Guerra Ucraina, Putin apre a un incontro con Biden, ma il presidente Usa frena

Joe Biden «non intende» parlare con Vladimir Putin al G20, ma prenderebbe in considerazione un incontro qualora il presidente russo volesse parlare ad esempio del rilascio di Brittney Griner, l’americana in carcere in Russia. «Dipende da cosa vuole discutere», ha detto Biden in merito a un possibile faccia a faccia con Putin il prossimo mese in Indonesia.

«Se venisse da me al G20 e mi dicesse di voler parlare di Griner lo incontrerei. Dipende. Non ho intenzione di negoziare, e nessuno è pronto a farlo, con la Russia sull’Ucraina, sul mantenimento di parte dell’Ucraina. Quindi dipenderebbe in modo specifico da cosa vuole discutere», ha spiegato Biden in un’intervista a Cnn mettendo in evidenza che le trattative per una soluzione della guerra devono coinvolgere Kiev. «Nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina», ha messo quindi in evidenza il presidente Usa criticando Putin per aver commesso atti brutali e crimini di guerra. «Ha sbagliato i calcoli» con l’invasione: «pensava che sarebbe stato accolto a braccia aperte, che sarebbe stato il benvenuto», ha aggiunto Biden.

Dopo aver lanciato l’allarme per un Armageddon, il presidente americano ha precisato di non credere che Putin userà le armi nucleari. «Non penso che lo farà. Penso però che è irresponsabile per lui parlarne. Quello che volevo dire è che il risultato sarebbe orribile. Non può continuare a parlare con impunità dell’uso di armi nucleari tattiche come se fosse una cosa razionale da fare – ha spiegato Biden, senza entrare nel dettaglio di quale potrebbe essere la risposta americana -. Il Dipartimento della Difesa ha proattivamente sviluppato piani di emergenza al riguardo». Anche su una possibile linea rossa degli Stati Uniti e della Nato, il presidente è stato evasivo. «Sarebbe irresponsabile per me parlarne», ha detto precisando che al Pentagono non deve neanche essere chiesto di definire piani di emergenza.

Zelensky: «L’Ucraina non è intimidita, la battaglia sarà più dura»

Escalation militare dagli esiti imprevedibili o ipotesi di negoziato: mai come in queste ultime ore la guerra in Ucraina sta oscillando tra queste due prospettive opposte. La pioggia di fuoco russa che si è abbattuta su Kiev e sul resto del Paese ha portato alla convocazione d’urgenza del G7, che ha condannato Mosca. E Volodymyr Zelensky ha avvertito che un dialogo sarebbe possibile solo con un altro leader al posto di Vladimir Putin. Allo stesso tempo il Cremlino ha inviato segnali agli Usa, aprendo ad un faccia a faccia Putin-Biden al G20 di novembre a Bali: forse la spia che i continui passi falsi dell’Armata sul terreno abbiano finalmente convinto lo zar a tentare una soluzione diplomatica. 

La nota finale del G7, riunito dalla presidenza tedesca in videoconferenza, ha confermato la compattezza del fronte occidentale al fianco del Paese invaso, «finché sarà necessario». Perché Putin è il “responsabile” degli «attacchi indiscriminati contro civili innocenti». Condanna a cui si è aggiunta la promessa degli Usa di nuove armi a Kiev, mentre la Germania ha consegnato il primo dei quattro sistemi di difesa aerea promessi. «Il nostro obiettivo deve essere la pace, ma una pace che sia giusta e voluta dall’Ucraina», è stata la sintesi di Mario Draghi, che ieri mattina ha avuto anche un colloquio telefonico con Zelensky. Il presidente ucraino, rivolgendosi ai partner, ha avvertito che Putin «ha ancora i mezzi per un’ulteriore escalation». Ed ha chiesto sanzioni più severe e nuovi aiuti militari per «contribuire a creare uno scudo aereo» a protezione del suo Paese. Il mantra di Zelensky, anche in questa fase, resta lo stesso: finché Putin resterà al potere, si continuerà a combattere. Ed eventuali colloqui di pace potranno tenersi «o con un altro capo della Russia, che rispetti la Carta delle Nazioni Unite, i principi fondamentali dell’umanità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, o in una configurazione diversa». 

Ovvero con lo zar fuori dal negoziato. L’ennesima chiusura del leader di Kiev però non dovrebbe aver suscitato grossa sorpresa al Cremlino, che appare piuttosto orientato a dialogare con il principale sponsor dell’Ucraina, Joe Biden. Tanto che a Mosca sono pronti a considerare la proposta di un incontro tra i presidenti russo e americano al G20 di Bali, «qualora venisse inoltrata», ha fatto sapere il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov. Nei giorni scorsi questa possibilità non era stata esclusa neanche dallo stesso Biden, e un’apertura al dialogo era stata lanciata anche dal segretario di Stato Antony Blinken. Almeno una tregua, in effetti, appare di interesse comune: per Biden, perché teme che Zelensky si spinga troppo in là negli attacchi oltre confine. E per Putin, perché la controffensiva ucraina è sempre più efficace, come dimostra anche l’attacco al ponte in Crimea. E’ anche possibile che il lato conciliante di Putin sia solo l’ennesimo trucco per guadagnare tempo e consentire al suo esercito di riorganizzarsi, ma di certo il presidente russo è molto attivo sul fronte diplomatico.

A San Pietroburgo ha ricevuto il capo dell’Aiea Rafael Grossi, alla luce della cronica situazione d’emergenza intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, continuamente sfiorata dai raid. Di questo tema, ha assicurato Putin, è disposto a discutere. Ancora più atteso è il faccia a faccia tra lo zar e il turco Erdogan giovedì ad Astana, a margine di un vertice regionale. Ankara ha rinnovato l’appello ad un cessate il fuoco «il più presto possibile», ed è un fatto che il Sultano sia l’interlocutore della Nato più rispettato da Putin. C’è anche un altro indizio che lo zar sarebbe pronto a negoziare con il nemico. Elon Musk – secondo quanto rivelato dal politologo americano Ian Bremmer – avrebbe parlato direttamente con il presidente russo prima di twittare, la settimana scorsa, la sua proposta di pace per l’Ucraina, ricevendo una mezza apertura. Con le linee rosse di una Crimea russa, il riconoscimento delle annessioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia e la neutralità dell’Ucraina. Il patron di Tesla ha però smentito, affermando di aver parlato con Putin «una sola volta, 18 mesi fa». Giallo di Musk a parte, a Mosca c’è anche il problema che i falchi continuano a volare alto. Come dimostra l’ennesima minaccia di Dmitry Medvedev: fornire a Kiev missili a lungo raggio sarebbe «il modo più veloce per intensificare il conflitto fino alle conseguenze irreversibili di una guerra mondiale», ha avvertito l’ex presidente russo.

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