Anniversario morte giudice Scopelliti, la figlia Rosanna: «Insinuazioni sulla condotta etica e morale di papà»

Nel trentesimo anniversario dalla morte del giudice Antonino Scopelliti, la figlia Rosanna ha affidato a Facebook il suo ricordo: «30. Trenta. Non so perché ci si aspetta sempre qualcosa di diverso, di grande dagli anniversari “tondi”. Come se a un certo punto portassero via tutto e occupassero con la loro rotondità ogni angolo della vita. Per un giorno ovviamente, poi si ricomincia a contare. Un po’ come le commemorazioni. Lacrime, abbracci e buoni propositi, poi ci si saluta e ci si dà appuntamento al prossimo anno. Un po’ più stanchi e un po’ meno soli, a volte. Per un po’. Io anno dopo anno ho iniziato a smettere di aspettarmi granché. Una porta da cui vederlo rientrare, un orizzonte da ammirare insieme, il finale di una storia da ascoltare, una vita riempita dalla sua presenza.

Ho iniziato a utilizzare tutte le parole che avevo, a ripercorrere mentalmente tutti gli attimi vissuti insieme, a cristallizzarli nella mia testa e a metterli in un ipotetico quaderno custodito nella mia mente da rileggere ogni volta che mi sentivo sola per avere la sensazione che fosse più vicino. Ho immaginato, sperato, sognato. Ho raccontato per sentirmi meno sola. E ringrazio chi mi ha dato la possibilità di raccontare papà ai giovani, di testimoniare il suo amore per il nostro Paese, per la giustizia, per la nostra città. Ringrazio chi mi ha dato e mi dà quotidianamente la forza di lavorare per provare a condividere i valori in cui credeva. In cui crediamo. Il lavoro con la Fondazione è ciò che lo rende vivo ogni giorno. L’impegno per la città è ciò che mi ricorda il senso delle Istituzioni e la vocazione al servizio della comunità. È bello avere radici salde. Anche quando vorresti scappare ti riportano lì. In riva allo Stretto. A trovare pace. Perché quel rapporto di odio e amore con la propria terra è ciò che ci rende vivi e ci spinge a migliorare ogni giorno.

Trent’anni, dicevo. E oggi le uniche parole che mi riecheggiano in testa sono: “verità e giustizia”. Perché di parole ne ho sentite tante, troppe. Perché resta il fatto che niente cambia e io non so più come affrontare questa doppia mancanza che affligge da anni le nostre vite. Non so più a quale speranza aggrapparmi, non ho una risposta sincera alla domanda: “ne è valsa la pena?”. Ecco io a volte non lo so più se ne è valsa la pena. O meglio, lo so perché lo vedo negli occhi di mia figlia quando afferma orgogliosa di essere la nipote del “nonno Nino”, ma vacillo quando resto sola con il mio dolore e col peso dell’assenza. Non posso saperlo, se, sfogliando un noto settimanale leggo insinuazioni sulla condotta etica e morale di papà. Lo scoop. Indagare le amicizie “pericolose” di Scopelliti nel suo paese di origine. Come se giocare a calcetto tra ragazzi senza sapere chi si diventerà da grandi se affiliati o magistrati sia la “pista” del secolo. Falcone e Borsellino raccontavano di quanti loro ex amici avevano visto prendere una strada diversa. È normale dalle nostre parti. Si cresce, e crescendo si sceglie da che parte stare. Giovanni, Paolo e Antonino hanno scelto da che parte stare.

Quello che invece non è normale è aggrapparsi a questo per fare vuota informazione, dopo che per anni di Antonino Scopelliti si è parlato poco o niente. Del resto siamo abituati ai salotti dell’antimafia cinica e parolaia, quella in cui ci si applaude e ci si dà il gomito a vicenda per abitudine più che per condivisione. Quella delle teorie preconfezionate immobili e immutabili. Quella giustizialista per vanità che oggi arriccia il naso all’idea che riformare la giustizia sia la chiave di volta per garantire il ritorno a un rapporto sano tra cittadini e istituzioni. Verità e giustizia. In tempi ragionevoli. Per dare ai cittadini il segnale che la giustizia esiste e che ci si può fidare della magistratura. Lo Stato come Padre severo e umano, che punisce, ma non abbandona i suoi figli. Istituzioni che rieducano e reinseriscono nelle comunità cittadine chi sbaglia. Verità e giustizia oggi per le tante vittime di mafia. Per chi resta. Per chi ha il diritto di credere, sempre che ne è valsa la pena».

Magorno: «Fare chiarezza»

Anche il senatore Ernesto Magorno ha chiesto chiarezza su quell’efferato omicidio di 30 anni fa. «30 anni fa il sacrificio del giudice Antonino Scopelliti – scrive sul suo profilo Facebook il senatore – un omicidio su cui bisogna fare chiarezza. Ricordare la figura di questo costruttore della legalità significa rinnovare il nostro impegno contro ogni forma di malaffare».

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