‘Ndrangheta in Brianza, Gup: «È un’industria della protezione-estorsione»

Le «organizzazioni mafiose» sono «industrie della protezione privata», nella sua «forma più minacciosa che fa affidamento sulla capacità, se necessario, di usare la forza». Un’industria «che per la ‘ndrangheta ha un nome commerciale che può essere speso con successo anche in Brianza». Lo scrive il gup di Milano Guido Salvini nelle motivazioni della sentenza con cui a ottobre ha condannato con rito abbreviato 4 persone, tra cui Domenico Larocca (10 anni di reclusione), “uomo di fiducia” di Michele Oppedisano, presunto boss della cosca Pesce radicata in Brianza, già condannato dopo il famoso blitz “Infinito” del 2010 e nipote di Domenico Oppedisano, “capo crimine della ‘ndrangheta” in Calabria.

Un’inchiesta dei pm della Dda Paola Biondolillo e Sara Ombra dalla quale, come si legge nelle motivazioni, è emerso il meccanismo «dell’estorsione-protezione» nei confronti di un gruppo di promotori finanziari. Sistema grazie al quale i clan si approfittano «del bisogno fingendo di aiutare ad affrontarlo, ma poi volgendo quasi interamente la situazione a proprio favore». Il gup ricostruisce la “doppia trappola” nella quale sono finiti tre promotori finanziari e anche una cena nel ristorante milanese dell’ex calciatore Giuseppe Sculli (non indagato in questa indagine), «il cui nome è più volte emerso in indagini su tali ambienti criminosi», che sarebbe servita per siglare l’accordo «sulla protezione». Michele Oppedisano, che ha scelto il rito ordinario, è stato mandato a processo (prima udienza il 15 dicembre a Monza) per associazione mafiosa, estorsione e altri reati. Nell’abbreviato riconosciute provvisionali di risarcimento per l’associaizone Wikimafie, col legale Marco Griguolo, da sempre “impegnata” nel contrasto al “radicamento” delle mafie in Lombardia.

Se nella «estorsione “classica” la vittima si limita a subire un danno patrimoniale con il pieno e correlativo vantaggio economico per l’estorsore – spiega il giudice – nell’estorsione-protezione l’estorto riceve una sorta di vantaggio, una sorta di contropartita, cioè la protezione che la ‘ndrangheta è in grado di offrire grazie alla sua caratura criminale». Peraltro, aggiunge il gup, «il bisogno di protezione è in qualche modo indotto in quanto è lo stesso mafioso che lo crea con le sue intimidazioni, innescando una sorta di circolo “vizioso”». Pasquale Oppedisano, figlio di Michele, anche lui mandato a processo, per chiarire questa forma di protezione enfatizzava «la “forza militare”» della ‘ndrangheta: «mi chiamate – diceva intercettato – che io non arrivo con una macchina arrivo con un esercito… c’è sempre un esercito dietro di noi». Faceva riferimento «ad un incontro avuto con due persone “salite” dalla Calabria in Lombardia, proprio per chiarire una disputa riguardante i tre promotori finanziari». E poi, spiega il gup, «i precedenti penali di Oppedisano Pasquale e dei suoi soci, rinvenibili anche su Internet, invece di allontanare le potenziali vittime fungono da pubblicità e da garanzia per coloro cui la protezione è proposta e poi attivata». Così i promotori, tra il 2019 e il 2020, sono stati costretti a «consegnare denaro contante e a fornire una “forzata” collaborazione nell’ambito dell’intermediazione creditizia» al clan.

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