venerdì,Aprile 26 2024

Cinque anni fa a Limbadi, la scomparsa di Maria Chindamo, imprenditrice vittima di lupara bianca

Nel luogo del rapimento, una manifestazione in memoria. I familiari chiedono verità e giustizia. E non sono i soli

Cinque anni fa a Limbadi, la scomparsa di Maria Chindamo, imprenditrice vittima di lupara bianca

Sparire nel nulla, una mattina come tante. Lasciare tre figli, una famiglia sgomenta che dopo cinque anni ancora non si arrende e cerca ostinatamente la verità. È anche questa, purtroppo, la storia di Maria Chindamo, l’imprenditrice e commercialista di Laureana di Borrello, nel territorio metropolitano di Reggio Calabria, vittima di lupara bianca la mattina del 6 maggio di cinque anni fa. È scomparsa nel nulla dinnanzi al cancello della sua tenuta agricola in contrada Carini, località Montalto di Limbadi, nel Vibonese.

Insieme per ricordare

Stamattina laddove per gli ultimi istanti Maria è stata una donna libera, ha avuto luogo un’iniziativa in memoria. È stata ricordata dai familiari e non solo. Alcuni momenti, sempre pochi, ma necessari per sostenere i familiari, privati anche della possibilità di piangere sulle spoglie di Maria. Promossa da Agape, Libera, il progetto Mettiamoci una croce sopra. I giovani verso il voto in Calabria, il comitato Controlliamo Noi Le Terre di Maria e Penelope Italia OdV, la manifestazione ha intercettato l’adesione di tante realtà del territorio, di associazioni, istituzioni, scuole e cittadinanza, insieme per chiedere verità e giustizia e non dimenticare. Un richiamo che ha travalicato i confini regionali.

Da un anno la scomparsa di Maria al vaglio della DDA

Una scomparsa avvolta nel mistero da quel 6 maggio 2016 quando la sua auto venne ritrovata incustodita e macchie di sangue in prossimità avevano provato un’avvenuta aggressione.

Da circa un anno, è la Direzione distrettuale antimafia guidata da Nicola Gratteri ad occuparsi di questa scomparsa. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonio Cossidente ed Emanuele Mancuso, al vaglio degli inquirenti, hanno posto l’accento su un presunto coinvolgimento della criminalità organizzata. Maria Chindamo non voleva cedere i terreni e per questo sarebbe stata rapita e uccisa.

Una morte orribile

Macinata con un trattore o data in pasto ai maiali, secondo il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, ex boss del clan dei Basilischi, che direttamente da Emanuele Mancuso, dell’omonimo clan egemone a Limbadi e Nicotera e per un periodo suo compagno di cella, sarebbe stato messo al corrente di questi agghiaccianti dettagli sulla morte di Maria.

Lo stesso collaboratore collegherebbe la scomparsa di Maria Chindamo a Salvatore Ascone, detto Pinnolaro, sospettato di avere manomesso le telecamere che puntavano sul luogo in cui Maria fu aggredita e rapita e che avrebbe agito con la convinzione che poi le accuse per il delitto sarebbero ricadute sulla famiglia dell’ex marito di Maria, Ferdinando Pontoriero, suicidatosi l’anno prima della scomparsa, per non avere retto alla separazione da Maria. Ascone, accusato di concorso in omicidio, è stato comunque scarcerato dal tribunale del Riesame di Catanzaro per difetto di gravità indiziaria. La Cassazione ha confermato la decisione lo scorso gennaio.

Lo scorso 21 marzo il suo nome tra le vittime innocenti delle mafie

«Da cinque anni conviviamo con una ferita aperta nel cuore che addolora, come fosse il primo giorno, i figli di Maria, Vincenzo, Federica e Letizia e me, e la nostra anziana mamma, Pina, che ancora aspetta che qualcuno dica cosa sia successo». Sono le parole di Vincenzo Chindamo, fratello di Maria imprenditrice di Laureana di Borrello strappata all’affetto dei suoi cari 5 anni fa. Il suo nome, per la prima volta quest’anno, è stato pronunciato insieme a quello delle altre vittime innocenti delle mafie, in occasione della XXVI giornata della Memoria e dell’Impegno promossa da Libera, lo scorso 21 marzo. In quell’occasione lo stesso fratello Vincenzo si è detto «fiducioso che prima o poi la verità sarà conosciuta».

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