Museo della seta a Reggio, i tesori nascosti nel verde di Ortì – VIDEO

I turisti ultimamente arrivano anche dal nord Europa e dall’Inghilterra. Luoghi lontani ma tradizioni che affondano nella stessa matrice. Nel verde di Ortì, nel reggino, si trova il “Museo dell’artigianato tessile, della seta e della moda calabrese”. Per alterne vicende il museo si sposta da Reggio nella località preaspromontana più in linea con le storie da raccontare. A far da Cicerone, per grandi e piccini, c’è la signora Rosa Furfari che del museo è stata la fondatrice. Colonna che ha ispirato e sostenuto il suo lavoro negli ultimi quarant’anni è la nonna materna. Strumenti, abiti, storie, documentazione e riviste cosa non c’è nel piccolo museo?

Rosa Furfari

Rosa ci guida attraverso un viaggio che parte dalla materia prima, da come nasce la seta dal baco, dai tessuti, dalle strisce di lino, dagli attrezzi che servono a lavorare la materia prima che, dopo tanti passaggi, diviene meraviglia. Il telaio antico sembra quasi un clavicembalo. Le persone non sapevano leggero o scrivere, ma facevano i conti perfettamente. Perchè ogni punto, ogni giro, ogni passaggio era prezioso e ne valeva la riuscita del lavoro finale. Trapunte lavorate a mano on una perfezione che fa invidia alle macchine e fa sgranare gli occhi. E poi sì ci sono le macchine, quella ingegnosa per la plissettatura dei tessuti, le macchine per i ricami.

E poi ci sono i frutti: gli abiti. Vestiti che parlano di spose di un tempo. Non immaginate solo abiti bianchi, ma capi che tramandano fino a noi tradizioni ormai perdute. Sapevate che dopo l’abito da sposa c’era il vestito da indossare a sette giorni dal matrimonio? Rigorosamente nero, che segnava un passaggio di stato. E poi c’è il principe, il baco da seta. Anche nel mese di luglio di quest’anno ci sono stati tanti

La signora Rosa, oltre a conservare una corposa documentazione di articoli di moda e sulla storia di Reggio, mantiene essa stessa una sorta di grande diario, con i racconti che la accompagnano nel tempo. Anche i visitatori possono lasciare la loro impronta condividendo le emozioni in un grande libro bianco.

«Il museo nasce dalla civiltà rurale, mia nonna abitava in campagna e aveva il laboratorio di tessitura. Nella stessa campagna in cui trasformava le materie prime in filato e poi in tessuto. Da quando ero bambina mi fece conoscere tutto, il telaio, il filo, il baco da seta. E mi parlava del dono della natura, di tutto ciò che era capace di darci. Quelle radici sono state un grande albero, che crescendo e diramandosi, mi hanno portata a quello che sono oggi. Circa 40 anni fa, ho voluto fare una mostra tra tessuti antichi e moderni, per vedere quale attirava di più il pubblico. Ero reduce dal successo di Messina, ma altrettanto successo lo ebbero i pezzi antichi. Questo mi diede lo spunto per aumentare la raccolta e dare dignità e onore al mio paese di Ortì, fatto di pastori, pastorizia e grandi e dignitosi contadini. Nel 1993 ho fondato questo piccolo museo. Lasciando la sede inizialmente anche a Reggio».

Un luogo ammirato che custodisce preziosi tesori quali possono essere da lato i materiali, ma dall’altro c’è la ricchezza del cuore e le radici che raccontano di un passato che è utile anche oggi, nel nostro quotidiano.

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