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Reggio, cento anni di storia e bellezza per palazzo San Giorgio – VIDEO

Il 28 dicembre del 1918, grazie al sindaco Giuseppe Valentino, la posa della prima pietra

Reggio, cento anni di storia e bellezza per palazzo San Giorgio – VIDEO

Il 28 dicembre del 1918 la posa prima pietra. Sono passati cento anni dalla costruzione di palazzo San Giorgio, sede del Comune a Reggio Calabria. Un anniversario le cui celebrazioni sono iniziate a settembre e si rinnovano a cavallo del nuovo anno. Il palazzo ospita una mostra, curata da Marisa Cagliostro, Renato Laganà e Daniela Neri: nella galleria ci sono i pannelli espositivi in cui si racconta la posa della prima pietra, con la storia dell’edificazione e della rinascita della città nel post terremoto. È l’architetto Laganà, profondo conoscitore delle mura che ospitano il Comune reggino, a fare da Cicerone alla scoperta della storica struttura.

Il rapporto col palazzo di città

«Il rapporto col palazzo di città – spiega Laganà – nei secoli a volte è stato evidente, altre meno. Oggi viviamo in una città quasi assente, abituati alle tecnologie, non riusciamo ad avere quel contatto con gli edifici più rappresentativi. La casa di città, come all’inizio del secolo venne inteso, oggi palazzo San Giorgio.

Questi edifici hanno un significato, all’interno di essi si amministra la città, ma il distacco tra cittadini e amministratori può creare dei momenti di incomprensione. Qualunque sia l’amministratore non può disinteressarsi dei problemi di città e il richiamo che è stato fatto con il centenario di palazzo San Giorgio ha questa caratterizzazione del ruolo che gli edifici rappresentativi hanno all’interno della città per dare una coscienza diversa».

Un difficile inizio

Un inizio non facile. Basti pensare che la posa della prima pietra fu dopo la fine della Prima guerra mondiale e mancava la materia prima. «Non si trovava il ferro – chiarisce il professore, nel corso di una visita guidata – il commissario prefettizio non sapeva come risolvere il problema. Ma si trovò la soluzione con l’investitura di Giuseppe Valentino a sindaco, fu lui che vinse le difficoltà per avviare il cantiere del palazzo che venne finito nei successivi tre anni».

La visita del re

Valentino si assicurò «che i lavori venissero fatti da un ente pubblico, come era accaduto a Messina aveva iniziato la ricostruzione. L’ ente riuscì a reperite il cemento armato. Si riuscirono a finire al terzo anno le opere murarie e decorazioni. Per farlo funzionare Valentino fece portare i mobili ed ebbe la promessa che il 28 aprile sarebbe venuto il re».

Come mostrano le foto d’epoca Vittorio Emanuele arrivò col panfilo reale a Messina. Da quel momento in poi la città tornò a risplendere. «È stato il palazzo regionale, ci sono state modifiche chiarisce Sergi. La firma che porta il palazzo è quella dell’architetto Ernesto Basile di Palermo, uno maggiore esponenti liberty, che aveva creato il palazzo del parlamento a Roma e quindi c’è questa linea sottile che unisce Reggio a Roma, oltre al fatto di essere stata un municipio romano».

Reggio come Pompei

Andando indietro nei secoli precedenti, nel 1500 la casa di città era accanto alla torre dell’orologio. Dopo il distruttivo terremoto del 1783, con epicentro a Oppido, il governo borbonico decise di ricostruzione la città. Qualcuno aveva consigliato di spostare il centro poiché, data la ricchezza dei reperti dal sottosuolo, avremmo avuto una nuova Pompei. Non fu così. I governanti vollero una città della cultura illuministica con le strade squadrate, come Torino. Il progetto dell’architetto Mori prevede un edificio con le carceri, l’ufficio delle poste, un piccolo centro direzionale e la scalinata con un balcone da cui fare assemblea pubblica. Per tutto l’Ottocento ci fu grande attesa per avere il palazzo di città. Solo nel 1886 si passo al progetto definitivo.

Fusione di stili

Il municipio dapprima ospitato in baracca nella piazza delle acacie dove oggi c’è la scuola Spano Bolani arriva a piazza Italia. La lista dei desideri per le stanze che devono comporre il nuovo palazzo fa a pugni con le regole antisismiche. Sull’esempio di San Francesco si pensa a cemento armato, si pensa come i giapponesi a case su ammortizzatori sismici, Reggio fu un campo di sperimentazione. Le regole furono terribili, con distanze da rispettare e il progetto iniziale fu respinto. Un dato era certo: uniformare la piazza con i palazzi i prospetti dei palazzi neoclassici, ai quali si sono aggiunti elementi di rottura che reclamano esigenze di rinnovamento. Così si arriva al palazzo che conosciamo, armonica e splendida sintesi, ancora oggi, nonostante i cento anni.

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