lunedì,Aprile 29 2024

Processo a Lucano in Corte d’Appello, parola alle difese

Ultima udienza del processo "Xenia" all'ex sindaco di Riace che sceglie di non essere presente in aula

Processo a Lucano in Corte d’Appello, parola alle difese

Nuovo capitolo del processo Xenia che vede coinvolto l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano. Oggi, davanti alla Corte d’appello di Reggio Calabria, parlano i difensori di Lucano, per chiederne l’assoluzione. Contro di lui, la procura generale, che ha già concluso, chiedendo la condanna a 10 anni e 5 mesi di reclusione per reati che vanno dal peculato alla truffa, all’associazione per delinquere. Alla sbarra insieme a Lucano altri 17 imputati, per i quali l’accusa ha chiesto 15 condanne e 2 assoluzioni.

Il principale indagato dell’inchiesta a suo tempo condotta dalla Guardia di Finanza di Locri, è però l’ex sindaco di Riace, condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi di reclusione. In sede di appello i sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari hanno ribadito la solidità dell’impianto accusatorio, pur rilevando la prescrizione per i due presunti abusi d’ufficio, e chiedendo l’assoluzione per una parte del reato di truffa e il riconoscimento dell’unificazione di tutti i reati con il vincolo della continuazione.

Oggi sono previsti gli interventi degli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, difensori di Lucano, che già in appello avevano rappresentato le presunte carenze della sentenza di Locri rispetto alla corposa documentazione da loro prodotta, contrastando i singoli capi d’accusa, a cominciare da quelli sui reati più gravi, quali l’associazione per delinquere e il peculato. Pisapia ha già fatto la sua arringa e consegnato ai giudici scritta di pugno dallo stesso Mimmo Lucano che non è presente in aula. Subito dopo ha preso la parola Daqua.

Pisapia: «Contro Lucano accanimento non terapeutico»

«Nei confronti di Mimmo Lucano c’è stato un accanimento non terapeutico». Lo ha detto l’avvocato Giuliano Pisapia, uno dei due difensori dell’ex sindaco di Riace, nell’arringa in Corte d’Appello di Reggio Calabria dove si sta celebrando il processo “Xenia” sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti nel piccolo paese della Locride. Lucano è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Locri a 13 anni e 2 mesi. Nei suoi confronti, lo scorso ottobre, la Procura generale ha chiesto la conferma della condanna ma riducendo la pena a 10 anni e 5 mesi. Contro quella sentenza si sono espressi stamattina gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia.

Per quest’ultimo, ex sindaco di Milano, «ci sono tutti i presupposti per l’assoluzione di Mimmo Lucano che in tutta la sua vita ha sempre fatto quello che serviva agli altri e non quello che serviva a sé stesso». Pisapia ha ricordato che l’ex sindaco di Riace ha sempre rifiutato la candidatura sia alle elezioni nazionali sia al Parlamento Europeo: «Come si fa a dire che ha fatto quello che ha fatto per motivi politici? Questo elemento dovrebbe già chiudere il processo: manca il dolo e manca la consapevolezza e la volontà di un vantaggio economico. Risulta dalla lettura di tutti gli atti processuali che Lucano non aveva un soldo sul proprio conto corrente. Io non parlo di un santo. Mi interessa chi oggi è imputato e al momento ha una sentenza con una condanna esorbitante».

Rivolgendosi ai giudici, l’ex sindaco di Milano ha ricordato che «Falcone, tra le tante cose, diceva di seguire i soldi. Vi prego seguite i soldi di Lucano e non li troverete. La vostra sentenza sarà importante perché specialmente in questo periodo in cui la situazione dei migranti è particolarmente difficile e complicata, avere tante Riace aiuterebbe a risolvere tanti problemi e a evitare situazioni che un Paese come il nostro non dovrebbe vedere da lontano ma essere capace di affrontare. Quando la politica entra nelle aule di giustizia – ha concluso Pisapia – la giustizia scappa inorridita dalla finestra. Per me è qualcosa di insuperabile: un conto è la giustizia e un conto è la politica. Devono avere ognuno i propri ruoli e non devono entrare nei ruoli altrui».

Daqua: «Uso distorto delle intercettazioni»

L’altro legale dell’ex sindaco, l’avvocato Andrea Daqua, è entrato nel merito delle accuse, denunciando un «uso distorto delle intercettazioni» da parte del Tribunale di Locri che ha condannato Lucano e ricostruendo le varie ispezioni disposte dalla prefettura. Secondo il difensore, il processo è nato da «un’indagine unidirezionale perché ha silenziato qualsiasi elemento che risultava in contrasto con l’impianto accusatorio per come era stato preconfezionato da quelle ispezioni. Abbiamo il legittimo sospetto che il processo contro Mimmo Lucano sia stato viziato sin dall’inizio.

Il Tribunale di Locri si lascia andare in un linguaggio denigratorio nei confronti di Lucano, commette il gravissimo errore di perdere la sua terzietà, si appiattisce in maniera quasi servile a questo preconfezionato costrutto accusatorio, finisce per smentire sé stesso, ignora la corposa documentazione che noi abbiamo prodotto e le minuziose consulenze di parte. È una sentenza ingiusta ed errata per tutti i capi di imputazione. Voi avete la possibilità di correggere un macroscopico errore». Il processo è stato rinviato all’11 ottobre. In quella occasione i giudici, dopo le repliche, dovrebbero entrare in camera di consiglio per la sentenza.

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