domenica,Maggio 12 2024

Strage di Bologna, Vincenza Lascala: «Mio padre tra le vittime… ma Reggio non ricorda»

La testimonianza della figlia del ferroviere 56enne tra le 85 persone rimaste uccise nell’attentato alla stazione di 43 anni fa. Il dolore non si placa e sfida anche l’oblio

Strage di Bologna, Vincenza Lascala: «Mio padre tra le vittime… ma Reggio non ricorda»

«Il dolore non finisce mai. Sembra ieri e il ricordo è sempre molto duro da attraversare. Mi sento vicina a tutti i familiari che come me hanno perso un congiunto in quella stazione. Restiamo uniti nella disperazione e nello strazio di allora come nel dolore e nel ricordo di oggi. Da qui mi sento sostenuta anche da coloro che, pure da oltre confine, sono accorsi a Bologna per ricordare anche mio padre. Qui a Reggio, invece, nessuno ricorda. Neppure il gonfalone della Città è presente a Bologna per commemorare l’unica vittima calabrese di quella strage, mio padre, il reggino Francesco Antonio Lascala».

Sono parole piene di amarezza quelle di Vincenza Lascala che quando ha perso tragicamente suo padre aveva 27 anni. Il ricordo di quel 2 agosto 1980 è ancora vivo come l’angoscia e lo strazio di quelle ore.

Il dolore e l’indifferenza

Francesco Antonio Lascala, ferroviere di 56 anni, era originario di Bianco ma fin da piccolo aveva risieduto a Reggio Calabria. Fu l’unica vittima calabrese della strage di Bologna, consumatasi il 2 agosto 1980. «Eppure nessun luogo lo ricorda e in nessun angolo di questa città oggi si commemora quella strage, pagina tanto dolorosa quanto importante della storia del nostro Paese e di cui anche Reggio, nonostante la sua indifferenza, è parte. Noi familiari abbiamo avuto accanto soltanto l’associazione culturale L’Agorà, nella persona del presidente Giovanni Aiello, che anni fa ha anche presentato una proposta di intitolazione al Comune di Reggio.

Tra i luoghi proposti, visto che mio padre era un ferroviere, anche la scalinata tra il ponte Calopinace e l’inizio del viale Galileo Galilei dove risiede lo storico quartiere dei Ferrovieri e accanto anche alla stazione Centrale. Ma tutto tace», sottolinea ancora Vincenza Lascala che profondamente ringrazia, invece, Bologna che in questi quarantatré anni ha mantenuto viva la memoria di tutti i familiari. Anche di suo padre.

Il silenzio e la dimenticanza delle istituzioni

I comuni di Bianco e di Reggio, dove Francesco Antonio Lascala era nato e aveva vissuto, non hanno ritenuto di commemorare il loro concittadino in questa solenne giornata di memoria. Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, su twitter ha ricordato la strage, definendola «una ferita ancora aperta per tutto il nostro Paese. Un incubo che ci trasciniamo da 43 anni, e sul quale occorre ancora fare piena chiarezza. Oggi solo una preghiera per le vittime e la sincera vicinanza ai loro familiari». Nessun riferimento all’unica vittima calabrese. Così anche il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, che ha sottolineato come «Bologna e il Paese, gli italiani, da Nord a Sud, non dimenticano le 85 persone uccise e le altre 200 rimaste ferite, esprimendo vicinanza alle famiglie ed auspicando che la memoria di quel feroce attentato sia da costante monito per difendere la libertà e la democrazia dal terrorismo».

La testimonianza

«Quando arrivai a Bologna, ricordo la disperazione e lo strazio. Ricordo la gente che scavava per recuperare i corpi, che soccorreva i feriti, che aiutava i superstiti e venire fuori dalle macerie. I corpi straziati delle vittime erano in uno stanzone con tante lenzuola bianche a terra. Fu mio fratello a riconoscere il corpo di mio padre. Era rimasto schiacciato da una pensilina. L’impatto lo aveva privato di una gamba e di un braccio. Però riuscirono a ricomporre il corpo. Fu in quel momento di profondo dolore che la città di Bologna entrò nel mio cuore per sempre. Quella comunità, così ferita e colpita, ci adottò tutti, subito». 

Il boato e la distruzione

Una violenta esplosione, alle 10:25 uccide 85 persone, ferendone duecento. Crolla l’ala ovest dell’edificio che, davanti al binario 1 della stazione Centrale di Bologna, ospita la sala di aspetto di seconda classe, la tavola calda e altri uffici.

Quella sala d’aspetto oggi accoglie un monumento con tutti i nomi delle vittime e fuori un orologio è ancora fermo a quell’orario (vedi foto).

«Era un padre che sapeva essere severo senza smettere di essere dolce. Aveva giocato tanto con noi figli e tanto giocava con i nipoti. Erano piccoli quando lo persero. Mio fratello Giuseppe, all’epoca venticinquenne, ha chiamato il più piccolo dei suoi figli, nato dopo la strage, come mio padre, Francesco Antonio. Un padre e un nonno che non sarà mai dimenticato», ha raccontato ancora la figlia Vincenza.

La verità negata e i doveri di una democrazia

Una verità complessa ma comunque ancora in parte negata. Nonostante le sentenze definitive che condannano gli esecutori materiali, esponenti della destra eversiva – sempre professatisi innocenti – il quadro resta evidentemente ancora incompiuto. Non si conoscono i mandanti di questa strage definita la più grave del Dopoguerra.

Non si sa chi abbia deciso che quel giorno quegli innocenti dovessero morire né su quale altare la loro vita sia stata così barbaramente sacrificata. Un’indagine complicata in un contesto aggravato da depistaggi e insabbiamenti.

All’indomani di quel 2 agosto 1980, si teme, in un’Italia che presto sarebbe stata umiliata dalla sentenza di assoluzione in appello per la strage di piazza Fontana, un altro processo per Strage senza colpevoli.

«La ricerca della verità completa è un dovere che non si estingue, a prescindere dal tempo trascorso. È in gioco la credibilità delle istituzioni democratiche. La città di Bologna, sin dai primi minuti dopo l’attentato, ha mostrato i valori di civiltà che la animano. E con Bologna e l’Emilia-Romagna, l’intera Repubblica avverte la responsabilità di difendere sempre e rafforzare i principi costituzionali di libertà e democrazia che hanno fatto dell’Italia un grande Paese». Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’anniversario della strage di Bologna.

«L’Italia ha saputo respingere gli eversori assassini, i loro complici, i cinici registi occulti che coltivavano il disegno di far crescere tensione e paura. È servita la mobilitazione dell’opinione pubblica. È servito l’impegno delle istituzioni. La matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi, cui hanno partecipato associazioni segrete e agenti infedeli di apparati dello Stato». Conclude il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per l’anniversario della strage di Bologna.

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