Da Reggio a Roma, sentenza passa in giudicato nonostante la richiesta di iscrizione a ruolo dell’appello

Riceviamo e pubblichiamo:

«Un mio cliente di Reggio Calabria – spiega l’avvocato reggino Raffaella Crucitti – proponeva appello avverso una sentenza del Tribunale di Roma, sezione seconda, depositata in data 10 gennaio 2019 non notificata. Pertanto depositava digitalmente l’avviso di impugnazione in data 9 luglio ed in data 15 luglio iscriveva digitalmente il relativo appello. Rimaneva tranquillo in quanto giungevano allo studio tutte le pec, già mostrate alla cancelleria della corte d’appello. Tuttavia nonostante l’arrivo delle pec il fascicolo non risultava iscritto a ruolo e all’udienza di citazione, 20.12. 2019 non vi era alcun fascicolo.

Pertanto il collega che segue la pratica a Roma si recava in cancelleria per capire cosa fosse successo e si giungeva alla conclusione che per un errore del sistema l’atto veniva inviato in Tribunale. Pertanto il mio cliente per mezzo del suo difensore depositava istanza di rimessione in termini e allegava a questa l’atto di appello spiegando di essere incorso in una decadenza par causa a lui non imputabile  depositando, ad ogni udienza note con le quali rimarcava tale richiesta.

Difatti la sentenza risultava già passata in giudicato in quanto emessa nel mese di gennaio 2019 e l’iscrizione a ruolo dell’appello ad opera della cancelleria della Corte d’appello di Roma avveniva fuori termine e senza alcuna richiesta dell’avvocato la quale aveva depositato l’iscrizione a ruolo nei termini cioè nel mese di luglio 2019. Nel mentre risultava che l’accettazione dell’iscrizione a ruolo avveniva dopo ben sei mesi nel mese di gennaio, il giorno 7, ma l’appello non veniva iscritto a ruolo in quella data, ma risultava iscritto il giorno prima dell’istanza di rimessione in termini. Evidentemente il soggetto incaricato di iscrivere a ruolo l’appello cercava di porre rimedio iscrivendolo dopo bene sei mesi, ignorando che questo avrebbe comportato il passaggio in giudicato della sentenza. Tuttavia nonostante l’istanza di rimessione in termini la Corte d’appello di Roma continuava a rinviare senza prendere posizione su detta istanza. Dopo quattro anni di udienze di trattazione scritta ove l’istante invocava la rimessione in termini, l’appello veniva rigettato senza interloquire sulla questione richiesta e condannando altresì la parte al pagamento di onerose spese di giudizio». Così conclude l’avvocato reggino Raffaella Crucitti.

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