domenica,Maggio 5 2024

‘Ndrangheta, negli assetti dei clan del Reggino la pax mafiosa «dopo 100 anni»

Il presunto ruolo di Santo Crea: «È uno dei tre che assumono decisioni a Milano». Il figlio: «Sono 50 famiglie… ed è già finito in un’informativa»

‘Ndrangheta, negli assetti dei clan del Reggino la pax mafiosa «dopo 100 anni»

di Pablo Petrasso

Anche le conversazioni che avvengono a Cinisello Balsamo raccontano ciò che accade in Calabria. Gli avamposti della ’ndrangheta in Lombardia mantengono legami forti con la “casa madre”. E a Milano si raccontano gli effetti delle decisioni prese nel profondo Sud: nuovi equilibri, investiture, rituali che hanno riverberi anche nei territori in cui i clan mettono radici per fare affari.

Il “rituale” per il nuovo “garante” del clan Iamonte

Per la Dda di Milano Santo Crea, 71 anni, è una delle figure centrali nel clan Iamonte. I magistrati, negli atti dell’inchiesta “Hydra” (nella quale Crea è indagato ma non sottoposto a misura cautelare), parlano di «netta ascesa» di Crea «nella struttura dell’organizzazione ‘ndranghetista». Investitura che sarebbe avvenuta «attraverso un vero e proprio rituale», per conferirgli il ruolo di «“garante e responsabile” nell’ambito della cosca per tutta l’area di Melito di Porto Salvo, “dalla marina alla montagna”». Come spesso accade, una pace avrebbe portato al conferimento di nuovi ruoli di comando. Anche in questo caso, la “scalata” del 71enne sarebbe legata «ai nuovi pacifici equilibri raggiunti a seguito della riconciliazione delle famiglie mafiose, proprio grazie all’intervento dello stesso Santo Crea». Alla nomina del nuovo “capo” sarebbe seguita «l’attribuzione al figlio Filippo Crea del ruolo di referente locale della cosca ‘ndranghetista al Nord Italia». «Rappresento io ora» è la frase – pronunciata in una intercettazione del 2020 – con la quale gli investigatori riassumono i compiti del giovane Crea al Nord. Lo spettro dei compiti sarebbe vasto: «Intesseva nuovi rapporti principalmente orientati ai fini di lucro, con esponenti di altre organizzazioni di stampo mafioso; si relazionava con rilevanti esponenti ‘ndranghetisti affiliati alla propria o ad altre cosche, si spendeva a favore dei sodali calabresi al Nord Italia e intesseva rapporti con esponenti politici e istituzionali, funzionali ad ampliare il cosiddetto capitale sociale dell’organizzazione». E poi riferiva tutto a suo padre. Ipotesi, queste, che il gip di Milano non ha ritenuto di condividere, rigettando la richiesta di misura cautelare per entrambi i Crea.

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