venerdì,Aprile 26 2024

Antonio Tallura legge “U mpernu” multimediale del regista Foderaro

Il debutto sarà il primo agosto in anteprima nazionale al Castello di Ardore superiore, il 12 agosto al Festival Teatro del mito a Portigliola, e poi il 23 nella villa romana di Casignana

Antonio Tallura legge “U mpernu” multimediale del regista Foderaro

Una versione dell’inferno di Dante che parte dalle parole del dialetto calabrese. “U pernu” è l’omaggio per nulla banale al sommo poeta, interpretato dell’attore calabrese Antonio Tallura per la regia di Giuseppe Foderaro. Una sapiente ricerca del testo ala quale si affiancano le visioni infernali di Caronte e di altri protagonisti, coniugando il teatro con gli effetti speciali del cinema.

Il debutto sarà il primo agosto in anteprima nazionale al Castello di Ardore superiore, un luogo magico e suggestivo, il 12 agosto al Festival Teatro del mito a Portigliola, e poi il 23 nella villa romana di Casignana. Altre date dovrebbero seguire.

A Tallura abbiamo chiesto del ritorno sul palco dopo la pandemia.

«Istintivamente c’è una gioia immensa, ma c’è anche un gran paura, è come rimettere in moto e oliare tutti i muscoli, le ossa, i tendini, i sentimenti e resettarli completamente, con il pubblico di nuovo in sala, E tutto ciò crea una grande emozione ed una grande tensione che sicuramente vinceremo. È come la prima volta che si va sul palcoscenico».

Com’è nata la pièce?

«La scelta che è caduta su Dante – racconta Tallura – per il settecentesimo anniversario della morte, mi interessava fare qualcosa di diverso e quindi andando a curiosare, insieme al regista Giuseppe Foderaro, siamo andati alla scoperta di qualcosa che ci apparteneva. E siamo riusciti a trovare notizie, dati e testi e quindi una traduzione per le cantiche dantesche fatte nell’Ottocento in Calabria che risulta essere tra le regioni in possesso di più traduzioni a cavallo dell’unità d’Italia, una cosa singolare che ci ha particolarmente incuriosito che abbiamo pensato di proporlo.

Abbiamo recuperato un testo di Salvatore Scervino che è un agronomo, scrittore, poeta dell’Ottocento che viveva ad Acri e da li abbiamo tratto lo spunto per fare il nostro percorso dell’Inferno avendo notato che lo scrittore ha rispettato la metrica, le rime baciate. La Divina commedia in questo caso è stata tradotta perché a cavallo con l’Unità d’Italia, a fine Ottocento, avendo riscoperto nel Risorgimento Dante come padre dell’Italia, le varie regioni, e i poeti che hanno tradotto nei propri idiomi perché avevano paura che l’unità con la lingua nuova potesse cancellare l’idioma dialettale. Ci è parsa una motivazione affascinate e carina, tanto che abbiamo pensato di imbarcarci in questo “Inferno” conosciuto da pochi».

Come chiarisce il regista Foderaro «Oltre ad occuparmi di teatro mi occupo di cinema e documentari, quindi l’idea era di unire la maestria ed il virtuosismo di Antonio con una visione cinematografica, per quanto il cinema si possa sposare con il teatro, e quindi abbiamo scelto una serie di effetti visivi e sonori l’ingresso nella selva oscura, l’incontro con Caronte che accompagneranno l’interpretazione di Antonio con quattro personaggi che sono Caronte come comprimario, Paolo e Francesca, Virgilio, Beatrice e finiamo con Ulisse ed il conte Ugolino».

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