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Rigassificatore di Gioia Tauro, autorizzazioni del 2012 possibili anche grazie ai comuni sciolti per mafia

In Calabria non ci sarebbe bisogno di “altri” commissariamenti

Rigassificatore di Gioia Tauro, autorizzazioni del 2012 possibili anche grazie ai comuni sciolti per mafia

Anche per Gioia Tauro, come per Piombino, rigassificatore, rischi e democrazia compongono un trinomio molto presente nel decreto autorizzativo del 2012. Ma, mentre in Toscana il governo Draghi ha deciso di procedere affidando ad un commissario l’esecuzione dell’opera – per bypassare le proteste della popolazione e delle categorie produttive – in Calabria una forma di commissariamento in senso lato era stata decisa.

Il lungo iter, fatto di svariate riunioni di una conferenza dei servizi cominciata nel 2005 e animato dai pareri di una trentina di enti, fu influenzato ad un certo punto dal richiamo del ministero dell’Ambiente, che ricordò come per impianti complessi e pericolosi di questo tipo «bisogna ottemperare all’obbligo comunitario di soddisfare le esigenze della consultazione della popolazione previsto dalla normativa». Una prescrizione, tra le tante contenute nelle 5 pagine che formano il corposo allegato al decreto, che fu asseverata “approfittando” della concomitanza di ben 3 Commissioni straordinarie che nello stesso momento guidavano i municipi di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, ovvero dei 3 Comuni sul cui territorio dovrebbe sorgere l’impianto.

«Previa intesa con i commissari straordinari di governo dei 3 Comuni interessati – si legge nel decreto – in data 14 luglio 2009 è stata avviata la procedura di consultazione con una assemblea intercomunale aperta alla popolazione». Nessun referendum, quindi, ma solo una riunione – nella sala consiliare di Gioia Tauro – in cui vennero verbalizzati gli interventi di un pubblico che era stato avvisato nei modi classici dell’affissione all’albo pretorio, con manifesti murari e con un invito trasmesso a mezzo stampa, esaurendo quindi così la parte della partecipazione. Ecco perché, nei giorni in cui il premier Meloni evoca l’equiparazione tra l’iter aperto di Piombino e l’iter chiuso di Gioia Tauro – facendo intendere che anche in Calabria si potrebbe procedere con un Dpcm e quindi con il commissariamento in vista del progetto definitivo – è utile tornare alla mente a quella procedura.

In Calabria però – visto che tutti sono stati e sono d’accordo a fare l’opera – non ci sarebbe bisogno di “altri” commissariamenti, se non per agevolare ulteriormente i gruppi Iride e Sorgenia, già avvantaggiati dalla formula del “procedimento autorizzativo unico” che all’epoca fu scelto dal governo Monti, per licenziare il progetto definitivo che manca e ottenere quella concessione demaniale marittima per la quale l’autorità portuale è pronta, in attesa di capire se il consiglio superiore dei lavori pubblici questa volta dirà sì senza prescrizioni.

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