Taurianova, assolto l’imprenditore Giuseppe Scarfò perchè «il fatto non sussiste»

Il Tribunale penale di Palmi, ha mandato assolto, per insussistenza dei fatti contestati, l’imprenditore taurianovese Giuseppe Scarfò. L’accusa che gli era stata rivolta riguardava tutta una serie di presunti reati fiscali che, all’esito di una verifica della Guardia di Finanza, operata sulla ditta individuale ”Conglomerati Cementizi di Giuseppe Scarfò” della quale era il titolare legale rappresentante, erano stati individuati sia nella infedele dichiarazione dei redditi per gli anni di esercizio 2011, 2012 e 2013, che nella omessa dichiarazione dei redditi per l’anno 2015. Per la Procura della Repubblica, la condotta dello Scarfò era preordinata a evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Il difensore di Scarfò, avv. Antonio Romeo, è riuscito a dimostrare che, invece, «le cose stavano diversamente e che l’errore della indagine riguardava sia profili di metodo che di merito, che non sono stati colti e valutati attentamente dall’ufficio requirente.

Nel caso dello Scarfò, infatti – afferma il legale – si era proceduto erroneamente alla ricostruzione contabile attraverso il metodo induttivo e non analitico, e l’Agenzia delle Entrate non aveva effettuato alcuna puntuale, seria e ponderata valutazione di tutti gli elementi che la Guardia di Finanza le aveva trasmesso, venendo, così, meno all’esercizio del proprio potere istituzionale di accertamento. Si è proceduto a ritenere, quindi, acriticamente la bontà delle operazioni delle Fiamme gialle». Nel corso del lunghissimo dibattimento l’avv. Romeo ha, quindi, «potuto dimostrare documentalmente che l’imponibile in base al quale devono essere corrisposte le imposte, nel caso di specie, non teneva affatto conto dei costi “ fissi ” e percentualizzati sopportati dalla ditta dello Scarfò negli anni oggetto d’indagine, di talché l’accertamento risultava completamente viziato e fuorviante. Non solo, ma veniva fatta, da parte degli accertatori, una ulteriore considerazione errata, quella di ritenere rilevante, nella determinazione della base imponibile, anche le operazioni di carattere meramente personale».

All’esito della chiusura dell’istruttoria dibattimentale, la Procura della Repubblica ha chiesto la condanna di Scarfò alla pena di anni due di reclusione, mentre di diverso avviso è stato l’avv. Antonio Romeo che durante il suo intervento finale ha messo a fuoco «la completa infondatezza delle accuse sollevate al suo assistito, indicando dettagliatamente tutte le insanabili criticità di una indagine che non ha raggiunto le prove della responsabilità dell’imputato, accusato ingiustamente di fatti inesistenti». Dello stesso avviso il Tribunale di Palmi che ha mandato assolto Giuseppe Scarfò perché il fatto non sussiste, con sentenza recante la contestale motivazione della decisione.

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