbolica: l’impegno a stare tra gli scarti, a condividere il disagio che procurano a impegnarsi a rimuoverli per consentire l’apertura – anche nel senso meccanico del termine –di quelle porte oltre le quali, forse, si potrà concretizzare la parziale speranza, tante volte ingannata, di una dignità finalmente considerata e riconosciuta. Alla fine è solo un urlo, realizzato con gli unici strumenti disponibili, che per quanto assordante e violento, intende solo richiamare l’attenzione verso un vuoto esistenziale quasi assoluto.

Abbiamo scelto di essere ad Arghillà Nord, aggiungendoci ai tanti altri amici già generosamente impegnati da anni in quel territorio, per accogliere il disagio anche di coloro che, pur di ribadire la dignità di un’esistenza spesso negata, sono costretti a ricorrere ad atti estremi a fronte di tante assenze che impediscono una fisiologica espressione e integrazione del malessere.

Siamo stati sempre consapevoli delle difficoltà ma queste vicende ci donano la nuova consapevolezza che l’impresa avviata abbia bisogno di ascolto autentico, pazienza e compassione. È un cammino di liberazione che coinvolge, soprattutto, la nostra coscienza di appartenenti ad una comunità che ha l’ambizione di proporsi, senza esitazioni e ripensamenti, con il coraggio della solidarietà autentica ed estrema.

Se siamo pronti a questo potremo anche fare a meno di quei sostegni ideologici, etici e scientifici che spesso ricerchiamo per sostenere il nostro impegno e potremmo affidarci esclusivamente al sentimento che ispira la fiducia del POETA DEGLI ULTIMI:

“Ama e ridi se amor risponde, Piangi forte se non ti sente, Dai diamanti non nasce niente Dal letame nascono i fior”. Rinasceranno i fiori di Arghillà!».

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