Morte Pino Anfuso, rischio prescrizione per il processo

«Non è ammissibile che dopo aver trascorso otto anni di udienze dentro un’aula di tribunale il processo si prescriva. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia e mi auguro di non dovermi ricredere, per Pino, per me, per le nostre figlie e perchè non debba mai più succedere una cosa del genere».

Queste la parole di Marisa Barbaro, moglie del telecineoperatore giornalista Rai Calabria, Pino Anfuso. Parole che arrivano dopo otto anni di dolore per una morte incomprensibile a soli 53 anni. Era il 2015 quando, a fine maggio, Anfuso moriva a causa di complicazioni per una frattura alla tibia. Sotto accusa la dose troppo bassa di un anticoagulante che avrebbe provocato l’embolia polmonare e la morte.

Le accuse

Al Tribunale di Reggio Calabria si sta svolgendo il processo per accertare eventuali responsabilità di medici dell’ospedale San Martino di Genova e dell’allora azienda “Bianchi Melacino Morelli” di Reggio Calabria nel decesso del giornalista. Per tutti l’accusa è di omicidio colposo. Al giornalista i dottori avevano prescritto dell’eparina per evitare trombosi ed embolia. Secondo le indagini però la quantità del farmaco, troppo bassa, non era stata sufficiente. Da qui il decesso avvenuto il 28 maggio all’ospedale di Reggio Calabria.

Il rischio prescrizione

Il processo rischia di andare in prescrizione nei prossimi mesi. Ed è questo che vogliono evitare la moglie e il suo legale, avvocato Giuseppe Marino che, ieri, ha chiesto al giudice una calendarizzazione delle udienza successive, fino a giugno.

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