Ponte sullo Stretto, mercoledì prima assemblea per dire no alla mega opera: «Riaperti rubinetti dello spreco»

Il Decreto sul ponte sullo Stretto è stato firmato dal Presidente della Repubblica, confermando il testo approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 16 marzo.

Per il movimento no Ponte calabrese «È il segnale che, nonostante l’illusorietà finanziaria e l’inconsistenza progettuale dell’opera, non può essere rinviata l’azione di contrasto a un disegno politico che considera ancora una volta il Sud come terreno di scambio elettorale e di spregiudicate manovre lobbistiche. Non è un caso se l’accelerazione sul Ponte arriva in un momento cruciale nella storia del Mezzogiorno d’Italia: la sciagurata realizzazione dell’autonomia differenziata, la “secessione dei ricchi” come giustamente è stata ribattezzata, che sancirebbe definitivamente la morte del meridione e che il governo sta provando a insabbiare con la consueta favola del Ponte.

Mentre le società incaricate di nuovi studi di progettazione e fattibilità possono sperare in una nuova stagione di spreco di denaro pubblico (come i dieci miliardi spesi sinora per studi, consulenze e stipendi da favola per i manager delle società coinvolte) la verità è che non è dato sapere come quest’opera verrà finanziata e, soprattutto, quale sarà il progetto che dovrebbe portare all’avvio dei lavori entro il 2024, dato che quello a campata unica è stato bocciato più volte dallo stesso Ministero delle Infrastrutture per le tante criticità ingegneristiche che rendono illusorio pensare a una concretizzazione dell’opera nei tempi indicati dalle comparsate televisive di Salvini.

Eppure queste perplessità e la diffidenza che la maggior parte degli abitanti di Calabria e Sicilia oggi nutre di fronte agli annunci del “ministro con il casco” non devono indurci a un atteggiamento attendista. L’attacco al Sud e allo Stretto – alla sua straordinaria ricchezza in termini paesaggistici, di biodiversità e di ecosistema – è stato sferrato, e la variante di Cannitello – la deformazione del tratto di ferrovia calabrese attuata oltre dieci anni fa per lasciar spazio a un fantomatico pilone mai costruito – ci ricorda che indipendentemente dal fatto che il Ponte non verrà mai realizzato, come tanti tecnici continuano a ribadire, il nostro territorio rischia concretamente di venire stravolto per onorare cambiali e promesse elettorali.

L’altissima improbabilità dell’operazione Ponte, nonostante le rassicurazioni di parte, produrrà solo la riapertura dei rubinetti dello Stato e spreco di risorse pubbliche che saremo noi a pagare. È urgente perciò avviare una mobilitazione larga, plurale e capillare che metta al centro le reali priorità dei nostri territori e degli abitanti che ci vivono e ragionare insieme su come batterci contro un’opera che altro non è che la metafora di un modello di sviluppo insano e insostenibile, calato dall’alto, pensato contro la popolazione e un ecosistema che va tutelato e salvaguardato, tanto più di fronte agli aspetti drammatici del mutamento climatico. 

Dopo l’incontro di domenica 26 marzo a Torre Faro, il movimento calabrese di contrasto alla “grande” opera si riunirà mercoledì 5 aprile alle 17,30 presso il CSC Nuvola Rossa di Villa San Giovanni (Via II novembre) per una prima riflessione collettiva che lanci una mobilitazione permanente e strutturata».

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