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STORIE DI ARTI E MESTIERI | Reggio quand’era bella e gentile: nelle opere di Ilario De Marco

L’artista-restauratore si occupa da molti anni della riproduzione di veri e propri capolavori in miniatura di antichi palazzi e monumenti per custodire la memoria della città

STORIE DI ARTI E MESTIERI | Reggio quand’era bella e gentile: nelle opere di Ilario De Marco

Reggio quand’era davvero bella e gentile. Per conservarne la memoria storica e non far cadere nel dimenticatoio monumenti, palazzi e chiese che oggi non ci sono più, perchè spazzati via dal terremoto, dall’incuria o sostituiti dal “nuovo”. È questo lo scopo delle opere di Ilario De Marco. Perché di vere e proprie opere d’arte si tratta. Definirle “plastici” sarebbe infatti poco generoso in quanto riproducono fedelmente, con tanto di particolari, oggetti conservati al loro interno, pavimentazioni, mosaici, decorazioni, e persino con illuminazione e acqua che scorre, i monumenti e gli edifici più importanti della città. IlReggino.it lo ha raggiunto presso la sua abitazione, il quartier generale dove conserva le opere realizzate nel tempo.

Artista e restauratore fin da ragazzino

Una passione che gli viene fin da ragazzino quando cominciò a realizzare i carri allegorici. «Inviai un mio bozzetto al comune, gli altri presentavano disegni, io realizzai proprio il carro in scala. Mi presentai davanti al comitato feste e il presidente quando seppe che avevo 16 anni, mi prese bonariamente in giro e mi disse di continuare con questa passione e di tornare quando diventavo più grande. L’anno dopo tornai di nuovo e la perseveranza fu premiata perché mi fecero fare il carro» racconta Ilario De Marco. Da allora non ha mai smesso con le sue creazioni, unitamente all’attività di restauratore che svolge da tantissimi anni, occupandosi della conservazione di importanti oggetti, come il recupero della cornice e della corona lignea dell’Altare della Madonna della Consolazione, della campana che un tempo suonava fuori dall’antica basilica e oggi conservata al suo interno, ma anche del basamento della statua di Atena sul Lungomare e di tanto altro ancora.

Plastici come scrigni di tesori

«Io ho avuto sempre per Reggio un amore viscerale» confessa De Marco e da questo amore viene la realizzazione degli “scrigni” che custodiscono come un tesoro la memoria storica della città. Plastici che rappresentano dei veri e propri gioielli artigianali frutto di anni di lavoro, preceduti da lunghe indagini, studi tecnici e storici dei documenti dell’epoca, delle immagini, dei progetti, delle carte topografiche. Il tutto per realizzare fedelmente i modelli in scala. Come “Il Castello di Reggio”, oggi ospitato all’interno della stessa fortezza, basato sulla pianta del periodo aragonese, «i cui materiali recuperati con l’opera di demolizione degli anni ’20 del ‘900 servirono successivamente per costruire gran parte del centro storico di Reggio Calabria, tra cui le mura di via Possidonea» spiega il restauratore.

Ancora: il plastico di “Palazzo San Giorgio”, esposto nello stesso, la riproduzione dell’antico “Duomo di Reggio”, riedificato nel 1790 in seguito al devastante terremoto del 1783. Nel gioiellino di De Marco, del 2014, l’edificio in stile tardo barocco, riporta anche l’antica iscrizione in latino «Costeggiando giungemmo a Reggio». Sempre del 2014, il plastico del “Real teatro Borbonio”, inaugurato nel 1818 e un paio di anni dopo, il liceo con accanto la chiesa di S. Gregorio Magno, antichissima di epoca normanna che fu adibita a biblioteca, come si vede rappresentato nel plastico il cui tetto si apre svelando l’interno della chiesetta, che fu demolita per «scelta scellerata subito dopo il terremoto cancellando per sempre parte della storia millenaria della città».

Quello che si può definire senza dubbio il maggior capolavoro è la “Fontana della Pescheria“. Il posto «più bello di Reggio – dice De Marco – che aveva un ruolo importantissimo non solo per l’approvvigionamento dell’acqua ma anche come meta di serate estive delle famiglie reggine, come luogo dove i ragazzi corteggiavano le fanciulle in età da marito, dove si facevano delle feste grandiose». Anticamente nota come “Plebiscito” si trovava all’altezza dell’attuale Circolo Velico e grazie ad un’epigrafe marmorea che si trova al museo lo stesso De Marco ha provato essere del 1575 e non del 1571. L’opera è un trionfo di legno, cartapesta e pietre, con un’anima di ferro, per la recinzione e i binari dove passava la ferrovia, all’interno anche i famosi “delfini”, le luci e un motorino che fa scorrere l’acqua.

Infine, la statua di Giuseppe De Nava, situata nell’attuale piazza oggetto di lavori in corso, ancora oggi in fase di ultimazione.

Le opere all’Eremo

Ma tante delle opere di De Marco sono concentrate proprio all’Eremo, sia per la grande devozione per la Madonna della Consolazione, sia perché nato e cresciuto proprio in zona, nel cosiddetto “rione minimo”. Questo lo ha portato al restauro della corona di legno con foglia d’argento, della fine del ‘600, riportato a nuova vita, ma anche alla realizzazione di un plastico dell’antica “Vara” della Madonna. Un’opera artistica che aveva una cupola con padiglione argenteo, una sorta di “tempietto”, che per motivi ancora oggi inspiegabili fu demolita preservando soltanto la “base” odierna. Le sue indagini e i suoi studi lo hanno portato a capire che il quadro veniva condotto in processione con un velo. «Mi accorsi infatti dell’esistenza di una carrucola e domandandomi che funzione avesse iniziai ad indagare. Scoprii che la Madonna veniva portata in processione con un velo e la carrucola aveva proprio la funzione di alzare ed abbassare questo velo. Questo fino ai primi del ‘900» illustra De Marco. Sempre dedicato all’Eremo, il plastico della “Cresiola”, edificio della metà del 1500 costruito nel boschetto della collina alle spalle dell’attuale basilica, di cui si ha memoria fino agli anni Ottanta, quando crollò in seguito ad uno sbancamento, rimanendo seppellito. «Si racconta che qui i frati vi nascondessero il quadro della Madonna durante le incursioni dei pirati musulmani e che fosse anche un luogo di preghiera e penitenza» dichiara De Marco che, ovviamente, ha realizzato il plastico fedelmente con tanto di quadro nascosto agli occhi dei saraceni.

Da ultimo, un fedelissimo plastico della Basilica dell’Eremo prima del terremoto, comprensivo di ricostruzione dell’antica scalinata del santuario, del convento e degli interni, curati in maniera certosina, tanto da inserirvi persino il Quadro della Madonna e il sarcofago del Monsolino, l’opera seicentesca “Il cavaliere dormiente” (peraltro restaurata dallo stesso De Marco) che oggi non c’è più in quanto improvvisamente scomparsa e probabilmente trafugata … ma questa è un’altra storia (ndr. che ci impegniamo a raccontare).

Un riconoscimento dovuto

I lavori di Ilario De Marco sono stati oggetto di importanti mostre, tra cui “Com’era bella Reggio poco prima dell’alba” e continuano ad essere esposti nei palazzi istituzionali o richiesti per varie iniziative, come la passeggiata Liberty del 7 luglio, dove il plastico della Fontana Pescheria è stato esposto alla Pinacoteca civica insieme ai famosi Tritoni. L’anno scorso il comitato San Giovannello-Eremo ha consegnato una targa al restauratore quale «illustre abitante del “rione minimo” – per aver – dato lustro a un’intera città». Sempre dello scorso anno il premio del San Giorgio d’Oro dell’Anassilaos.

Le sue opere tuttavia non risulta siano mai state finanziate. L’artista ha realizzato sempre tutto a sue spese. Eppure si tratta di capolavori artigianali che ridanno vita ad opere che, altrimenti, sopravvivrebbero soltanto in qualche foto sbiadita. A Ilario De Marco basta la soddisfazione di poter trasmettere ai reggini, soprattutto ai giovani, l’amore per la città, per non dimenticare, appunto, com’era Reggio, quand’era bella e gentile.

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