Operazione “Pedegree”, nelle intercettazioni spunta una lettera anonima inviata a Klaus Davi

Una lettera anonima spedita a Klaus Davi, contenente informazioni sul clan Serraino, è stata inserita agli atti del procedimento “Pedegree”, per il quale sono stati comminate numerose condanne a esponenti di primo piano della stessa cosca. Ma, dagli atti del procedimento, emerge una curiosità: risulta che la lettera anonima riguardante il clan Serraino è stata recapitata a Davi in busta chiusa nella sede della sua agenzia di Milano. Successivamente, il giornalista l’ha inoltrata a Sebastiano Vecchio, per un commento via Whatsapp. La polizia giudiziaria riporta alcuni file vocali scambiati tra Vecchio e Davi, relativi alla costruzione di una scuola a San Sperato (RC).

Agli atti anche qualche messaggio a carattere personale tra i due (la pulizia della casa di Archi del massmediologo, di cui si era fatta carico la domestica che lavorava per Vecchio) e una lettera anonima ricevuta da Davi in merito a presunte infiltrazioni mafiose nell’azienda Hitachi. Nel file della polizia giudiziaria figurano anche i vecchi articoli di Klaus Davi su Roberta Pitasi e sul pentimento del boss Maurizio Cortese (annunciato dal massmediologo il 29 settembre 2020 e poi ripreso dall’Ansa). I primi articoli di Klaus Davi sulla figura di Nino Serraino risalgono al 19 settembre 2019.

Interpellato, il giornalista ha confermato: «Con Seby Vecchio ci conoscevamo e frequentavamo da anni. Sapevo dai giornali che aveva dei legami con qualcuno del clan, ma non pensavo così organici. Per quello che mi riguarda, posso parlarne solo bene. Una volta mi aiutò anche con la casa di Archi, fece dei sopralluoghi quando fu scassinata la vetrata e mi tenne sempre informato. Era un mio informatore e mi passava qualche notizia». Davi ha ricordato anche alcuni episodi: «Una volta, parliamo di tre anni fa circa, mi chiamò e mi disse di precipitarmi presso una bisca di San Sperato perché avrei trovato Nino Serraino, il sindacalista.

Mi recai sul posto, con la solita faccia tosta mi introdussi nella bisca, ma Nino non lo trovai. Poi un altro giorno mi chiamò e mi disse che nel bar di una signora, se non ricordo male anche lei di San Sperato, avrei potuto incontrare Maurizio Cortese. Sosteneva che i due avessero avuto una relazione. Anche lì andai, ma non trovai nessuno. C’era una signora bionda, forse non era neanche italiana, e un signore dietro al bancone, ma di Cortese nessuna traccia. Rimasi lì per oltre un’ora».

Il giornalista poi ha aggiunto un retroscena: «Anni dopo incrociai un altro presunto affiliato della cosca che mi disse: “guarda che Seby ti sta prendendo per il c….”, e io gli chiesi il perché. Mi rispose: “non ti ha forse mandato al bar e alla bisca tal dei tali?”. Quando gli chiesi come facesse a saperlo, mi disse: “perché lo racconta a tutti”. Insomma, si prendeva forse gioco di me, forse. Vai a capire certe dinamiche. Non lo biasimo.

Secondo me mentalmente aveva già rotto con la ‘ndrangheta. Mi nominò un sacco di volte Nino, ma di Sconti non mi parlava mai. Piccole cose, nulla di trascendentale. La mia sensazione è che se ne volesse tirare fuori ma non sapeva come fare». Davi ricorda anche che l’ex affiliato ai Serraino Tonino Filocamo gli parlò di Vecchio: «Mi disse che lo conosceva bene. Lo giudicava male. Tonino diceva che si vantava di conoscermi ma che ero uno “vispo”. Di quel dialogo è uscito anche l’audio che mi mandò Filocamo».

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