Processo “Thalassa”, Peter Battaglia assolto perché «il fatto non sussiste»

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, seconda sezione Penale, presieduta dal giudice Bianchi, a latere i consiglieri Minniti e Palumbo, ha emesso il dispositivo di sentenza nell’ambito del procedimento cosiddetto “Thalassa”. I giudici d’appello hanno assolto da ogni addebito, perchè «il fatto non sussiste», Peter Battaglia, ex responsabile dello sportello unico del Comune di Reggio Calabria e poi delle relazioni istituzionali dell’Ente. «La sentenza fa giustizia di ogni sbrigativo e superficiale giudizio che originariamente era stato formulato nei confronti del funzionario pubblico, al quale non erano state risparmiate accuse ingiuste e ingenerosi attacchi», affermano i suoi avvocati Sergio Laganà, Giuseppe D’ottavio e Giuseppe Zampaglione.

Il processo era nato da un’inchiesta della Dda reggina che aveva coinvolto anche tecnici e funzionari del Comune che, stando all’impianto accusatorio, avrebbero rilasciato documentazioni per la realizzazione di un grande complesso residenziale ad Archi. Era questa l’accusa nei confronti di Battaglia, fratello dell’ex consigliere regionale del Pd Domenico Battaglia. L’ex dipendente del Comune era stato condannato in primo grado a 3 anni e 4 mesi di reclusione perché, oltre a firmare le successive varianti al progetto, era sospettato dalla Dda di avere ricevuto anche due appartamenti nel complesso residenziale «ottenendo modalità di pagamento agevolate e l’accollo sostanziale di parte del mutuo ipotecario contratto con un istituto di credito da parte della Tegra Costruzioni Srl».

«La pronuncia – continuano gli avvocati di Battaglia – attesa compostamente per quattro anni nella piena certezza che il processo avrebbe riconsegnato i fatti alla loro piena verità, pur non cancellando la grande sofferenza umana e professionale, conferma la dimostrazione della sua innocenza affermata sin dalle prime battute del procedimento».

Dal canto suo Battaglia ha voluto ringraziare il suo collegio difensivo, in particolar modo l’avvocato Laganà, «per il lavoro straordinario e la vicinanza personale durante questo travagliato percorso. D’altronde – ha spiegato – non è mai venuta meno la mia fiducia nella magistratura giudicante, che ha valutato gli atti del fascicolo della Procura e la documentazione e le indagini della difesa con serenità, malgrado da alcune parti si sia tentato di instaurare un clima mediatico persecutorio, al quale non si è mai replicato mediaticamente, attendendo con fiducia che le sentenze avrebbero restituito la piena verità dei fatti».

Dall’accusa di corruzione sono stati assolti anche Anna Maria Cozzupoli e Pietro Zaffino che, però, sono stati condannati a 2 anni e 8 mesi per intestazione fittizia. Per quest’ultimo reato, essendo intervenuta la prescrizione, è stato dichiarato il non luogo a procedere per Giuseppe Crocé. Sono stati condannati per associazione mafiosa, invece, Andrea Vazzana, Francesco Polimeni (entrambi 16 anni), Francesco Vazzana, di 52 anni (9 anni) e Francesco Vazzana, di 56 anni (8 anni e 8 mesi). Ritenuti espressione delle cosche Tegano e Condello di Archi, questi ultimi in primo grado avevano preso pene più pesanti.

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