Il Dio dello Stretto, gli anni Novanta a Reggio nel noir di Vins Gallico – VIDEO

«Reggio è la mia città e ci volevo tornare. Volevo ripercorrere quelle strade, quelle vie, volevo portare con me i reggini e le reggine ma soprattutto i lettori e le lettrici di tutta Italia affinché potessero vedere la bellezza del nostro Stretto e avere paura nelle nostre strade. Scrivere “Un Dio dello Stretto” mi ha emozionato».

Si muove tra le contraddizioni di una città come Reggio Calabria, nella quale convivono una profonda e infinita bellezza e una bruttezza tollerata, la penna di Vins Gallico, scrittore reggino residente e Roma. Edito da Fandango, il suo nuovo romanzo è ambientato proprio a Reggio Calabria. La sua città natale è ritratta con rimandi espliciti a persone e luoghi reali. Essi hanno nutrito la sua formazione e la sua vita in Calabria e oggi sono diventati materia viva della sua ispirazione.

Il romanzo è stato presentato presso una gremita sede del circolo culturale Guglielmo Calarco di Reggio Calabria. La conversazione è stata introdotta dalla presidente del sodalizio Angela Curatola e animata dagli amici, il professore e scrittore Fabio Cuzzola e l’avvocata Natascia Sarra. Le letture sono state affidate alla poetessa Cinzia Messina. Il romanzo reca un titolo che intriga e una storia che appassiona, fiorisce e rifiorisce in tante altre storie. L’auspicio era che chi leggesse restasse attaccato alle pagine, con il desiderio di scoprire come la trama evolvesse, e si fermasse sulla storia come sulle parole. Un auspicio che il romanzo non ha per nulla ha tradito.

Il dio dello Stretto

«Non so chi sia il Dio dello Stretto. Forse è una divinità o Dio stesso. Forse un leviatano della malavita della ‘ndrangheta. Potrebbe essere anche un pm che effettivamente vuole portare la giustizia, che vuole essere giusto come un Dio o forse crudele con un Dio. Forse un pm che vuole avere un ruolo per cui può decidere la vita della morte delle altre persone.

È un titolo che mi piace pensare possa richiamare “L’apparizione” di Rocco Carbone, grande scrittore reggino, morto prematuramente, e al quale mi sento vicino non solo per l’età che se fosse vissuto oggi avrebbe avuto. Scrittore di cui colpevolmente questa città non ha memoria», spiega Vins Gallico.  

Vins Gallico

Questo nuovo romanzo si innesta in una produzione che ha mosso i primi passi un decennio fa con Portami rispetto (Rizzoli) seguito da Final Cut (Fandango Libri), tra dodici libri selezionati per l‘edizione 2015 del Premio Strega, La barriera (Fandango Libri), A Marsiglia con Jean-Claude Izzo (Giulio Perrone Editore) e Storia delle librerie d’Italia (Newton Compton).

Ha lavorato come editor, traduttore, ufficio stampa, libraio e ha insegnato Lingua e letteratura italiana all’Università di Gottinga e di Brema. Fa parte del consiglio direttivo dei Piccoli Maestri ed è il coordinatore di Scena, ex Filmstudio, luogo storico del cinema italiano.

La storia e le storie

Il romanzo intreccia la grande storia della seconda guerra di ‘ndrangheta a Reggio Calabria con la Primavera che ne è seguita. «Il ritmo della narrazione è serrato e coinvolgente», sottolinea la presidente del circolo Guglielmo Calarco, Angela Curatola.

Gravida di sangue la prima e di promesse la seconda, la guerra di ‘ndrangheta e la rinascita di Reggio orientano la narrazione di Vins Gallico. Un ritorno alle tinte noir del libro d’esordio del 2010 Portami rispetto, con intensi richiami al frangente storico in cui Vincenzo Gallico, classe 1976, ha vissuto in riva allo Stretto.

Un nucleo narrativo complesso in cui la giustizia e i suoi formalismi si confrontano, forse anche scontrandosi, con la legittima aspettativa delle persone circa un suo ruolo anche etico, oltre che rigoroso e formale, della giustizia medesima.

La Giustizia

«Ci sono dei due fatti delittuosi. Sul secondo di essi, che si consuma dopo gli omicidi dei magistrati Scopelliti, Falcone e Borsellino, indaga a Reggio Calabria un giovane investigatore. Si chiama Mimmo Castelli, è della federazione Universitaria Cattolica Italiana. Don Farias, figura reale ma inserita nella finzione, è il suo assistente spirituale. Con il suo impegno, il giovane investigatore incarna il dilemma della giustizia divina e di quella terrena, degli ideali dai quali essa troppo spesso si discosta nella sua dimensione reale e concreta, del confine necessario ma a volte difficile da definire tra riparazione e vendetta.

In alcuni passaggi Mimmo Castelli ricalca il personaggio sciasciano del capitano dei carabinieri Bellodi de Il giorno della Civetta, romanzo che resta una pietra miliare nella mia formazione», spiega Vins Gallico.

La disperazione e la speranza

«La storia de Il Dio dello Stretto comincia nel periodo della seconda guerra di ndrangheta ma in realtà poi approda e si sviluppa nel contesto della grande primavera con il sindaco Italo Falcomatà. È un urlo di disperazione ma allo stesso tempo è uno sguardo di grande speranza per la città. Ci sono ottimismo e speranza.

Ho percepito un vuoto narrativo della storia di Reggio in quel periodo. Spero che nei lettori possa aver colmato un po’ quel vuoto, anche se il lavoro di scrittura, per quanto possa riempire, in realtà crea voragini e ferite in chi lo svolge. La soddisfazione che provi nel portare a compimento una storia corrisponde a nuove domande lasciate da quella stessa storia.

Sarà per questo che sto già lavorando alla seconda parte del Dio dello Stretto. Tra le domande che sono sorte da questa prima parte c’è: Quanto è davvero così puro il bene di cui ci fidiamo, il bene dello Stato?», spiega ancora Vins Gallico.

Un nucleo narrativo complesso

C’è il tema della Giustizia ma c’è anche il tema della malattia. L’amica e avvocata Natascia Sarra ha sottolineato «la genesi di questo romanzo legata al periodo di malattia del padre di Vins». Altro cuore pulsante è quello della condizione carceraria.

Rocco Carbone e le carceri

«Ho voluto che le prime copie di questo romanzo – racconta Vins Gallico – fossero lette da un gruppo di detenuti di alta sicurezza del carcera di Siano a Catanzaro con cui avevo condiviso l’esperienza di un laboratorio di scrittura. La scrittura e la lettura incidono moltissimo sulle statistiche dei suicidi nelle carceri. Questo è un dato di estrema rilevanza che dovrebbe essere molto attenzionato».

Il tema della condizione carceraria, per altro molto sentita anche da Rocco Carbone che molto si dedicava alle persone detenute, è stato proprio tra quelli di apertura dell’incontro. L’altro amico, il professore e scrittore Fabio Cuzzola, ha dedicato il suo intervento «ai due detenuti di Augusta morti a seguito di sciopero della fame. Storie che non hanno la risonanza che dovrebbero e che invece raccontano tanto della società in cui viviamo».

Un noir filosofico e di intrattenimento

Il tema della giustizia e della ricerca della verità diventano occasione di profonde riflessioni morali e religiose sul senso di responsabilità. «Questo è un noir molto filosofico che però vuole essere anche un noir di grande intrattenimento.

Volevo lavorare su una storia molto intensa che prendesse il lettore e che lo portasse anche a ragionare a riflettere su temi di estrema attualità. È un noir ambientato alla fine degli anni ’90 ma parla molto del mondo di oggi», spiega ancora Vins Gallico per il quale la cultura deve essere anche intrattenimento.

Proprio ne “Il Dio dello Stretto”, Vins gallico affida a Don Farias un brano che fotografa la condizione di Reggio e il riscatto che la cultura e la sana indignazione possono innescare. Nella sua piena intenzione di rendere Reggio Calabria riconoscibile nei luoghi come nelle persone, tra queste richiama appunto don Farias. «È stato incredibilmente importante per tutta una generazione che possiamo definire cattocomunista. Io posso dire di aver fatto parte di una generazione che ha condiviso molti di quegli ideali».

La cultura è ciò che resta

“La nostra Reggio – dice Don Farias nel romanzo di Vins Gallico – è devastata dalla violenza della stupidità, dalla mentalità della cretineria mafiosa. Come ci rapportiamo ai nostri fratelli meno fortunati
Quale ruolo può avere la cultura in questo contesto? Ricordiamoci che la cultura alla fine è ciò che rimane quando abbiamo dimenticato tutte le nozioni, quando abbiamo scordato i libri che abbiamo letto, i film che abbiamo visto, la musica che abbiamo ascoltato. Siamo come i cercatori d’oro che setacciano la melma: l’unica cosa che conta per un cercatore è il pulviscolo che rimane fra le maglie strette del colino. Con questa polvere d’oro dell’intelligenza noi dobbiamo andare incontro ai nostri fratelli che tendono a seppellire il loro unico talento”, scrive Vins Gallico.

RC: ritorno a casa

Un incontro che ha travalicato i confini di una presentazione letteraria. Reggio Calabria è, infatti, la città alla quale naturalmente Vins Gallico fa ritorno, nella scrittura come nella vita.

«Di certo vedere il mondo ti ricarica e ma il mondo può essere visto anche restando qui. in tanti modi differenti. Io ho compiuto la scelta di andare fuori, però ho fatto anche la scelta, molto importante per la mia vita e per la mia carriera di scrittore, di voler tornare a raccontare questa terra», spiega Vins Gallico.

Reggio Calabria resta anche la città in cui coltiva ancora legami forti e profondi con persone e luoghi. Lo dimostrano questo romanzo e anche la nutrita delegazione di compagni di scuola che ha voluto esserci con grande gioia e partecipazione. Insomma ogni ritorno è un autentico ritorno a casa. «È quello che ha detto mio figlio quando sul calendario tra le date del tour di presentazione di questo libro ha letto RC. Mi ha chiesto: “Quindi è un ritorno a casa?”. Io gli ho risposto: Sì, è un ritorno a casa», conclude Vins Gallico.

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