venerdì,Aprile 26 2024

Condannata per calunnia l’ex paladina antimafia Rosy Canale

Aveva accusato l’avvocato Liberati di averla difesa in maniera infedele ma le indagini hanno palesato altro. Il legale Barillà: «Fatta giustizia e verità in una storia paradossale»

Condannata per calunnia l’ex paladina antimafia Rosy Canale

Il giudice monocratico del Tribunale di Reggio Calabria, Fabio Lauria, condanna Rosa Canale, detta Rosy, 50 anni, a due anni di reclusione per calunnia ed a risarcire la parte civile con una cifra da liquidarsi in separata sede.

L’ex paladina antimafia indagata per truffa, aveva querelato il suo avvocato accusandolo di averla difesa in maniera infedele. Le indagini hanno portato a ribaltare i fatti e mentre, a settembre 2015, la querela sporta da lei è stata archiviata, quella sporta dall’avvocato è finita con la condanna di colei che lo accusava.

Una vittoria su tutta la linea da parte dell’ex avvocato della Canale, Giancarlo Liberati, difeso dall’avvocato Luca Barillà del foro di Reggio Calabria.

Rosy Canale incolpava l’ex avvocato di averla diffamata, di averla difesa in maniera infedele e di averle chiesto soldi con la minaccia di abbandonare la sua difesa nonostante l’ammissione al gratuito patrocinio.

Nella sua querela la Canale – all’epoca indagata nel procedimento “Inganno” (per il quale è stata condannata a 4 anni in primo grado e prosciolta per prescrizione in appello) – affermava di avere inviato una mail a Liberati nella quale, dopo avere lamentato inadempienze professionali nel difenderla, lo sollevava dal mandato. Secondo la Canale, il suo avvocato non le forniva alcuna risposta, ma inviava un fax alla Procura dicendo che lui rimetteva l’incarico poiché si era incrinato il loro rapporto di fiducia.

Il legale, secondo le ricostruzioni della Canale, avrebbe contattato l’Ansa per inoltrare una nota stampa nella quale dichiarava che abbandonava l’incarico perché «non aveva condiviso i ripetuti attacchi della Canale ai magistrati, anche sui social network, nonostante l’avessi tante volte esortata a evitarli».

La Canale sostiene che la dichiarazione è falsa, fatta per vendicarsi dall’averlo rimosso dall’incarico e per metterla in cattiva luce davanti ai magistrati dei Reggio Calabria, peggiorando la sua condizione di indagata.

La Canale accusava Liberati di averle chiesto una cifra spropositata per presentare ricorso al Riesame senza prendere in seria considerazione la pratica della sua difesa.

L’attività di indagine ha però portato ad altri riscontri tanto che è stato il pubblico ministero a chiedere l’archiviazione del procedimento che vedeva indagato il legale per estorsione e patrocinio infedele con relativo accoglimento da parte del Gip.

La versione fornita dalla parte offesa è però risultata del tutto inattendibile anche nella ricostruzione dei rapporti contabili.

Rilevante è in particolare il fatto che i pagamenti erano effettuati in coincidenza di entusiastici messaggi di ringraziamento; tanto da non ritenere credibile in giudizio l’accusa che i soldi siano stati estorti dal Liberati con minaccia di abbandonare la sua difesa.

Anche il patrocinio infedele è smentito dai messaggi mandati dalla Canale, al quale non si lamenta mai di essere destinataria di una difesa sciatta, trascurata e disattenta (come invece fatto in querela).

Una visione condivisa dal gip che ha accolto la richiesta sottolineando la «vistosa contraddizione» tra le dichiarazioni della Canale e la ricostruzione dei passaggi processuali della sua storia giudiziaria.

Tutt’altra storia l’accusa di calunnia nata nei confronti della Canale che è stata ritenuta attendibile dal giudice monocratico e ha portato all’imputata una condanna a due anni più risarcimento per la parte offesa, una vittoria su tutta la linea da parte della difesa dell’Avvocato Liberati che fa chiarezza su una vicenda torbida e paradossale.

«È importante che si sia fatta giustizia e verità – afferma l’avvocato Luca Barillà – non solo per la reale ricostruzione dei fatti per come si sono sviluppati ed evoluti ma per l’integrità morale e professionale del collega Liberati che si è trovato in questa paradossale situazione».

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