Festa della Madonna a Reggio, la devozione secolare alla Madre della Consolazione

Un rituale che è esso stesso un atto di devozione. È la “vestizione” della Vara prima della discesa dall’Eremo, la casa della Sacra Effigie, verso la Cattedrale del Duomo di Reggio Calabria, in occasione della tradizionale processione del secondo sabato di settembre. Un appuntamento sempre molto atteso e sentito che quest’anno torna dopo lo stop di due anni a causa della pandemia, nel trecentesimo anniversario dell’incoronazione della stessa Effigie.

Con gesti accurati e sapienti sono i portatori della Vara al termine della veglia a spostare la Sacra Effigie. Il dipinto commissionato dal nobile Camillo Diano e realizzato su legno di noce dal pittore Niccolò Andrea Capriolo 475 anni fa, nel 1547, dalla maestosa pala d’altare, realizzata dallo scultore taurianovese Alessandro Monteleone, dove risiede sostenuta da sette angeli, viene riposto nella Vara, in particolare nella cornice in lamina argento risalente all’Ottocento, che la custodisce durante il tragitto, sulle spalle degli stessi portatori, della processione incontro e in mezzo alla comunità. La macchina processionale a spalla è stata di recente al centro di un intervento di restauro nel cantiere aperto allestito a palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale della Calabria a Reggio.

Le peste e l’affidamento

Risale al 1636 la prima processione anche se la devozione dei reggini è più antica. Una terribile pestilenza colpì Reggio nel 1567, flagellando la popolazione per dieci anni. Si narra che al frate Antonino Tripodi in preghiera apparve la Madonna che annunciava la fine dell’epidemia. Iniziò allora un intenso cammino di affidamento, fede e devozione, di pellegrinaggi all’Eremo giunti fino ai giorni nostri. Un cammino che nel 1752 (270 anni) è stato anche consacrato con il decreto della Santa Sede che ha dichiarato la Madonna della Consolazione avvocata del Popolo reggino e compatrona con San Giorgio della città di Reggio Calabria.

Il quadro antico

La Madonna in trono col Bambino in braccio, in alto due angeli tengono con la destra la corona della Madre di Dio e con la sinistra una palma. A destra della Madonna, San Francesco d’Assisi con il libro della Genesi nella mano destra e con la croce latina e in evidenza le stimmate sulla sinistra, e a sinistra Sant’Antonio di Padova con in mano il libro rosso chiuso e il giglio. Pregiata la passamaneria di tipo rinascimentale del mantello di Maria. La rappresentazione della Madonna ricalca la scuola veneto-cretese, ispirata all’arte bizantina; dunque la Madre regge il bambino con la mano destra e lo indica con la sinistra e le loro teste hanno inclinazione opposta.

Il quadro fu donato da Camillo Diano ai frati Cappuccini che già nel 1532, 490 anni fa (uno dei tanti anniversari di queste feste Mariane), si erano trasferiti all’Eremo, su terreno donato dal nobile Giovan Bernardo Mileto ai Minori Cappuccini. Tante le storie e le leggende che si intrecciano e che lo vedono protagonista.

La leggenda e la devozione

Si tramanda di un ritrovamento prodigioso del quadro da parte dei contadini nelle pieghe della terra, sulle alture della Città di Reggio. Si narra che da allora il quadro sia stato sollevato e trasportato da pescatori, in più occasioni, nel Duomo della città, come oggi accade ogni secondo sabato di settembre. Nonostante questo trasferimento, ogni volta però esso riappariva lì in collina, dove era stato rinvenuto. Così si intreccia quella storia antica che oggi chiama i fedeli reggini a seguire il quadro nei suoi pellegrinaggi, dalle sue alture silenziose e raccolte dell’Eremo verso il mare al quale è rivolta la Cattedrale.

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