venerdì,Aprile 26 2024

La tragica storia di un ragazzo calabrese raccontata da un medico di Paola: «Legato al letto per 20 anni»

Non parla, emette suoni gutturali, non comunica e muove le braccia a caso. Il racconto del medico che gli ha prestato soccorso, dopo la scoperta dei carabinieri

La tragica storia di un ragazzo calabrese raccontata da un medico di Paola: «Legato al letto per 20 anni»

di Francesca Lagatta – La storia di un giovane calabrese, liberato dai carabinieri dopo 20 anni di prigionia e condizioni disumane, può essere descritta con un solo aggettivo: agghiacciante. A portare alla luce la vicenda è stato Cosimo De Matteis, il medico chiamato immediatamente a soccorrere il ragazzo, che vive in un piccolo paesino. «Come mi ha visto ha sorriso – ha detto De Matteis a LaC News24 -, ma non rendendosi conto di quello che gli accade intorno ha subito provato a strapparmi via gli occhiali». Sull’identità del giovane, che ora si trova ricoverato in una struttura sanitaria, vige il massimo riserbo da parte delle autorità giudiziarie, ma anche da parte dall’avvocato che seguendo il caso, tanto da chiedere di omettere anche il suo nome per evitare qualsiasi collegamento.

Il medico: «È un primitivo»

De Matteis è ancora visibilmente scosso: «Una cosa mai vista», dice commosso. E parte il suo racconto: «Questo giovane, che ha 20 anni, ha vissuto tutta la sua vita legato mani e piedi al letto, non parla, emette suoni gutturali, non comunica, non sa spiegare quando ha sete, quando ha sonno, quando deve fare i suoi bisogni, porta il pannolone». E non sa comunicare nemmeno quando ha fame. «Del resto – dice ancora il medico – non può mangiare cibi solidi perché non sa masticare, assume solo liquidi. Sembra un uomo uscito dalle caverne». Per di più, la casa in cui ha vissuto finora è spoglia, sporca e gelida. «C’era solo una stufetta a riscaldare l’ambiente, ovviamente faceva molto freddo».

Una famiglia disagiata

Il ragazzo, che presenta delle disabilità, è figlio di una coppia disagiata. Lui padre padrone e marito violento, lei vittima e carnefice allo stesso tempo. «È stata la madre a legare il figlio al letto – dice il medico – forse aveva paura che il ragazzo potesse scappare o fare un gesto inconsulto». Ed è stato proprio in un raro momento di “libertà” che il giovane, affacciandosi alla finestra per qualche istante ha attirato l’attenzione di un vicino, avendolo visto forse per la prima volta. «Ovviamente non ha chiesto aiuto – racconta ancora De Matteis -, perché non lo sa fare, ma ha agitato le braccia tanto da insospettire un uomo». Il vicino ha poi avvisato le forze dell’ordine, che a loro volta hanno fatto irruzione in casa e hanno subito avvisato la procura, non prima di aver allertato i soccorsi.

Nessuno sapeva?

Come sia possibile che in un piccolo paesino questa storia sia durata così a lungo, se lo chiede anche il medico. «Il ragazzo ha una disabilità e prende una pensione, un altro fratello è rinchiuso da anni in un centro specializzato, il padre picchiava la mamma sistematicamente, maltrattandola anche in pubblico». Insomma, che in famiglia ci fossero problemi seri era cosa nota. «A dire il vero, la donna tempo fa aveva anche presentato una denuncia per maltrattamenti, ma poi l’ha ritirata». In tutto questo, che ruolo hanno avuto il Comune e gli assistenti sociali?

Possibile che nessuno sapesse dell’esistenza del giovane o che nessuno si chiedesse perché non ha mai visto la luce del sole? Il medico a questa domanda risponde lapidario: «Sulle istituzioni non mi esprimo», lasciando forse intendere qualche mancanza. Si esprime a chiare lettere, invece, sui cittadini del piccolo centro calabrese, anche loro a conoscenza della drammatica situazione famigliare, che non hanno mai denunciato: «O hanno sottovalutato qualche fattore o come al solito hanno fatto “non vedo, non sento, non parlo“». Poi rivela: «Non credo che sia un caso isolato».

L’appello alle istituzioni

Dopo il post Facebook con cui ha reso nota la vicenda, De Matteis è stato subissato di telefonate e messaggi, tutti vogliono parlare con lui per conoscere i dettagli. «In realtà – dice – vorrei usare questa attenzione mediatica per sollevare un altro problema grave». E magari risolverlo. Perché no, le controversie di questa storia non sono finite. «Il giovane adesso è ricoverato in una struttura sanitaria e riceverà cure adeguate, se ne farà carico la Regione, ma quando sarà il momento di affrontare la riabilitazione e tentare una sorta di recupero, che non sarà mai totale, comincerà il balletto dei trasferimenti da una struttura all’altra», in attesa che quest’uomo compia 65 anni e finisca in una residenza per anziani. 

«Ne ho parlato col suo avvocato – ha detto ancora De Matteis – e non ci sono strutture adatte alla sua situazione. Questi sono pazienti particolari che hanno bisogno di cure particolari, durature e continue, e di professionisti formati per gestire tali situazioni. Servono percorsi sanitari adeguati per ogni persona». Di qui, l’accorato appello: «È ora di aprire queste strutture e di dare pari dignità a tutti i pazienti».

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