Sentenza Cassazione su Falcomatà, Alvaro: «La pronuncia esclude la commissione del reato»

La Cassazione, con la pronuncia di ieri sera, ha chiuso definitivamente il caso Miramare che ha fatto tribolare per anni la città di Reggio. Con l’avvocato Andrea Alvaro, difensore di Armando Neri, ex vicesindaco e di Paolo Zagarella, imprenditore dell’associazione “Il sottoscala”, abbiamo cercato di comprendere a fondo il significato della pronuncia della Suprema corte.

«Una vicenda che ieri si è conclusa – afferma l’avvocato – ma per la quale, già in una prima fase, c’era stata una richiesta di archiviazione. Si tratta di un processo che è stato riaperto dopo un reviremont del pubblico ministero. Dunque un processo che si è celebrato dopo che vi era stata già una valutazione che aveva portato la stessa Procura di Reggio a ritenere che non ci fossero reati, al punto che aveva chiesto l’archiviazione».

L’annullamento come desistenza volontaria

Ma il dato più rilevante è quello che è venuto fuori dalla Cassazione con l’annullamento senza rinvio. «È una pronuncia che esclude che sia stato commesso un reato. La Corte di Cassazione ha letto la vicenda ritenendo che la delibera 101 fosse l’inizio, al più, di un’attività che, se protratta oltre (e invece no, ha ritenuto che si sia volontariamente arrestata), avrebbe potuto determinare profili illeciti. In sintesi la Suprema corte ha detto che non c’è stato né un reato tentato, né un reato consumato. La condotta non era sfociata nemmeno in un tentativo penalmente rilevante. La delibera era stata approvata, però era stata la stessa Amministrazione a fare marcia indietro sull’atto perchè poi aveva revocato l’assegnazione temporanea del Miramare».

Sottolinea l’avvocato: «La Corte ha adottato questo tipo di pronuncia non perchè il reato si è prescritto, ma l’avrebbe adottata anche nel caso in cui il reato non fosse prescritto. La Cassazione va oltre e annulla come se non fosse maturata la prescrizione».

In conclusione l’avvocato sottolinea che «È dovuta intervenire la Cassazione per riconoscere che non c’era materia penale. Falcomatà era il soggetto più esposto, ma c’erano altre dieci persone che sono state condannate. Questa è l’assoluzione di undici persone che, in vari ruoli, si sono trovate in tutti questi anni a dover rispondere di un reato che non c’era. Insieme al sindaco hanno combattuto e sofferto dieci persone. Le stesse che avrebbero pagato in prima persona se fosse andato male il processo perchè avrebbero avuto effetti pregiudizievoli ovvi legati alla condanna penale».

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